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Trattativa sindacale

Guardo con apprensione la folla dei pensieri affastellati all’ingresso dell’anima. La porta chiusa nega l’ingresso a qualsivoglia disturbatore. Adesso sono lì, che premono sulle dita cercando di scoprire quale meccanismo recondito attivare per forzarne l’inezia. Eppure il cuore vorrebbe, sorretto da un amore indicibile. Da lassù, dal mio rifugio, osservo con disincanto l’agitarsi scomposto dei manifestanti e disapprovo questo sciopero non autorizzato. Mi angustia il senso di abbandono e di solitudine interiore che da un po’ di tempo mi pervade,anche se cerco con distacco di porvi rimedio. Forse dovrei scendere dalla nuvola ed affrontarmi. Lo farò, mi siederò al tavolo delle trattative e firmerò l’accordo. Finalmente.

primavera in quest'autunno che piove

primavera  in quest'autunno che piove

tasche di paglia e grilli nelle scarpe
canzoni in testa, forse l'estate in viso
rose mercurio, spade e braccia di salice
disteso il mio odore sulla schiena
allarga le gambe, t'abbraccia da dietro

 

Sundawn line

gli orizzonti
sono punti di vista mutevoli
intrecciano contatti con le porte dei venti
ma non posseggono chiavi o legacci
cui appendere vuoti canestri
di malinconia
 
Il sole è nero
sa di catrame e martirio sguaiato
non concepisce opinioni o rifiuto
è un treno scaraventato
su parallele divergenti
 
non raccontate alla luna che è tardi
che conta il tempo da quando tempo non c'era
sa calibrare il vissuto orologio
in armonia con le trapunte stelle
 
Non sei salita perchè eri già stanca
i viaggi più lunghi sono dentro di noi
perchè la meta è guizzo scaltro e ruggente
 
un'ape incontro al sole
rugiada di baci rubati a un fiore
 
linea lontana, confine d'amore.

L'odore dell'amore

 

C’è ancora il suo odore
sui cuscini di velluto
per terra
sul tappeto persiano.

Luce soffusa
e tende rosse lunghe
con quei pennacchi sfilettati.

Sulla parete l’arazzo di stoffa
gli ussari e le loro donne
nel laghetto con i cigni
con gli spadoni lucenti.

Guardo la porta intarsiata
i miei stivali adagiati
mentre il mio sigaro veleggia
su, verso il soffitto dalle travi di legno.

Lei è snella, flessuosa
come un giunco di palude
e si muove nelle mie mani
come modella di creta
e il suo odore m’invade
mi prende sul collo
come vampiro con la voglia di sangue.

Un disco per terra
accanto ad un fazzoletto da donna
lì dove il tappeto è piegato
dove rivedo i suoi piedi nudi
piccoli come quelli di una ballerina.

Il mio bicchiere trabocca
il ghiaccio si è sciolto
l’odore di lei è solo un ricordo
gli amori finiscono sempre
di notte.

 

Trasgressione

Mente offuscata dall’alcol
occhi persi nel vuoto sgranati
verso un mondo bugiardo
reale solo nel mio sogno
nel mio incubo
nel mio niente.
Ossessione delirio desiderio di te
sempre più aggressivo
travolgente un tormento.
Prendimi così come sono
ancora penso a te
assurda la frenesia che mi assale
se ti sfioro soltanto
con la mia follia.

Bruciar le pagine

Brucerò tutte le pagine

scritte in nero su bianco
righe qua e là dilevate
per averle sudate.
Terrò quelle vergate di colori
a fissare fiori farfalle
cieli e cumuli candidi
in forme gentili
quasi finestre su un mondo
paradisiaco.
Seppur alcun personaggio
mi somiglia un tanto
curerò immaginare d’essere
quel piccolo segno a mo’ d’uccello
uscito da uno scatto di penna
che solitario unico segna l’azzurro.

Alla Fine S'Impone Un Silenzio

Alla fine s'impone un silenzio
  ... che troppo dolore contiene.

Ed allora m'allago nel nulla.

 

      loripanni

non mi convince sto scritto

agli asini come noi
non è concesso sostare
nel paese dei balocchi
che abbiamo nasi di legno
ma ginocchielli di carne
e va a finire
che uno zoccolo calpesta un bacio
e davvero ne nasce un albero

 

 

Ortigia

Ortigia
respiri millenni di storia
arieggi le ampie piazze
tra sorrisi
di maschere greche
appese ai muri

nei vicoli
ringhiere fiorite
sovrastano
corinzie foglie d'acanto
a fregio di antichi palazzi
in strati di stili
sovrapposti
sfoggiando ultimo
il barocco delle chiese

e l'onda lambisce
tenera e dolce
le imponenti mura
che di difesa sicura
protessero
la tua bellezza

Cammino
e di meraviglia
inghiotto cultura
e mi espando al ricordo
che imprimo nella mente
per sempre duraturo
e di nuova goccia
riempio la coppa
a completar conoscenza
di questa mia terra
a cui tu
tassello a lungo atteso
mancavi.

La donna che non sapeva amare

Il bar del centro
era da sempre il luogo delle promesse
con la buona classe dirigente
riunita prima della messa.

Lei,
bella come sempre,
con il suo fard quasi trasparente
sorseggiava gli occhi della gente
con quella scollatura
che ricordava una madonna del seicento.

E la gente
che la omaggiava, degli sputi della borghesia
tragici lutti di una città del nord
che ha nebbia tra piazza della Loggia e la via per il cimitero.

Al centro
i soliti barboni
a litigare con la lega
a discutere della tratta degli sfollati
ed io
conducente di un calesse mezzo storto
a cercare di trovare
una ragione per un torto.

E quella rosa gialla
sul tavolo di quel bar
mentre la donna che non sapeva amare
sorrideva
per non piangere ancora.

E la gente, la gente
accalcata
dietro le vetrine
sporche di mosche e di residui di latrine.

E lei
che non aveva nemmeno il coraggio
di sentire il profumo
della rosa
che gli avevo regalato
nei giorni
della presa delle chiese al primo maggio.

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