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blog di Ezio Falcomer

Tenerezza selvaggia

 

Tenerezza selvaggia
sconfina in radure d’oblio
a devoto abbandono
a riempirti di me
con lampo d’ebbrezza
ferite leccate d’ascolto
assalto al vuoto tormento
ti spacco e discerpo
a tua gaiezza votato
di estasi e magma pagano
e aumento…
di studi d’amore annusarti
intime cure tradotte
in lingua d’angeli
con diavolo in corpo
gialla furia di spighe
a distesa, tremanti
invasate da un vento.

 

 

Adorare tua pelle

 

Guadarti
di morsi di saliva di baci
straziarti per gioco
cullarti
e petali sgualcire
adorare tua pelle di scherzi
di vento e di furia
riempirti di attimo folle
stupore che grida
di oro di verdi ululati
andare a calura di spasimo
di ventre
in suo contrarsi entusiasta
e "basta"
dirci
per finta.

 

(dalla raccolta in  "Rive di esistere"
scaricabile qui)

 

 

Stille di luce

 

Stille di luce in mia radura
solco forme forti o evanescenti
occhi che amano bramano attraversano
misteri glauchi e notti indecifrabili
dipingo e significo con tocchi
acuti e tiepidi
clorofille di lacrime ridenti
tattili idee
spatole a succhi di miracoli
mangio l’istante
che vuole sparire e mutarsi
sottrarsi a scena e a crocchi curiosi.

 

 

Premure

.
.
.
Screzi allegri come spaghi
ci hanno
diafani e fangosi
di una gnosi africana
assenti fragranze
(sì troppe...)
madide spezie e rare.

Spazi
di cura d'amore (lojura...)
in notte ingorda
di perorazioni invocanti
il vento agisce
la lingua è muta
implora premura
o brucia.

Spari
friniti di unghie
è la vita risoluta
a giardini violati vagabonda
di gocce bollenti
a profani rosari di umore
orazioni di pelle
guaiti d'arcane salmodie.

Tenaglie di dita
a domare tuo vandalo cuore
mia vita.

 

Possesso

Voglio prendere ti te possesso
come il sole d'estate la zolla
scorpione ipnotico nero
su selce di tempio abbandonato dagli dei
con la forza dell'animale ferito
dei miei colpi inondarti
del caldo di follia delle rocce di deserto
ai sogni delle piste carovaniere
ai profumi dell'erba bagnata
agli ululati del vento della steppa condurti
artigiano d’argilla
sudore di fabbro
impregnarmi
dell'odore arcano dei petali della rosa
che muore in grembo
a un'estasi di terra di tiepido autunno
a voli di rondini in caccia di preda
di arbusti e bacche di nido
di acri succhi e amari.

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