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blog di Franca Figliolini

Arcobaleni

Dimmi allora - chiede lui
dove si trova la pentola d'oro,
sotto quale di questi mille

  a
      r
         c
           o
            b
            a
           l
        e
     n
  i

che si riflettono
negli specchi argentati,
politi
dagli sguardi?
 
E non sarà forse - risponde lei
che cercando quella
abbiamo
perso di vista questi,
lo spettacolo meraviglioso
dei sentieri
su cui Iride porta
i messaggi degli dei?
 

New York, New York

                                       A mia madre
 
Com'era bella la skyline
da Staten Island
e dalle colline del grande Gatsby
al di la' della baia
 
si passava vicini ad Ellis Island
ed alla Statua della Liberta'
ma erano i riflessi di viola e d'oro sui grattacieli
che rapivano lo sguardo
come calamite liriche su
fino in cima al tetto del mondo
 
le torri gemelle:
vi salimmo, ricordi?
ed io sentivo l'orgoglio
d'averti portato sin la'
a te, cresciuta nel mito della grande mela
dell'america di liberatori e
ballerini di rock&roll
 
tu ti sporgevi
dalle terrazze vertiginose
ed io immaginavo di vederti volare
planare
           ad ali spiegate finalmente
su quel panorama infinito
 
sorridevi del mio stesso sorriso
mamma,
mentre facevamo colazione da Tiffany
ridendo delle donne imbellettate
che nulla sapevano dell'eleganza di Audrey Hepburn
 
e l'orologio comprato
a Chinatown per due dollari
che ostentavi con tanto orgoglio
 
Una volta camminammo
per le strade del Village
mano nella mano come due ragazzine
 
era il tramonto
e nei tuoi occhi splendevano pagliuzze d'oro.
 

La fuga della luce

così succede a volte
che la luce fugga
e si rifugi in carsici pertugi
al di sotto delle ciglia
 
e lì scavi
cercando vie d'uscita
e faccia sfuggire lampi
in memoria di se stessa
 

Roma

Non c'è più plebe qui,
Pier Paolo,
non plebe
: s'è consumato il cupio dissolvi del proletariato
e sulle baracche campeggiano parabole
come monete svalutate.
 
E ci sono ancora borgate
in cui affogare nel fango
e famiglie che vivono in grotte,
antri tufacei
nel ventre molle dell'Urbe
che risuonano come un tempo
della babele di voci degli schiavi.
 
Cives romanus sum,
davvero,
ma stanca
di vedere questa città che irride alla sua grandezza,
la lastrica di macchine e immondizia,
la circonda di iper e super nulla,
cinicamente abbarbicata alle sue rovine
macchine da soldi e non più memoria.
 
Eppure guardo
i nudi platani invernali nei viali di periferia,
gli anonimi palazzoni del sacco di Roma,
le strade antiche e i monumenti
e vorrei dire che c'è un'anima qui
e che io la sento,
che risuona in me lungo le linee delle generazioni.
 
Ma sono stanca, ho detto,
e chino il capo e affretto il passo.
 
 

Il gatto di Schroedinger

Il gatto
è vivo e morto insieme
nella sua macchina infernale
chi lo osserva lo espone
a dover decidere da che parte stare
 
Finché non chiedi
non saprai
non c'è niente di paradossale
nel sapere di non sapere
se la realtà esiste
e al cinquanta per cento
fa male.
 
 

αι, povero Apollo!

Neanche l'essere un dio
mette al riparo dal dolore
:
considerate la sorte di Apollo,
dio delle arti, della musica, della medicina,
auriga del cocchio solare,
il potente e bellissimo Febo,
dio oracolare
che ci parla attraverso la Pitia.
 
Voi che v'inchinate alla sua potenza
voi che ad ogni alba ne seguite l'arco in cielo,
voi che ne invidiate lo splendore,
voi no, voi non sapete
quanto soffrì per amore
l'Apollo divino.
 
Ci fu Dafne, che amò non riamato
per il capriccio e l'invidia di Cupido;
poi Cassandra, che si rimangiò
- oh, a che terribile prezzo! -
la sua promessa d'amore.
E persino gli fu preferito un umano:
Marpessa scelse Ida,
perché l'uomo e non il dio
sarebbe invecchiato con lei.
 
E poi ci fui io, io, Giacinto.
Oh, come teneramente ci amavamo
e giocavamo e discorrevamo insieme!
Ma un giorno caddi, colpito a morte
dal disco da lui lanciato.
C'è chi dice sia stato un errore del dio
e chi pensa fu l'invidia di Zefiro,
ma insomma morii, tra le braccia sue forti.
 
ai, povero Apollo, come pianse e gridò!
Non volle fossi trascinato nell'Ade
e trasformò il mio sangue in un fiore.
Con le sue lacrime sui miei petali
incise le sillabe del dolore.
 
Mi chiedete perché io compianga
la sorte del dio e non la mia?
Ad ogni primavera io torno a fiorire
e il mio nome risuona nel mondo.
E invece chi più si ricorda di Apollo?

Periclitare

 
 
Periclitare
di notte lungo pensieri
senza parole
 
ferite slabbrate
                     come fiori di carne
              coltivo

Fai quello che vuoi

 
perdimi trovami
fai quello che vuoi
io non sono
e se sono sono un errore
 
avvoltolata su me stessa
annidata
mi apro solo -a volte-
                        per un sorriso del corpo
non c'è altro che rida in me
ed è l'unica cosa che conti
 
l'anima immortale non esiste
e così non io
io no
 
fai quello che vuoi
dirmi non dirmi per me
non me è lo stesso
 
se sapessimo almeno precipitare
precipiteremmo
                         - insieme
  

Hampton Court

 
 
come quando
arriva l'onda lunga del sogno
e ci trasporta
nell'incerto labirinto della notte
da un giorno all'altro
sempre
 
così io vivo

Scirocco

Ha soffiato di scirocco
questo Natale
 
Per il resto
: i gesti ripetuti
nel consueto ritrovare volti
 
Come un precipitare del tempo
a contare le assenze
e scoprire i nuovi
 
Ogni tanto
il cuore che si distrae
e cerca il suo altrove

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