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blog di taglioavvenuto

"Scherzo" di benvenuto

“Scherzo n.1”.
(Primo foglio del taccuino)
 
Per dirla in breve, cosa possa avere a che fare un moleskine con i Miti. E, solo per sparigliare il discorso, mi piacque aggiungere qua la maschera Pappagone, il "siamo vincoli o sparpagliati?” di sbellicante memoria.
 
Così, “Ecque qua” la nascita dello Scherzo, a mò di insensate note.
 
Si partirà da sofocle, per poi lasciarlo e riprenderlo alla fine, magari: il nostro Sofocle.
Non dovremmo qui dire che Sofocle ci ricorda la Tragedia, e con essa la sua più famosa: quell’Edipo che rappresenta e continua a rappresentare, in tutte le accezioni prese, uno dei più importanti drammi dell’uomo?
Ebbene, ciò lo soffocheremo, per non cadere in facili equivoci psicanalitici,e diremo invece cos’è la tragedia: l’uomo che si rivolge all’uomo attraverso la storia. In un rapporto vis a vis, senza la mediazione di filosofia che, dopo i Sofisti e Socrate, con Platone si indirizza a vedere lo stesso uomo nell’astrattezza delle Idee, nel primo insieme (non matematico) della collettività: la polis.
Senza la mediazione della politica, e del diritto che, con Macchiavelli ed Hobbes, seguiranno tempo dopo, sempre con visioni storicistiche ed esiziali a parer mio, senza più considerare, fino ai tempi d’oggi, l’uomo in sé, individualmente preso quale fonte cui rivolgere una vera attenzione, la prima.
Un bagliore nel recente passato: Nietzsche e la sua apparente ed indiscussa follia-discrasia.*
*(intesa come stato di caos-squilibrio)?
 
 
 

La sera

Rotondo
polposo di mille rossi messi insieme
sei sceso
rapido
scoperto già tra gli alberi
di là del pontile
sulla pala bianca di un radar
 
in una frazione sola
sprofondando
lanciavi
un fascio rosasera

Fronte sepolto di Damasco

Bastava
covato dalla sabbia
uno scaffale sul retro?
 
Spigolando arabeschi
velandomi dell’altra parte del mondo
me stesso al vento cieco forzando
 
suonai, suonai
sul fronte sepolto di Damasco
 

Il nostro patto

Sono stese le anime, in pace.
Irradiano luce
comprendo;
l’una al di qua della siepe dell’altra
Nel crepuscolo che
disfa labbra feroci
i carri, le maschere
Si riempie
la bocca dei monti, instabilmente
veloci ti vengono incontro. Del sapore di fragole
mature. Tu non sai
dove, nemmeno da quando. Presagi, promesse
futuri tracciati
ad ovest
dell’assenza, molteplicità
che già t’uccide
Non resta
che divertirmi
Una ritrosa formica
l’amica di questa sera
Rotolarmi con lei nella polvere
tu sai vero
dell’acido formico
Sia questo il nostro patto

La tua bocca

Ti guardo, ti sto vedendo, vorrei, pur così al di là, i tuoi occhi sorridermi. La tua bocca aprirsi, arricciarsi il labbro superiore e gonfiarsi. Vene. E’ incontenibile questa voglia di sfiorarlo, di sentirne il fremito, d’appallottolarlo in bocca, di passarci sotto, tremenda.
La voglia.
D’appoggiarti le dita sulle spalle, succhiarti le narici che respirano. Seguire, l’arco perfetto delle sopracciglia, le palpebre, che cedono.
Quel giorno, che tornerò, ti bacerò quanto mi piace la tua bocca.

Od,

E trapani e trapani in tv
dove
non ci sono gemiti
 
un posto, un qualsivoglia
dove ci stia quiete
 
che inerpichi o rotoli
uno specchio spicchio
od, uno spicchio specchio
 

Come saremo

Noi che non siamo
nelle sere
noi
che abitiamo fossili, sponde
amanti di ingenui settembre
albe
gialli

Perché

Perché mentirsi? Non vale la pena

Oggi

Oggi
mi sento sciocco come il pane toscano
penso a fiori
rose carnicine
vigilie brumaie
 

Alla festa del mare

I muri, le gru di fianco
 
sembrano sposi
alla festa del mare
 
nella sera di vele, su alberi loro
a librarsi i gabbiani
 
la schiuma, sulla rena
di chi è già passato
 
I capelli
 
scompigliati dall'Ostro
a darsi ad un raggio

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