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Eravamo

 

Eravamo

liberamente tratto da:
Eravamo nell’età
illusa
di Eugenio Montale
 
tenera rimane
la carne di calze, il fuoco
di sete
sboccate
 
libera_mente pensiero
le chiome
 
l'essere il noi_quasi
ed il sole_profondi
nel mare dei cicli equilibrio
 
non puoi non puoi fermarle
né devi, labbra, le
schiuse
 
 
Eravamo nell’età illusa
Eugenio Montale
 
la tenerezza dei giorni verdi
sparpagliati
nell’oro del sole appesi
alla luna
 
il papà dalle spalle
larghe come la volta
del cielo
 
quel sentirsi dèi – quasi
alati senza peso – e
non sapere la vita

 

Io e te all'inferno?

Io e te all’inferno, ci pensi?
 
Un po’ di temperatura mite
ci vorrebbe proprio per il nostro amore.
Talmente incendiaria è stata la nostra passione
che abbiamo ridotto in cenere anche i ricordi più belli.
Da quanto attendevamo una vacanza…
Come dici? Preferisci il paradiso?
 
Ma va all’inferno!
 

Più volte all'inferno

Più volte all'inferno
contro rossori di fiamme
golose,
io e te abbiamo gridato amore,
odio, morte spettinata, felicità.
A pronunciare maledizioni
dita e pupille tiepide,
armate di vecchie ossessioni,
come figlie diseredate dal bene.
E urlando e ridendo
come sposi affamati di tenebra,
ormai padroni di stagioni impure,
vaghiamo con la follia di chi sa
misurare croci assordanti.
Viene un buio astratto
a farci affondare nella sporcizia di brividi e secoli,
viene la notte ad inaridire le menti,
viene un lampo di illusione
a bruciare un destino
di destino stupendamente
sconvolto.

Andare cercare tornare

 
no, non ci vengo, con Te
Ci siamo già stati...ricordi?
si, lo dicevi ero Io
l'anello debole della catena
che Ci teneva insieme
Non ero stato, Non ero, Né sarei stato mai
così Ci siamo andati
a Veder se facendoci davvero Male
saremmo riusciti a trovare dei Due
chi annichiliva l'Altro
Quella fessura d'Oro dell'uscio
che lasciava passare il Fuori
venne grigia com'è Tetro
il giorno nel temporale
Eppure c'era la voglia
di scoprire Qualcosa
che valesse tutta la pena
che Ci siamo Dati.
 
 

Va all'inferno!

«Va all'inferno!»
La sua faccia era trasfigurata dalla rabbia. Il volto che avevo tanto amato, irriconoscibile. Le vene giugulari si gonfiavano sul collo. La bocca, con cui aveva sibilato quelle parole, era contratta, ridotta ad una linea tirata con forza da una matita rosso sbiadito.
Non lo sapeva che all'inferno c'eravamo già, noi due? E da un bel po' di tempo ormai. Non riuscivamo più a parlare di niente senza litigare. Litigavamo su tutto, persino su come trattare il nostro cagnolino, Red.
Già, il nostro cagnolino. La nostra casa, i nostri libri, la nostra macchina, i nostri amici... Tutto era, anzi è nostro.
Marina e Marco, la coppia perfetta.
Fino a qualche mese fa. Poi si era aperto un baratro di incomprensione. Avevamo cominciato a discutere per via del lavoro. Marco diceva che qui, per lui, non c'era più nessuno spazio di crescita, che voleva trasferirsi all'estero. Io, invece, mi trovo benissimo nel posto dove sto e gli ho detto che non credevo fosse una buona idea un salto nel buio. Lui ha replicato, io ho controreplicato.... Poco dopo siamo passati dalla discussione alla lite, finché tutto è diventato incomprensibile ed impronunciabile. Colpa mia, colpa sua. Non lo so. So solo che era un inferno e che l'unica cosa che volevo era che finisse.
Così stamattina gli ho detto: «Marco, va bene. Finiamola qui. Non è possibile andare avanti così. Trasferiamoci.»

io e te

Inferno

Andrò all’inferno il giorno che non ti potrò più avere
Quando dall’alto la montagna franerà in un moto inarrestabile
Chiuse le grida al cielo e i sussurri
Negli occhi uno sparuto senso d’inesistenza
e fra le dita il ricordo della tua pelle soltanto
 

Corale - Ciao come stai?

stesura finale 
Titolo - Ciao come stai? Io sto bene, tu come stai?

Sottotitolo - La razza umana scomparsa e poi ritrovata

a cura di Francesco Anelli
 

Io come sto?

<< Io come sto?>>
E dovrei anche darti una risposta, non lo vedi da te come sto! Sto qui e basta.
E poi scusa, come hai fatto a vedermi? Sei l'unico sai. Sono anni ormai che mi aggiro per queste stanze, incontro persone che mi passano accanto e non mi vedono per niente. Non sentono i miei richiami. Io parlo, parlo ma nessuno mi ascolta, nessuno che si degni darmi una risposta, un saluto. Mi sento alla stregua di un mobile sempre pronto all'uso o l'uomo ombra, che dico invisibile, trasparente, un'alieno insomma.
Invece sono sempre io ma allo stesso tempo non lo sono.
Guardo, sento, ascolto, anche se rispondo a un quesito che in quel momento viene posto da qualcuno a me vicino, la mia voce non ha consistenza, non arriva da nessuna parte, nessun orecchio la percepisce.
So cosa pensi, ti chiedi cosa faccio ancora qui, ecco me lo chiedo anch'io e finalmente ho capito che questa non è più aria per me perciò è meglio che tolga il disturbo e scompaia forse, dopo, starò meglio.

Mi chiede - come sta?

 Mi chiede - come sta?
E vorrei rispondere
- io non sto io non vivo
sono presunta
ho gli occhi che ardono di un'altra luce
 
 
eppure sorrido e dico
- abbastanza bene grazie
e gli parlo dell'ultima notizia della nuova legge
lo faccio adeguatamente rispondo
in modo consono ed arguto
 
 
quando me ne vado pensa
- che donna intelligente
mentre io torno a scontare
l'inesauribile condanna
per aver taciuto
- ancora e ancora
 
 
 

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