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La ragazza del bosco - 6Ofelia

 
Nella sua mente vivevano degli spettri. Gli spettri di colpe irrisolte ombre che grugnivano fra i ricordi, che singhiozzavano rabbiose. Ma Lei, la Ragazza del Bosco, non era un tipo facile alla resa. Prendeva di petto la vita, così come prendeva di petto le maree della sua anima. Aveva un neo a forma di stella accanto al sopracciglio destro attraverso il quale si pensa osservasse il mondo. Era forse quella stella nera ed arcigna a darle la forza di andare sempre avanti, nonostante gli ostacoli, sulla via dei suoi sogni, dei suoi desideri. E fu forse proprio quella stessa stella ad indicarle il cammino, verso quello che si sarebbe rivelato il suo consigliere più fidato. Durante una delle sue esplorazioni fra campi, foreste di conifere e grotte, arrivò un giorno ai piedi di una collina, la risalì fino alla cima e lì trovò un grande prato, grasso e sonnolento. Era velato dall’azzurro languido di migliaia di non ti scordar di me. Non appena quel colore incontrò i sensi della Ragazza del Bosco, la Stella Bruna, cominciò bizzarramente a pulsare. Era come se stesse premendo ostinata sulla tempia, quasi a voler entrare nella sua testa per prendere le redini e condurla altrove. La ragazza era solita seguire il suo istinto, proprio come una bestiola selvatica, così decise di dare retta all’insistente pulsare della stella. Da essa si lasciò guidare e cominciò a correre quasi ad occhi chiusi, abbandonata a quella incantevole e misteriosa spinta. Solo quando la Stella Bruna cesso di picchiare, la Ragazza si fermò. E allora spalancò gli occhi e si sentì invasa da un’energia più pura dell’aria, più potente del vento.. e d’innanzi a sé scorse la fonte di quell’energia. Era un fiero ciliegio, carico di fiori, dalla chioma vaporosa, rassicurante, simile ad una nuvola.
Non poté fare a meno di corrergli incontro per abbracciarlo. Si strinse forte al suo tronco nodoso, vi appoggiò la guancia destra ed il magico occhio della tempia, ed ecco che accadde qualcosa di straordinario. L’albero cominciò a far scorrere la sua forza vitale nel corpo della Ragazza del Bosco. La luce tutt’attorno si schiarì di colpo, diventò quasi liquida. La brezza del mattino si placò ed anche il picchio riposò il becco. La Ragazza si sentiva pervasa da una serenità a lei sconosciuta, da un sentimento di estrema fiducia da un fremito verde di vitalità. Volse gli occhi verso la chioma bianca del ciliegio ed esplose in una risata liberatoria. Si lasciò cadere a terra, baciò l’erba sotto di Lei e ad un tratto capì. Gli spettri della sua mente erano spariti, lasciando spazio ad immagini variopinte. Le ombre avevano smesso di grugnire, dando voce a canti di speranza. Il ciliegio l’aveva liberata, non era mai stata così bene!
Il giorno seguente tornò dall’albero, voleva ringraziarlo per il dono che aveva ricevuto, voleva ancora stringersi a lui e accogliere il suo flusso vitale. Arrivata in cima alla collina, con il fiato corto per l’impaziente corsa, trovò il ciliegio ad aspettarla e fra le radici ai piedi dell’albero, giaceva radioso un possente cane da pastore, dal pelo lunghissimo e bianco con una macchia bruna a forma di stella proprio sotto l’occhio destro. Gli occhi azzurri, guardavano dritti in quelli della Ragazza, chiedevano insistentemente la sua attenzione. Così Lei si avvicinò e vide che l’animale era intento ad allattare cinque minuscoli ed affascinanti cuccioli evidentemente appena nati. La Ragazza restò lì a guardarli per ore, e ogni tanto ringraziava l’albero per quel dono, per quel messaggio di vita che non avrebbe mai dimenticato. Non c’è solitudine che non possa essere colmata attraverso l’abbraccio della Natura, non c’è afflizione che possa arrestare il ciclo magico delle anime. Si dice che la Ragazza del Bosco sia rimasta ai piedi dell’albero fino alla fine dei suoi giorni, e che la sua anima sia ancora là stagione dopo stagione, a respirare la libertà e la forza espansa in quel luogo segreto dal grande ciliegio dai fiori bianchi.
 
 

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a cura di Ezio Falcomer

♦Compagnia di teatro sul web Accademia dei Sensi♦

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