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Il significato del vento (Corale a due voci)

corale significato vento voci
di ormedelcaos e Gil 
Non puoi tu da così vicino finir ogni commento
edulcorando il core poggiato in alto l'affanno suo
che dire ancora: scevra ogni misura immagine
complessa s’appella in ultimi versi il pellicano,
l’assasinio, il pescator ribelle, il vivere e il felice
e poi le attese se si discuta e dica ancor com’era,
libellula del ciel porta di corde a cui ogni virtù.
 
 
 
Partiremmo da qui questa sera da questo commento in calce per decifrarne le inesattezze e le malevolenze, e, se del caso respingerlo o accettarlo anche in toto. Lo manterremmo, pertanto, in quarantena a che non se ne divulghi il virus, il virus della pestilenza che potrebbe infettarne il forum.
Lo riprenderemo tra le sette e le otto di sera, in quelle ore in cui anche la luna, col suo candido chiarore, potrebbe aiutarci a mascherarne le menzogne, qualora ve ne fossero, o ne fosse finanche zeppo.
Un passo è un piccolo volume di distanza, lineare e moltiplicato per le altezze, quei metri che separano la terra dallo spazio e dire: ho visto il campanile, le campane erano ferme.
Ci vorrà tempo, pensiamo, tempo de lo sfoglio continuo, tempo di incisioni e verifiche, di abbordanze e rilassatezze, quelle cose che in altri ambiti del sapere potrebbero denominarsi atarassie.
Eccoci arrivati, in fine, quando a palesare l'arcano subentrerà un altro virus che annienetrà il primo, e così il secondo e il terzo che, nel frattempo, si siano anche installati. Clicca il pulsante, muovi la manovella, passa e ripassa lo zip zip ed ecco la frittata se vi riesce bene.

Cosa, qualor ci fosse, sarebbe altro sapere
seppur che sia.

Lei Signore, quest'oggi non ha nulla da fare, non va a giocare la partita?
Azzarola, come fa questo pc a sapere cosa dovrei fare? imbavagliarlo, mentirgli, dirgli che lo scasso se lo butto a terra?
Questa lotta titanica che ci prende tra il piede e la mano quando non vedi chi ti parla ma comprendi che sa tutto di te.

Tu, tu, tu dall’altra parte

Io, io, io di qua, di qua, parlo e dico a te, scrivo, anzi scrivo, muovo le mie dita sui tasti per scrivere vfc
Senza che mi scappi nulla, senza verifica di errori, senza interposta sintassi o grammatica, con tutte le vocali
ivi silenziose comprese per intero e a voce piena, voce da tenore o basso scegli tu,
che che, non mi dire che con la k

Ci sei Orme, ci sei?
Certo che ci sono, Gil, dimmi pure

Però che bello sapere che ci sei anche quando non sei lì. Io mantengo un quadro chiaro e se nell'opera d'ogn'uno c'è egli stesso a farsi vedere - come da vetrina, intendo -, o a farsi ascoltare - come da cuffia, credo -, è ancor più bello, perchè certo solo non sto; e nemmeno tu, che intanto solo stai altr'ove o ove altro ti chiamò; e non c'è, ed aspetti ed annaspi, infine torni scontroso, non perchè qualcuno ha messo le mani sulla tua scrivania, nelle tue carte, nei tuoi intimi polverosi pensieri, ma perchè quell'altro, quello dell'ess'emm'esse ha fatto punto di non trovarsi al dove promesso.
Prendiamo Manu, che mi pare adatta, a un dì di mezzo la vita.

E Manu chi sarebbe? Sarebbe quella che digita con tutte e 10 le dita? Quella che si siede e resta seduta?
O quella che sta sempre in piedi anche quando digita?
O potrei , volendo,cercarla anche su Google? E s'affaccia, s'affacia su fb?
Potresti darmi il nick che usa più di frequente? Ma di quanti nick dispone, tu lo sai di sicuro?

Io penso, siamo al dunque. La macchina dice, e non dice, il giusto suo, che però proviene da un chissà come fu fatto: ma è la macchina! Ed ai meno volenterosi risparmia il pensiero, illudendoci che post-vita, quest'ultimo ci sopravviva perchè più riposato. Ed allora: Viva la macchina e sia lode ai Macchinisti! Avanti c'è posto, avanti c'è posto... Signora, devo scendere al prossimo haiku: si sposti!

Vedi che avrai sbagliato ad inviare il messaggio. Con chi stai parlando di tanto tecnologico, è uno/a che se ne intende e che potrebbe mettere mano anche al mio pc suggerendomi come potrei disinfestarlo dai virus di cui sarà senz'altro pieno?

asp 1 att Geltr ke sn impegnato. poi ti richiamo io.
Non ti leggo per intero, ti leggo solo a metà ti leggo che mi si blocca il video e che non sale la pagina, non ti leggo oltre, non ti leggo e qui mi incavo, mi incaxxo con le x del monitor che mi escono ad una ad una, scusami passo all’altro forum che attende altra risposta, altro quoto con intera altra memoria, altro rinvio, altro incorniciamento, altro smile con bocca a mezzo viso, onde per cui passo e contemporaneamente chiudo, chiudo la finestra che non mi mantiene il monitor quasi che fosse infetto anche da altri virus.

Ah, tu, hatu, ahi che di passo propendi il seno, c6 c6, ci sei che vorrei dirti qualcosa?
Vorrei chiederti di quella tua maglia che ti propende un po’ troppo sul davanti.
Chiedi chi sono, chiedi chi ero, chiedi se mi conosci?
Ecco, ti direi, ti direi: vorrei conoscerti. Vorrei conoscerti quando sei stanca e stanca riposi. Hai la cam, hai il cell, hai anche tu il pc che ti si è rotto?
E’ per, per, x dirti così ke, che ke, che caxxo, che quando ti giri e voti, voti anche tu nella cabina del resto chiusa il nostro pd?
Kè, la stanza della poe, qst?
Ah, chiedi a loro che io sn nuovo di qui

Ma tu non 6 qll dell'altro giorno?

E ke te ne ftt a tte?
Ah, scusami.

Sono le tre. Sono la Tre, ma anche i due, perchè c’è la legalità dell’ora. O l’illegalità che si contatta. Parlo con lei e l’altra non lo sa. Lei sa che ci sono; io so che lei c’è: sono le tre, ma anche due: noi.
Eke, te sei 1 nuovo poeta? e da dove dgt?

Chi è che dorme in questa stanza che s’illumina dai monitor? Si dorme di traverso sulla sedia. E’ stretta e dura la ciat che corrisponde. Facciamo che al p’vittì si ceni. Mangiamo, mangiamo che son le quattro e tutto va bene.
Oh, mi rispondi?

E’ una cicala MSM – dirò che l’acronimo sta per Meno Soli i Maschi, nella mia in tenz'one – te lo dirò in ciat questo. Te lo dirò in ciat a quattro zampe, all’animal francese che fa le fusa, ed è di notte, ed il mio nick lo riconosci?

è 'rrivato 'nato amleto!
ops
il nick mio nessun saprà

essì, all'alba, ke sta pure arrivando

Ti dirò: sei in ogni parte. Mettiamo che ti distraessi; dai, mettiamo che sei distratta e di qua, vedi, di lato c’è emm’ess’emme che lampeggia. Guarda lampeggia xk un tuono ed una pioggia di parole si prepara. Lampeggia cmq solo; cmq sta x come x stare.

Dai, non farmi ridere che mantieni il c’ero in mano, dai, lascialo cadere, lascia che io lo prenda adesso quel tuo bel seno a che prima non ti si scotti troppo.
Dai te lo chiedo in chiaro, te lo chiedo a chiare lettere anch'esse molto chiare, dici di inviarle in pvt, e ke cos'è il pvt? Pronto, Venni, Ottenni?
ah, già, l'O non ci entra nella T.
Pronto, Venni, Tenni (Tirai)? Tsunami?
Sono io, meglio, il mio ardisc che s’è incantato: se dò un bacio al mouse, mi diventi una principessa? Princip’essa? Ecchec***o! Escidilì! Esci, che si rientra nell’anonimato dopo. Quando cambiati i nomi, gli indirizzi, le subnetmask e gl’IP,

6 malinconico stanotte, Alfio?

potremo con i DNS farci un partito nuovo: Democratici Nati Soli. Alle cabine, alle cabine! Che il cell non funziona. Ai voti, ai voti! Di giugno: promossi o siano debiti di studio, come quel grano che non curammo, quel grano biondo, quel grano falciato dalle ripetiz’ioni.

Sono le quattro, sono le quattro; te lo dico in ciat: sono le 4.00, ma anche le tre dita sulla tastiera cercano sempre più la barra spaziatrice. Distanziamoci ora. Facciamo pausa di scritture, tanto lei dorme e una pausa fa sempre bene. TVTB, ma anche a lei: scusami, non lo sapevo.
vedi ke hai sbagliato stanza, qst nn è qll politika

Ora ci conviene staccare e meditare, cara macchina denomita computer matrimonializzata con internet. ci conviene staccare ke è quasi alba e le albe portano, a noi mortali, sonno. Saluto prima gli amici e poi ti lascio libera, libera di transitare tra le tue sinapsi e file, e se trovi un virus, domattina avvertimi. Oggi abbiamo combattuto molto, tu con i virus, io con i nick. Questo web pullula di gente strana. Pullula. Ti piace il verbo pullulare, o ti trovo un sinonimo che più ti soddisfi?
Aspè, ecco fatto.
Lo vuoi in pillole o direttamente in copia e incolla?

Ricerca: Sinonimi e contrari, pullulare

brulicare, formicolare, rigurgitare
svuotarsi
vuoi rigurgitare o svuotarti?

Ah, la macchina non la vuole, non intende rispondere a quest'ora della notte e del giorno, a quest'ora che normalmente si chiama alba.
La macchina dice, e non dice, il giusto suo! 
 

 
Oggi, cara macchina, oggi vorrei insegnarti a comporre. Sì, comporre, e comporre non cose da poco bensì ciò che viene definito, fin dall'antichità, col termine di poesia.
Tu non conoscerai l'antichità, giusto per farti partecipare un poco di quei tempi inizierò col dirti che Socrate, quello che dialogava molto, non ha mai scritto. Tu, invece, ci riesci, e ci riesci anche con una moltitudine di caratteri.
Ebbene, comporremo assieme quest'oggi. Basta solo fissare delle regole, come, del resto, accade per ogni gioco. Inizieremo dall'haiku. Una brevissima poesia formata solo da tre versi. La regola è che questi tre versi dovranno avere, rispettivamente, cinque, sette e ancora cinque sillabe.
Tu, per ora, conterai le sillabe, io, avendo più esperienza di te, cercherò invece le parole.
Tu non hai, come noi, un cuore, possiedi solo un sistema, un xp, ad esempio. A dire il vero io non ricordo bene il tuo, ma so di averlo conservato da qualche parte, a ché, se avessi tu un intero attacco virale, potremmo rigenerarti.
Ti fornisco, se vuoi, anche di un piccolo programmino che ti aiuterà nella conta.
Vuoi che affidiamo al caso la scelta delle parole, e così saremo magari pari, senza sudditanza né maestria tra di noi? vuoi che apriamo una pagina a caso, e scegliere poi le parole secondo un ordine stocastico ben stabilito già da prima?
Potremo decidere, ad esempio, di scegliere nella pagina che ci uscirà fuori dal tuo monitor, dal tuo viso ancora non maturo, le prime tre parole dispari dei primi tre righi dispari che leggeremo, e crearne così un piccolo insieme di significati che ci faciterà nel nostro algoritmo compositivo.
Chiudo gli occhi, e, cliccando sui nostri preferiti, tiro fuori, come fa il mago dal suo cilindro, quella mezza pagina che ci diventerà la fonte della nostra piccola avventura poetica.
Clicco, e, e, ed eccola qui, eccola per intero:

Rosso Venexiano

Scritto da © Ferdi - Dom, 09/05/2010 - 12:33

La versione della notte di un violinista monco ai gamberi

Il mare articolato
verbalizza le strane circostanze della zattera.

Senza deriva, a dismisura il senso.

Al centro, il foglio della luna - argento liquido ora,
argento fossile in alto - libera i pesci dalla presa.
Sono leggeri;
nel loro fondo, un nuotare illuso si squama.

Anche il mare perde voci
se trattiene le parole
al filo e all’uomo;
berchè in mare non si parli
e non si chiede troppo, si disfa spesso l’onda.
(leggi tutto *)
Ti insegno.
Il primo rigo rappresenta ciò che si chiama titolo, che dà, cioè, merito, dignità, alla poesia, e che pertanto viene scritto sopra o, anche, che viene soprascritto.
Toccherà pure a noi, dopo, trovare un bel titolo per la nostra piccola composizione, per renderle, appieno, la sua dignità

Ti piace la poesia di Ferdi, eh? riesci a comprenderla appieno?
Vedo che sorridi, e noto anche che ti stai appassionando. Faremo cose belle assieme, lunghi viaggi, dai, dai, giuriamo sul mouse, clicchiamoci insieme sopra due volte.

Click click, alla nostra salute, e alle nostre tantissime virtuali avventure!
Estrapoliamo dal testo comparso, secondo la regola stabilita, le nostre parole.
Si pone il primo problema, ossia se comprendere, come rigo, ciò che formalmente sta fuori dal corpo dello scritto, e cioè il suo titolo.
Non abbiamo previsto ciò che la reltà, spaziando quasi sempre oltre le nostre congetture, ci presenta al di là del già stabilito.
Dovremo, pertanto, prevedere nel nostro metodo di scelta questo specifico e singolo caso. Dando vita, accanto a noi, ad una statistica delle nostre singole esperienze. Esperienze che, messe inseme, si chiameranno, un domani, coscienze. Insieme coerente delle nostre scelte.
Stabiliremo, una volta per tutte, nella nostra piccola costituzione delle norme sostanziali di ricerca di fonti, che il titolo di uno scritto faccia, o non faccia, parte dei righi da cui attingere le singole parole.
E siccome siamo, noi, estranei al testo da cui attingiamo informazioni potremo deciderlo senza alcun pregiudizio, non avendo alcun interesse ad elogiare o a condannare le parole del testo stesso. Saremmo delle vere terzietà rispetto alla realtà che si presenta dinanzi ai nostri occhi. Dei veri, perché imparziali, giudici costituenti il giudicato costitutivo stesso della norma.
Qui sembrerebbe, nel gioco delle parole, venir fuori ciò che in filosofia verrebbe definita aporia, e cioè se un giudicato, che viene dopo, possa costituire un precedente, che, per sua natura, viene sempre prima. Ma sarebbe, a quest'ora del giorno, chiedere troppo.
Sembra, quasi quasi, di assistere alla fase preliminare della nascita de I Ching; chissà se non nacque proprio così, come stiamo operando noi.

Già il sole splende in cielo, splende e riflette le nostre luci, i nostri ardori di conoscenza e di speranze
I nostri latitanti aneliti di vita.
Vivere per te che resti lì ancorata ai tuoi algoritmi cosa significa? Significa che i tuoi spazi che si chiamerebbero anche tuoi orizzonti non consentono la mobilità fisica affidata dalla divinità, e per natura, all’umano?
Hai i tuoi desideri, il tuo navigare veloce eppure eppure non ti muovi da lì, da una scrivania che se anche la pungoli e la clicchi nulla ti risponde se non con quello stesso suono con cui la interroghi. Tu invece, stando seduta, spazi, spazi ed apri finestre dal giorno alla notte, dalle ore a altre ore, abissi e tenebre porti con te, vicissitudini di altri e le tue stesse, la storia delle tue installazioni e dei virus che ti attaccarono e che furono, da noi, insieme, sconfitti. Gli xm, le exe, i poup.

Divinare sarebbe così parlare non a senso compiuto ma a senso da compiersi. Diranno tutti con sollievo “è giorno, è giorno, si facciano i lavori a cui ci chiama il ruolo”.
Ma io: no! Io voglio ancora la tenebra, la voglio xkè continui il mio vagare per router nel mondo. Io nello scuro attraverso continenti e razze e luoghi ambigui e luoghi irrisolti e, certo, non mi perdo xkè ncr q.
Qnd allungo l’ora. La amplio a dismisura. La stendo. La tiro da ogni lato: oooooooraaaaaaaaa. Chiudo gli occhi e si rifanno le tenebre. In basso a destra, sulla barra dell’avvio, a destra, sulla barra il marcatempo della macchina ha un sussulto e muta. Cambia: si rifà. Sono le tre. Saranno le tre per più di un tempo. Se voglio, per più di un giorno.
Apro il tempo chiudendolo a distanza di sicurezza. Intanto mi sveglio, qnd sveglio fingo il non risveglio. Sono padrone del sonno; per estens’ione, sono padrone della tenebra. Il nero, il non visto, allunga il tempo. Gli rende un fluire intorno che non fluisce interno. Sono un’isola atemporale. Su di me è possibile un’onda ferma. Una risacca insonora su di una riva assorbente. In qst’ora esamino l’esagramma della domanda: la macchina parla o è l’altro me che ascolta? La macchina scrive o è l’altro me che legge? Esagramma di risposta:
____ ____
_________
____ ____
____ ____
_________
_________
Il primo trigramma da cui si propone il secondo dà notizia del mare (forza, adattabilità, navigazione, fortunale) e mostra due mutevoli che poi cambiano come la tenebra fa col giorno di cui dissi. Il secondo trigramma è la venuta, ciò che sarà, il successivo, il dopo se. E’ il lago (la calma, la stasi, lo specchio). Lo traduco ad occhi chiusi: se sei al mare ed è troppo profondo, comprati una casa al lago e fidanzati con la cosiddetta Canalis. Lo dice la macchina. La macchina non è stupida, la macchina sa, da nuova Guru. Sa, da Sacerdote del Bit. Conosce il CD-ROM: odia il pallottoliere e se ne frega del caffè. La macchina non mangia: divora lo scibile ed il saputo; restituisce l’ovvio, il non pensato. Lo riscrittura.
Tu, Macchina, ri-tieni:
- Ci sono due io che scrivono.
Ri-flettendo rispondi:
- Dove?
- Qui, su di un sito.
- Cos’è il sito?
- Una esistenza che esiste proprio nella fattualità della sua non-esistenza. E che così, per sua stessa natura, potrà accogliere al meglio anche il non-luogo del noi, quel diverso, per sua stessa esistenza-e-non-esistenza, dall'io.
- E dove il Qnd va a rappresentarsi come un non luogo di tanti altri luoghi.
- E potremo così starci, anche comodamente seduti, io e l'altro io lontano da me. Qnd, il nostro essere Noi.
- Sì, esistono, per l'esistenza stessa delle distanze, almeno due io che interagiscono da non vicino.
- E dove il Dove in quegli attimi temporali va a costituirsi, fenomenologicamente, come spazio identico sull'orizzonte percettivo e sincronico di senso in quella unica parabola, o cono di esistenza spazio-temporale, che va a situarsi dinanzi ai loro differenti occhi e da potersi così. oggettivamente, definire Sito: Oggetto, cioè, Situato tra di loro, tra le loro diverse visioni, ma costituito dalla medesima ed identica veduta.
Ecco la diversità dei commenti, si aggiunse.

Vedi, cara Macchina, che stiamo quasi per fuoriuscire da noi, dai nostri tempi e spazi, da quegli impegni che ci eravamo dati e che ora sembrerebbero dif-ferirsi, ferirsi e rinviarsi tra di loro, presi, come siamo, da altre interazioni e iterazioni, da altri contatti, forse da altri e diversi interessi di giornata.

 

Dovremmo dunque dire, tra di noi, che il noi non esiste, non esiste, cioè, come un essere in sé e per sé, come un essere che vedremmo camminare per strada o che si sieda al bar accanto a noi, alle nostre stesse esistenze, eppure noi lo portiamo con noi quando siamo, o ci pensiamo, insieme. Dovremmo anche lì poter dire: E' una rete che portiamo con noi e dove noi assieme ci imbrigliamo, con essa, di noi, ci navighiamo, con o senza la materializzazione dell’internetmania, quella mania che fa essere ciò che non si è e che si chiama web, rete, virtualità dell’apparenza di una esistenza di contemporaneità a cui dover anche dare una certa forma, una conveniente rappresentazione, e per cui, per conveniente distinzione dalla realtà, affidare a quegli esseri che stanno lì in spirito degli avatar, delle incarnazioni del loro voler essere?
Dovremmo così sentenziare proprio nel mentre stiamo approfondendo la nostra conoscenza che il noi non esiste essendo in sé una pura, anche se non semplice, virtualità?
Ma come faremmo a stabilire, in mancanza della sua esistenza, la semplicità o la complessità del suo relazionarsi? La conoscenza che noi abbiamo del noi?
Intenderesti forse sostenere che Internet è un po’ come il Noi: che neanche il noi esiste eppure c’è?

Quindi rientriamo.
Rientriamo nel non-luogo.
Come ai tempi belli; come alle volte di maggio;
questi archi e questo mese di cui la macchina non seppe i fiori ma le immagini; non fioretti, nè petalini, né pedalini… le calze? che se ne fa di calze uno scatolone di latta e fili e rilasci solidi di memoria?
Il computer, si disse - ed io ne fui testimone -, è funzionale, ma sarà funzionante?
La domenica è un giorno adatto alle funzioni: quelle che dalla terra mirano al cielo e col cielo sopravanzano le intercessioni.

Anche qui un non-luogo.

Esso non-è mentre è.
Il non-luogo è, quindi, luogo, solo che non se ne trova la porta. Ed entrandovi, si è nel non-tempo, di cui si disse ad occhi chiusi.
Immagino un non-colore: il nero. Ciò che assorbe la luce. Si deduce che il nero è la non-luce, per questo forse la scelta del lutto alle mancanze di vita?
Resta fuoi l’anima: ciò che assorbe la coscienza.
Resta fuori da tutti i cimiteri, che sono luoghi a procedere, ad andare, per fiori e ricordi: luoghi, posti e pure non-luoghi, non-posti.
Anche l’anima è un non-luogo. Essa avrebbe la volumetria che assorbe dalle deduzioni via conoscenza edificata sul terreno della memoria collettiva. Insomma, una costruzione che né la macchina può avere, né la macchina chiede, ma alla quale vorremmo destinarla perché fosse di noi l’esatto clone.
Potrebbe esserlo anche di una farfalla, però; ad un osservatore emozionale farebbe nascere lo stesso afflato di una palummella? Si potrebbero canzoni e poemi sulla robotica intrinseca?
Ad esempio:

Palummella, zompa e vola
addò stà Nennella mia
nun fermarte pe’ la via
ca s’è rotta chella cinghia.

Similmente fa il fluire esterno asincrono al fluire interno.
Penso al non-luogo, dove esistono i non orologi. Fermi.
Alla non-parete, stanno per un di là che non torna se non virtuale e supposto: io non vedo te, ma deduco te dall’opera di scrittura o immagine o trillo, cicaleccio, suono, che la macchina propone in tua vece e nemmeno su tuo comando.

Macchina, farai da sola ciò che non farcemmo mai da noi, e lo farai meglio... tranne darsi un bacio slinguazzando a dritta e manca, alle tre di notte, ma già alle due, dilatando l'ora dell'ammore
vorremmo far teatro, arte e grafica assieme, 'stasera. Vorremmo, come si disse, che: ‘O presepio fosse accussì bello! Prenderemmo dai processori di primo, secondo e terzo livello, e, a pensarci bene:

Fine

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* (leggi tutto)

Il mare articolato

verbalizza le strane circostanze della zattera.

Senza deriva, a dismisura il senso.

Al centro, il foglio della luna - argento liquido ora,
argento fossile in alto - libera i pesci dalla presa.
Sono leggeri;
nel loro fondo, un nuotare illuso si squama.

Anche il mare perde voci
se trattiene le parole
al filo e all’uomo;
berchè in mare non si parli
e non si chiede troppo, si disfa spesso l’onda.

Poi di colpo, quand’essa ferma,
un gomito e un suono.
Tra la costa e il largo
spesso accade l'orizzonte nuovo:

vedessi l’ansa! Un archetto andiriviene
da una qualche insenatura con un violino tutto suo:
è l’onda - esclama, - è l’onda che riforma
tutte le sue onde che lo increspano.

Per quote al foglio liquido un gambero irrisolto.

Incrostata alle rocce e ai dubbi
sta il peso della notte che addormenta incauti.
dedicata a Franco (Essiamonoi)

continua

è un ordine, un invito, un tuo desiderio?

finirei così, cara Macchina, ke ne dici?

Essiamo-così-vera-mente-noi!

 
- Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
- Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
- Autori del testo sono ormedelcaos e Gil 
- Editing:  Anna de Vivo
 

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a cura di Ezio Falcomer

♦Compagnia di teatro sul web Accademia dei Sensi♦

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