If... (Se...) - Laboratorio di Prosa Poetica - | Manuela Verbasi

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If... (Se...) - Laboratorio di Prosa Poetica -

 
                   
 
 
[1]Son foglie di carte, e primule incandescenti che seguono il corso loro, adagiate sulle vetturine in stile antico, che usavamo per solcare il cielo le notti di luna piena, se restassi stritolata dalle inferriate fiorate che si sporgono dinnanzi, osservare il corso distratto di passanti bigi e curvi, avrò almeno vissuto il tempo meno invano.
 
[2]La bocca scioglie di sorsi d'acqua a bolle, apre le narici al muschio il respiro che sale.
Se fossimo in un bosco di notte a parlarci con le mani, sentiremmo passarci addosso questo tempo, sottratti i minuti all'altra vita.
 
[3]Non mi curerei del buio ne dei rami spezzati dal vento se potessi abbracciarti!  Canterei melodie per non addormentare il bosco e ogni sentiero lo adornerei a festa con piccole lucciole adagiate dove ancora il ramo spezzato..piange
 
[4]Nei luoghi dell'alba, potremmo nudare la pelle dell'odore di buio e specchiarci nelle illusioni adamantine, distese languide sui crinali della luce, se avessimo possenza d'ali, per fuggire la notte.
 
[5]Ma non possiam specchiarci se non nel buio dell'illusione che sale, goccia imperativa che sorseggiamo ansanti, quasi in pericolo sul mondo, la bocca spalancata in fuori e il petto che inclina a notte, baciato dalla prospettiva nuova. Se fossimo l'anello mancante alla natura saremmo il velo notturno che avvolge di noi tutto il resto, e del resto non avremmo cura.
 
[6]Non avremo, di certo, cura delle pieghe del tempo. Pronti a scivolare sulle follie delle dune, come in una carezza, colma della più dolce verità, a dono della pelle e dalla pelle donata. Se non troveremo una sola ragione per negarci i sensi, la necessità più sontuosa per questo morbo, che recita di volerli afferrare a volo di orchidee, nella pienezza, quasi certa, di una somiglianza con la natura delle madri. Ci troveranno, però, sconfitti, nelle asprezze dei raggi di una luna troppo crudele con tutti i nostri sogni, mentre, consapevoli d'esser rinati per l'ultima volta, ci destineremo alla sacralità di un fiume di palpiti, fremendo d'incertezze troppo roventi per assolvere alla primaria loro importanza.
 
 
[7]Se
 
Se il, peccato
Se il, il perdersi
Se il disciplinarsi
 
Se l’amore o la vita
 
C’è un tempo per il silenzio,
noi lo stavamo cercando.
 
 
[8]Fuori il dolce, entri l’agro. Discriminando i pensieri in righe torte e sgiunte, arrotolandoli alle dita per poi abbandonarli alla strada di un altro giorno (forse il prossimo).

Se bastasse, il silenzio.

 
[9]Se solo ci nutrisse questo silenzio, se solo potessimo fare a meno della musica [ma oh quanto necessitiamo di musica] per far muovere mani e bocche e respirare l'immenso, si potrebbe restare muti per sempre, e nudi. 
 
[10]Trepido l'ansimare sui crinali macchiati d'arcobaleno e i passi a sfiorare appena gli steli piegati dai venti salati di pianto. Se sciogliesse i suoi raggi il sole, saremmo forse, rilucenti ninfee, a fiorire  il candore di una nuova innocenza, nelle lagune di questo fondo antico.
 
[11]Parliamo pure di eternità
parliamone
parliamo pure
di poesia parliamone.
Parliamo del s
della differenza tra il s lungo
e il corto
l’invito di un se.
 
[12]Se non parlassimo di poesia e d'eternità vivremmo in bilico sui pendii della morte, ad annusare carne putrida ad ogni incrocio di vento, ma se ne parlassimo, oh se ne parleremo invero, il cielo caldo del sud ci lambirebbe di specchi ammutoliti dove rivedremo da ora e per sempre il muso pulito della nostra anima, vagante tra le briciole animate del mondo che abbiam saputo creare.
 
[13]La differenza tra un sibilo e il secco schioccare di un se, che porta a un rimpianto nell’inutilità, è la scia che il sibilo sporge al vetro, al davanzale e ci ritorna alle dita, diventando scavo che traccia col fango il segno.
 
[14]Zolle di  tepore sono terra, e rose di un arco dove passa, un un se, timoroso di rugiada.
 
[15]Torneremo senza peccato, suonando argenti, vergini all'amore dei guerrieri, a cantare il partenio. E attraverso guadi di millenni, nelle terre allagate di pleniluni, si fonderanno dal ventre oscuro del silenzio le parole, come bacche di luce ai lobi della notte. Se coglieremo ancora l'ultimo respiro di una rosa, prima che muoia.
 
[16]Se in quel cielo zaffiro lontano dal mondo una volta, una volta soltanto la luna ci fosse sorella, non dovremmo rubare farfalle e lucciole e brividi di pelle, come ciclamini d'inverno coperti di neve.
 
[17]Vedrai, avremo anche la luna e se inseguiremo lucciole e farfalle lei sarà ancora luce,  principessa di sogni e mai stanca del tempo. Vedo raggi indaffarati a non oscurare promesse, con braccia alzate ad aspettere cadute... forse di stelle o di antichi desideri finiti tra eliche girate a vuoto dentro speranze incompiute. Lascia cadere il sole, prima che s'intrecci tra i rami feriti e veglialo ogni notte perchè possa trovare l'alba.
 
[18]Mi fermerò sugli argini bagnati di silenzi, a vegliare il suo respiro e nell'attesa,  agili le mie dita,  fileranno la trama fine dell'aurora. Tu sorella mia, culla i venti se puoi e acquieta i lamenti delle ombre e portami una sola stilla di rugiada, che ne possa fare perla, da biancheggiare sul mio seno, quando verranno i giorni per danzare l'amore.
 
[19]Se quell'ordito velerà le coscienze disorientate allora sì, danzeremo la musica delle stelle (gravitano intorno alla vita) dagli angoli di un cerchio tenendo per mano sogni del passato, e avremo fiori tra i capelli e ignudi seni sulla traccia di Gauguin.
 
[20]Se l'amore danzerà tra i veli, ad ogni passo ne coglierò il profumo. Viso amato e sconosciuto, angelo senza ali e dal cuore di pietra, sciogli la neve che ti rende immortale e scivola tra le fiamme, dove sarà pace il calore e tenerezza l'abbraccio di parole. 
 
[21]Se il silenzo del corpo e il suono delle galassie congiungessero in un unico vero questa eterna domanda delle foglie e dei crateri ansimanti, potremmo adornare i nostri sogni di mille possibilità, conversare con angeli e demoni, sapere gli angoli più remoti della storia, vedere se il male sia il caso, l'errore di Dio o covi solo nei nostri occhi e nelle nostre lingue.
 
[22]I giorni freddi stanno alle porte chiuse, ai ritardi dei treni e a chi non ci sarà, se ai rumori sordi non opporremo giocandoci i silenzi ai dadi. Torneranno i corvi ai voli leggeri, ai colori del neroverderosso, il gracchiare un cicaleggio sostituente un krääääh.
 
[23]Ora noi siamo, e ci giochiamo il nostro futuro non seduti dinnanzi al tavolo rosso da gioco, ma di fronte al fuoco della vita che ci chiede venia per la sua dipartita improvvisa; se abbeverassimo le nostre labbra all'empito del cielo saremmo il volo imperfetto che cala il pensiero ogni nuova orma fatale, invece non siam che tracce di inusitato orgoglio.
 
 
 
                                             Prende fiato l'anima in disparte
 
[24]Sarò ancora qui, forse, a respirare l'illusione di quella neve che farà incanto alle iridi, quando palpiterà il tempo amato del ciliegio in fiore, se saprò scrivere con i graffi di questo inverno la melodia da suonare al cembalo, per festeggiare di risa, la danza argentea della marea nuova, che sale.
 
[25]Vanagloria nevosa, polemica senza fondamento, piccole bolle cui l'aria gioca.
Ho portato il mio cuore martoriato tra pecore belanti d'apparenze, che ignorando (ben sapendo) ch'io fossi, han gettato rimproveri alla mia infermità.
Della pochezza filosofica di chi non sa della sofferenza, e delle maschere, rido!
Se vivo è per me e per tutti coloro che mi amano veramente.
 
[26]Non tace la mano che affonda le spine al Cristo, la carità eleva il tacchino in corsa di pavone. Se il gesto è nascosto al proprio riflesso non serve: ti sputano sereni, amico mio che soffri.
 
[27]Dunque tacete la maestà sontuosa del vostro canto, aedi cinti di rilucente vanagloria.
Guardate. È questa l'ora di vestirsi a lutto. S'è scivolata, di carminio pianto, alfine, l'agonia del sole. Deponete sulle nude pietre, gli orgogliosi ditirambi, chinate le vostre voci, ché possa tornare a Dio, intatto il silenzio. E se potessi acquietare il morso di quest'aspide che mi serpeggia il sangue, anch'io potrei distendermi nel taglio aperto dell'infinito e ricongiungermi all'estasi del nulla eterno.
 
[28]Perchè fermare il canto se in esso trovo nutrimento e perchè stracciare le vesti per dare gloria all'agonia del cuore? ... voglio ancora combattere il silenzio che sparge all'anima mia il suo veleno  e ad ogni scoglio stringerò la mano perchè possa reggere la mia.

Anima non morire, lascia cadere le vesti e torna libera al tuo mare.. scivola nelle acque che ti furono madre e ritrova l'estasi  nella purezza delle sue parole.
 
[29]...e saranno sparse, lungo dimenticati declivi, la paole che dicemmo, se il tuo canto non si leverà -alto-  sino a raggiungere le aquile. Solo così i voli dell'Anima supereranno la vetta ed il silenzio sarà solo un ricordo ...e persino i Titani ti saranno Corona!
 
[30]I sognatori scriveranno ancora, nel disincanto, sogni premonitori oppure l'incantesimo di un giorno, per ritrovare impresso, almeno, un briciolo di un fiato che sgorga dalla voce del cuore 
 
 
[31]e finalmente fu il giorno della poesia, tolti i cateteri, dentro bacelli placcati confetto, iniziammo a correre spensierati donando fiori finti. Sotto un temporale strisciato d'inchiostro, vedemmo i volti di cera sciogliersi. Stalattiti ai lati delle bocche, un gocciolio costante fra foto di lampi.
 
 
                                       Cosa fosse successo, non so...
 
 
[32]era, dunque, l'ora del movimento; abbandonammo le remore lungo i calzari spogli della nostra coscienza mezzo addormentata e ci incamminammo accorti nella fitta coltre di nebbia che si appostava lungo le mareggiate raccolte dell'intricata visione che ci offriva il bosco dinnanzi; se avessimo avuto piedi freschi avremmo percorso tutta la nostra intera esistenza sotto quel manto fatato di stelle che ci bagnava di stupore e d'invidia buona; sapevamo che sarebbe bastato un soffio per ergerci fuori da quella vita raminga e solitaria
 

[33] Un lieve fremito s'insinuava tra le ciglia e ci destammo: tintinnavano campanelli dalle fiabe di un tempo, al passaggio di principesse e cavalieri ammantati d'oro.
Oh, se avessero guardato le nostre mani tese!

Di brina, biancheggiava l'inganno sulle terre del sogno.
Stanchi, ricademmo il capo, nel sonno mesto della rinuncia.
E nei tralci di quell'alba, una farfalla palpitò l'ultimo battito d'ali.

 
...se le avessero guardate avrebbero letto, in esse, le tracce di un percorso antico; non lo fecero e la notte li avviluppò con stanca mano.
 
[34]Con i primi tepori del sole riaprimmo gli occhi su un mondo nuovo che ci apparve nella sua iridescenza d'opàle...e cominciammo a seguire le farfalle che erano riapparse. Ci parve buon auspicio!
 
[35]Dov'era l'orizzonte? Si distero gli arcobaleni a nastro, ad accogliere le nostre capriole e fu ancora inganno l'abbandono a quel rotolarci nudi tra le pagliuzze di diamanti colorati.
Se ancora sanguinano le carni, di quei vetri che scrissero menzogne, di chi fu la colpa?
 
[36]Colpa o merito
di uno stacco d'occhi sopra foglie fresche, il cristallino inciso d'ansie bianche.
 
[37]Se tralasciammo la disamina di colpe o meriti  fu perchè verso un orizzonte di luce era volto lo sguardo nostro. Credemmo nella meta: l'avevamo prefigurata, intensamente desiderata. Neppure l 'angoscia ed il timore del fallimento furono in grado di arrestare il nostro cammino. Eravamo chiamati... avevamo attraversato gli eoni e nulla avrebbe potuto fermarci!
 
[38]Dei vagiti culturali di una giovane vecchia, facemmo uno zerbino per slot machine, venne vento e portò con sè la sala giochi delle carote. L'anno nuovo arrivò comunque, fra cilindri di paillettes melanzana e frustini di caucciù.
 
[39] Si stagliava il suo profilo sui mirti ingioiellati a festa e, parlò, bella di voce, appassionato cuore. Di vene indomite, la fanciulla, che ardì mostrarsi a nude parole.
Specchi anneriti, foglie capovolte, ametiste disciolte. Tutto sembrava rapito da un turbinìo di grecale. Se poi fu quiete ad ogni cosa, il grazie muto e stupefatto, lo rendemmo ad un'unica parola.
 
[40]Dio, dio quegli occhi fasciati di petonciano, come rilucevano. Dell'azzurro di sentieri, del rosso dei papaveri, della pietra. Il simbolo della porta lasciò che penetrassero nella grande sala ed i presenti, vestiti interamente dello stesso colore della sua maschera s'aprirono alzando le teste. Le sembrò d'essere in un altro mondo a vedersi d'acchito, di fronte, i nudi strumenti.
 
[41]Se fossero nel fondo, sulla destra, quelli lucenti sarebbero strumenti a fiato per concerti e sinfonie. Noi saremmo troppo felici di noi per sentire la musica elevarsi. Avremmo voglia di sfiorarci di baci le guance, le bocche. Finiremmo la sera a cenare sul porticciolo che non conoscevo. Se non ci fossi tu, il mondo sarebbe solo amarezza.
 
Lascio Kafka alle sue cornacchie, il mio volo è fra le tue braccia.
 
 
[42]Se potessi restare tra le melodie che rubano i pensieri... tra i suoni carezzevoli di arpe e clavicembali...mi celerei tra le note più eleganti, vestita a festa, come regale ancella ...e aspettere la chiara luna  prima che torni  il  vento.
 
 
 
finita il primo gennanio 2012
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hanno partecipato:
 
[1][5][12][23][32]Mariagrazia Tumbarello
[2][14][22][26][31][36][41]Manuela Verbasi
[3][17][20][28][42]Raggiodiluna
[4][10][15][18][24][27][33][35][39]Stefania Stravato
[6]ohrasputin
[7]ormedelcaos
[8][13]amara
[9][16][19]Sara Cristofori
[11]baluba
[21]Ezio Falcomer
[25]blinkeye62
[29][34][37]Mario Calzolaro
[30] Lorenzo
[40]taglioavvenuto
 
 
 
 
 
 
titolo:
If (Se)*
 
 
 
regole: gli interventi non devono essere troppo lunghi, chi partecipa come minimo deve leggere il pezzo a cui il suo intervento verrà legato (pena l'esclusione). Tutti sono invitati a partecipare e a diffondere l'iniziativa.
 
 
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* cong. dubitativa
 
 
 

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