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E. Manet -Olimpia-
©Paolo Sprega

 

 

1

Mi manchi nella pelle
Mi manchi nelle forme
Nelle geometrie delle giornate
Nelle mie danze solitarie
Nell’afa estiva che opprime
Mi manchi negli scritti
Nelle parole inutili
Nelle sere a sfiorarmi
Mi manchi da quando sei qui
Tutti i momenti
A slegarmi i capelli
A filtrarmi l’anima
A bermi come the verde
A vestirmi come seta
Io tua regina
Io tua puttana
Io tua preghiera
Io tuo inno alla gioia
E al dolore che lega
In malinconico suono
Di gemiti a distanza.

 

 

2

Userai questo corpo
Lo ripiegherai più volte
Modellerai le forme
Gli spigoli
Le angolazioni
Da cui scruterai
Con occhio regista
Il mio livello di bravura
Nell’eseguire le note
Che tu stesso hai scritto
 
Artista di strada
Mi hai rapita
Nei vicoli della cupidigia
Ero sul marciapiede
Elemosinando risposte
A domande feroci
Hai dato la tua offerta
Mi hai incatenata e tenuta
In attesa di scontri
 
E adesso pensi
Alla mia crescita futura
A come mi prenderai la testa
Mascherata tra le mani
Per farmi dire grazie
Si aprirà tra le tue mani
Il cervello uscirà fuori
E ti riempirà i palmi
Si instraderà tra le dita
Caldo liquido spugnoso
Colerà sulle tue gambe
 
Ti renderai conto
Di quanto può pesare
Un piccolo cervello
Di cagna  
Ti resterà appiccicato
Un odore pungente
Che nemmeno dopo bagni
Vapori docce insulti
Andrà via
L’odore della mia anima.
 
Capirai in quel momento
Che stavolta è diverso.

 

 

3

Scorrevano le dita tra il solco disegnato
Da gambe assopite ubbidienti al richiamo
Te le avrei regalate impacchettate con fiocco
Rosa di bambina impunita capricciosa
Tu la mia decisione il mio improvviso organizzare
Per raggiungere quel senso che mi dai
Niente mi distoglie dal correrti incontro
Per ricordarti chi sono
Come mi hai conosciuta
Perché mi hai voluta.
 
E ti inseguirei per altre città ed altre stazioni
Ancora ti mostrerei il lato più vulnerabile
Della mia anima malata
Del mio corpo voglioso
Il bello da condividere con mani e lingua
 
Ancora ti aspetterei alla finestra
Ricordando quel giro in auto e la mano tra le gambe
A ripassare il compito “Chi sei Tu”
E senza dire una parola ascoltarci in discorsi
Infiniti di Rapporti Umani Profondi
E Sesso come Bibbia in valigetta
A sfiorare immense volte la rottura
E a chiedere fiducia ottenendola
Solo per dieci minuti di baldoria.
 
Ancora ti mostrerei quello che mi fai
Quando il tuo sesso si attornia della mia bocca
Avrai un caldo covo per sgocciolare di piacere
Sarai soldato arreso alla nostra vittoria.

 

 

 

 

4

Mi abbandono ubbidiente
al tuo pronto intervento
mi curi con balsami
di ambra e saliva
sai di antico
sapore familiare
nascondo nei tuoi capelli di cristo
un amore lucido e contorto
di cui ti racconto con preoccupazione
afferro la tua bocca e la schiudo
languida la carne trema
sei l'acqua benedetta
ogni volta mi lavi
e mi assolvi dalla virtù.

 

 

5

Tra lenzuola bianche lavate e rilavate di sperma
impregnate distinti separati abbracciati snervati
piangiamo di rabbia e quello che divide unisce di collera,
graffi sui corpi autolesionismo abbondante,
vorrei lavarti la faccia e farti specchiare intento a trovare
i motivi della musica giusta da suonare per questo nostro
scontro voluto non c’è dubbio da una città di salite
e calore di anticipo estate.
 
Ferocemente cerco la sana soluzione per come amarti
disperata madonna ai tuoi piedi divini
che come ti odio e ti amo Dio solo lo sa
e se poi esiste davvero
ci chiederebbe il segreto di tutto ciò.

Eppure succede e succede che altalenando sensazioni
sentimenti invenzioni di parole dirsi tutto senza pensare
senza optare, finisco in una stazione a guardare che volti le spalle
e vai sul tuo treno in direzione opposta
e le gambe a lacrimare voglie infinite di te.

 

 

6

Come bozzolo uniti
E la seta che filiamo
Come vorrei sentire
Quell’alito di vita
Dalla tua bocca alla mia
L’unico ineguagliabile
Vento caldo di libeccio
A muovere le onde
Delle nostre acque
Da navigare coraggiosi
In mari di tempesta
Aggrappandoci alla forza
Dei nostri corpi
Che mai sprofondano
Ma sempre emergono
Sostenuti dalla musica
Di arpe e violini
Da lingue incatenate
Che cantano orgasmi
Penetri la mia testa
E violenti la mia anima.

 

 

7

Se non fosse per la musica
nell'aria della mia camera
mentre la strada sotto è in festa
e questo soul che cattura
i neuroni sensibili
cosa sarei se non campana
stonata a festeggiare
i tuoi orgasmi così belli e violenti
che godi di ogni goccia
a inseminare il mio ventre
come pianta di narcisi
niente è paragonabile
alla carne che concedi
dopo lacrime di gioia
e prima di sonni
come morte che solleva.

 

 

8

La bambina cattiva vestita di bianco
Lisciati i capelli ti aspettava al varco.
Mollata la bambola sul divano
Camminava carponi con sguardo basso
Seguiva le tue perle ben note
Ed una ad una le ingoiava
Con la speranza di diventare conchiglia
E inglobarti per sempre nel segreto del mare.
Seduto sulla sponda del letto
Attendevi impaziente quel corpo di curve
La pelle di un morbido mai palpato.
Lei si poggiava con la sua schiena
Sulle tue lunghe gambe robuste
E ti invitava innocente sgualdrina
Alla scelta più vasta di castighi.
Per tutti quei messaggi spediti
In bottiglie di vino
Tra il riso sommesso dei commensali.
Che più volte ti eri dovuto alzare
Nascondendo l’imbarazzo in un bagno
Di ristorante turistico in zona di villeggianti.
Si divertiva lei, lasciandoti a metà percorso,
Soddisfatta dei tuoi sussulti
Giunti persino da quella distanza.
Una volta girata di spalle
Cominciavi così la tua opera di modellamento carnale
E strisce di rosso sangue incorniciavano
La bianca pelle della bambina capricciosa.
Lei era felice di ogni tua idea
E giocava con tutte le forme che sperimentavi.
E quella iniziale incisa sulla schiena
Di calda rossa cera di candela
Fu l’unica cosa che riuscì a zittirla
Per guardarsi nello specchio alla luce tremolante
Di un fuoco sottile.
Giochi di ombre sui volti
La solleticarono nel sonno,
assetato di lacrime e nettare
te ne andasti senza far rumore.
Ma la mano della bambina nel dormiveglia
Si aprì e lasciò cadere l’ultima perla raccolta.
Rotolò dal letto, percorse i tuoi passi.
Passò attraverso la porta e ti seguì per le scale.
La strada buia e deserta ti aveva ormai inghiottito.
Rimase sola la perla sul marciapiede
A riflettere una debole luce
Di luna a tre quarti.

 

 

9

Il problema vero con te
È che quando mi vieni incontro
Con quel sorriso
Furbo e ben giostrato
Io dimentico tutti i propositi
E al posto di spade
Dalla mia bocca escono petali
e ali di farfalle
Di quelle colorate di nero e giallo.
È che quando sali le scale
E piombi nella mia stanza
Mi faccio piccola
E pasta di sale
Per le tue dita ragazzine.
È che ormai non ragiono più
Con questo tuo corpo
Che distribuisci tra donne
Viziate e inseguitrici
Di ricchezze e apparenze.
È che la violenza dell’orgasmo
Rapisce così tanto
Da far sgorgare lacrime copiose
Sul cuscino fradicio.
È che strapparti i capelli
Diventa istinto puro.
Implorarti di visitarmi
Inevitabile.
Come una musica araba
Alle spalle
Tendo il velo bianco
Sul tuo viso
Ti bacio attraverso.
Bacio di un’ora da sposa.
Bacio di ventitrè da morta.
Deliziata ed uccisa
dalla tua croce .

 

 


-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Redazione
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Autore di Rosso Venexiano  ©naadirahenjoys
-Selezione Opere: redazione
-Editing Manuela Verbasi, Emy Coratti
-Immagine grafica: Paolo Sprega su opera di E. Manet -Olimpia-


 

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