Scritto da © Manuela Verbasi - Sab, 07/11/2009 - 01:27
![]() E. Manet -Olimpia- ©Paolo Sprega |
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Mi manchi nella pelle
Mi manchi nelle forme Nelle geometrie delle giornate Nelle mie danze solitarie Nell’afa estiva che opprime Mi manchi negli scritti Nelle parole inutili Nelle sere a sfiorarmi Mi manchi da quando sei qui Tutti i momenti A slegarmi i capelli A filtrarmi l’anima A bermi come the verde A vestirmi come seta Io tua regina Io tua puttana Io tua preghiera Io tuo inno alla gioia E al dolore che lega In malinconico suono Di gemiti a distanza. |
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Userai questo corpo
Lo ripiegherai più volte Modellerai le forme Gli spigoli Le angolazioni Da cui scruterai Con occhio regista Il mio livello di bravura Nell’eseguire le note Che tu stesso hai scritto Artista di strada Mi hai rapita Nei vicoli della cupidigia Ero sul marciapiede Elemosinando risposte A domande feroci Hai dato la tua offerta Mi hai incatenata e tenuta In attesa di scontri E adesso pensi Alla mia crescita futura A come mi prenderai la testa Mascherata tra le mani Per farmi dire grazie Si aprirà tra le tue mani Il cervello uscirà fuori E ti riempirà i palmi Si instraderà tra le dita Caldo liquido spugnoso Colerà sulle tue gambe Ti renderai conto Di quanto può pesare Un piccolo cervello Di cagna Ti resterà appiccicato Un odore pungente Che nemmeno dopo bagni Vapori docce insulti Andrà via L’odore della mia anima. Capirai in quel momento Che stavolta è diverso. |
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Scorrevano le dita tra il solco disegnato
Da gambe assopite ubbidienti al richiamo Te le avrei regalate impacchettate con fiocco Rosa di bambina impunita capricciosa Tu la mia decisione il mio improvviso organizzare Per raggiungere quel senso che mi dai Niente mi distoglie dal correrti incontro Per ricordarti chi sono Come mi hai conosciuta Perché mi hai voluta. E ti inseguirei per altre città ed altre stazioni Ancora ti mostrerei il lato più vulnerabile Della mia anima malata Del mio corpo voglioso Il bello da condividere con mani e lingua Ancora ti aspetterei alla finestra Ricordando quel giro in auto e la mano tra le gambe A ripassare il compito “Chi sei Tu” E senza dire una parola ascoltarci in discorsi Infiniti di Rapporti Umani Profondi E Sesso come Bibbia in valigetta A sfiorare immense volte la rottura E a chiedere fiducia ottenendola Solo per dieci minuti di baldoria. Ancora ti mostrerei quello che mi fai Quando il tuo sesso si attornia della mia bocca Avrai un caldo covo per sgocciolare di piacere Sarai soldato arreso alla nostra vittoria. |

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Mi abbandono ubbidiente
al tuo pronto intervento mi curi con balsami di ambra e saliva sai di antico sapore familiare nascondo nei tuoi capelli di cristo un amore lucido e contorto di cui ti racconto con preoccupazione afferro la tua bocca e la schiudo languida la carne trema sei l'acqua benedetta ogni volta mi lavi e mi assolvi dalla virtù. |
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Tra lenzuola bianche lavate e rilavate di sperma
impregnate distinti separati abbracciati snervati piangiamo di rabbia e quello che divide unisce di collera, graffi sui corpi autolesionismo abbondante, vorrei lavarti la faccia e farti specchiare intento a trovare i motivi della musica giusta da suonare per questo nostro scontro voluto non c’è dubbio da una città di salite e calore di anticipo estate. Ferocemente cerco la sana soluzione per come amarti disperata madonna ai tuoi piedi divini che come ti odio e ti amo Dio solo lo sa e se poi esiste davvero ci chiederebbe il segreto di tutto ciò. Eppure succede e succede che altalenando sensazioni |
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Come bozzolo uniti
E la seta che filiamo Come vorrei sentire Quell’alito di vita Dalla tua bocca alla mia L’unico ineguagliabile Vento caldo di libeccio A muovere le onde Delle nostre acque Da navigare coraggiosi In mari di tempesta Aggrappandoci alla forza Dei nostri corpi Che mai sprofondano Ma sempre emergono Sostenuti dalla musica Di arpe e violini Da lingue incatenate Che cantano orgasmi Penetri la mia testa E violenti la mia anima. |
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Se non fosse per la musica
nell'aria della mia camera mentre la strada sotto è in festa e questo soul che cattura i neuroni sensibili cosa sarei se non campana stonata a festeggiare i tuoi orgasmi così belli e violenti che godi di ogni goccia a inseminare il mio ventre come pianta di narcisi niente è paragonabile alla carne che concedi dopo lacrime di gioia e prima di sonni come morte che solleva. |
8
La bambina cattiva vestita di bianco
Lisciati i capelli ti aspettava al varco. Mollata la bambola sul divano Camminava carponi con sguardo basso Seguiva le tue perle ben note Ed una ad una le ingoiava Con la speranza di diventare conchiglia E inglobarti per sempre nel segreto del mare. Seduto sulla sponda del letto Attendevi impaziente quel corpo di curve La pelle di un morbido mai palpato. Lei si poggiava con la sua schiena Sulle tue lunghe gambe robuste E ti invitava innocente sgualdrina Alla scelta più vasta di castighi. Per tutti quei messaggi spediti In bottiglie di vino Tra il riso sommesso dei commensali. Che più volte ti eri dovuto alzare Nascondendo l’imbarazzo in un bagno Di ristorante turistico in zona di villeggianti. Si divertiva lei, lasciandoti a metà percorso, Soddisfatta dei tuoi sussulti Giunti persino da quella distanza. Una volta girata di spalle Cominciavi così la tua opera di modellamento carnale E strisce di rosso sangue incorniciavano La bianca pelle della bambina capricciosa. Lei era felice di ogni tua idea E giocava con tutte le forme che sperimentavi. E quella iniziale incisa sulla schiena Di calda rossa cera di candela Fu l’unica cosa che riuscì a zittirla Per guardarsi nello specchio alla luce tremolante Di un fuoco sottile. Giochi di ombre sui volti La solleticarono nel sonno, assetato di lacrime e nettare te ne andasti senza far rumore. Ma la mano della bambina nel dormiveglia Si aprì e lasciò cadere l’ultima perla raccolta. Rotolò dal letto, percorse i tuoi passi. Passò attraverso la porta e ti seguì per le scale. La strada buia e deserta ti aveva ormai inghiottito. Rimase sola la perla sul marciapiede A riflettere una debole luce Di luna a tre quarti. |
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Il problema vero con te
È che quando mi vieni incontro Con quel sorriso Furbo e ben giostrato Io dimentico tutti i propositi E al posto di spade Dalla mia bocca escono petali e ali di farfalle Di quelle colorate di nero e giallo. È che quando sali le scale E piombi nella mia stanza Mi faccio piccola E pasta di sale Per le tue dita ragazzine. È che ormai non ragiono più Con questo tuo corpo Che distribuisci tra donne Viziate e inseguitrici Di ricchezze e apparenze. È che la violenza dell’orgasmo Rapisce così tanto Da far sgorgare lacrime copiose Sul cuscino fradicio. È che strapparti i capelli Diventa istinto puro. Implorarti di visitarmi Inevitabile. Come una musica araba Alle spalle Tendo il velo bianco Sul tuo viso Ti bacio attraverso. Bacio di un’ora da sposa. Bacio di ventitrè da morta. Deliziata ed uccisa dalla tua croce . |
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Redazione
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Autore di Rosso Venexiano ©naadirahenjoys
-Selezione Opere: redazione
-Editing Manuela Verbasi, Emy Coratti
-Immagine grafica: Paolo Sprega su opera di E. Manet -Olimpia-
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