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L'uomo delle parole - Miresol

Era l’uomo delle parole. Le prendeva per strada, accarezzando le più umili, quelle miste alle foglie fradice di fine novembre. Le captava nell’aria, dalle onde radio, le accoglieva dalla bocca degli altri, dai loro occhi. Non le tradiva mai; in nessun caso aveva cercato per loro un vestito più bello, una diversa apparenza. Le conservava così com’erano, le faceva rivivere, sussurrando, era convinto che sapessero respirare. Sapeva che potevano morire; ogni sera accendeva il fuoco della memoria e ne sorvegliava le braci, arrivando insonne al mattino.

Era l’uomo delle parole. Le conservava in antichi libri che tutti avevano dimenticato, con accanimento le proteggeva dalla polvere del tempo, ma non chiudeva la porta a parole più nuove: a quelle che scorrono sullo schermo veloci, che nascono con un guizzo per poi sparire tra milioni di altre compagne. Era convinto che la verità fosse un frammento sottratto a chiese ed altari e parole-schegge meglio di altre potevano esserne la cifra.
Era l’uomo delle parole scritte e di quelle dette, assorbiva in sé il brusio del mondo.

Ma un giorno si svegliò con occhi diversi, forse per un attimo si era distratto, forse alla fine le parole stancano. E vide che “amore” era una stanza vuota, che parole uguali si sollevavano agli angoli dei viali, straripavano nelle vetrine, squillavano da tutte le parti, ognuna col cartellino, ognuna con un prezzo ed un codice a barre, tra l’originale e la copia nessuna differenza.

E allora si mise a “ucciderle”; ogni giorno bruciava una pagina, le soffocava dentro di sé, suscitava un fuoco per arrivare alla cenere. Le annientava in modo sistematico, sputando sull’inchiostro, calpestandole sotto i piedi, strappandosele dal cervello. Toglieva loro fiato… e colore … e voce.
Voleva perderle, una dopo l’altra, per arrivare a quell’unica parola, grigia, disadorna, consumata, l’ultima rimasta, così fragile da divenire preziosa; una sola parola che gli facesse tornare la voglia di battersi per portarla in salvo, farne seme e pianta, rovo che scortica la pelle, vita che si fa ascoltare.

Miresol


Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione Paolo Rafficoni
-Editing: Alexis, Livia Aversa
-Racconto di Miresol
-tutti i diritti riservati agli autori, vietato l'utilizzo e la riproduzione di testi e foto se non autorizzati per iscritto

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