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suono di ciglia

Andiamo
a lastricare melma
nelle colline-seno

Andiamo
dove la luce stronca
viscere di vento-in-onda

ti chiamo abisso: oggi.

Adesso saprei parlare agli agrifogli
nel tempo del gelo caldo e della neve asciutta
il miracolo di un germoglio abbozzato.

Nei luoghi lasciati andare
grattano agli usci i gemiti
di un sole mai infinito-finito.

Ti vedo verde in nero seme: ancora.

Annodiamo lingue di fuoco
con lacrime di mare in maree stracciate
strappando a parole l’ultima pagina

E non è trasfigurazione di isole
il giallo improvviso del sole
quando la luce cerca la fessura per scappare.

Ladro di equinozio il cielo
stride la bonaccia del tempo-riverbero
squarcio di vela in burrasca: il fiato.

Teme la grafia morente
il fiore rubato
donando ugualmente un rosso di colore

quando scolora i tempi condensati: attimi.

La canzone è suono di ciglia
e sopraciglia a incorniciare il volto
di una venere scura prigioniera d’ombra

E’ mia questa menzogna
che cammina
tra i glicini a primavera

Anche l’avaro non può accumulare
una catasta di buchi-fori.
 

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