Imbrigliare tristezza e dolore | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Imbrigliare tristezza e dolore

 

 

"Prendi la tua tristezza in mano e soffiala sul fiume
copri di foglie il tuo dolore e vestilo di piume"
Fabrizio De Andrè

Imbrigliare tristezza e dolore...
Può tanto la poesia?

 

Prendi

Seduto sui filari
di soliti pensieri
scorrono nella mente

i giorni del dolore
tristi memorie ancora
soffiate nel mio mondo

un lungo fiume nato
nel tempo di penuria
poi piano piano il fiume

prendendo il corso lento
scese dal monte al piano
scorrendo nella pena

s'alterna questa al gaudio
d'eterna tua presenza
quando di morte il manto

coprì il tuo bel volto
e cominciai da solo
a scorrere il mio tempo

senza la tua apparenza
vestendo il mio respiro
di soffici lenzuola

[Versi Settenari]

©4797orizzonte2

 

Egoe

Lascerò che il mare
anneghi le mille domande
che nel petto e nella mente
il nuovo giorno ha creato.

Lascerò lacerare
pezzo dopo pezzo
il mio finto orgoglio
osservando cadere al suolo
i frammenti di un sorriso
che vuol celare le lacrime.

E mi libererò
dallo sguardo della notte
mettendo alla luce
l'ego della mia
contorta essenza.

©Sanredsky

 

Orfeo

Ed eccomi sconfitto
smemorato in uno sguardo,
il volto tuo dissolto.

Esultavo alla tua terrena voce.
Ora tutto è sotterrato
nel fondo della notte.

Oh subìta dementia!
Come avrei potuto amarti
e non conoscerti?
Per me la morte è grido
quale incompiuto amore.

©Francesco Ballero
Crepuscolaria

Tutto è crepuscolo
sedimento di un'alba
che muore al vagito del sogno

In lento spegnersi

Nell’aspersione
dell’oscurità

©Morfea77

 

A spettando... Aspettando

A ncora aspetto... le parole A ppese in trine suggestive
A merlettare raggi come fiaccole
A limenti di stupore per chi scrive

A nimando quel mio io sublimato
A rdente retrogusto mai domo
A ncorato con calore variegato
A l mio esser sempre galantuomo

A nnodato... ma proteso
A rcuato dentro un pianto
A rchiviando ciò ch'è vilipeso
A nsioso d'accendere n'incanto

A lzando le rattoppate vele
A favore di vento nell'ardire
A pprodando nei lidi senza fiele
A bbeverandomi d'azzurro all'imbrunire

A llor s'intreccia il rosa dell'aurora
A mmantato di spumiglie vigorose
A ll'ombra dell'ultima primavera
A prendo una fiammante nuova fase

©EdoEleStorieAppese

 

Inverno

Guardo,
confusi nella bruma del cielo,
colombi su tetti a tubar curiosi,
cercar riparo tra comignoli fumosi.
Intento sole che a tratti traspare
ambisce tristezza sfaldare.

Malinconia svanisce
nel sonno invernale di campi
coperti di ghiaccio.
Terra, patita e smossa
di cui diffuso
invade calor
e profuma d’amor.

Ho addensato aria autunnale
per farne ceri d’incenso
e primavera aspettare.
Sfocate nuvole
in aperto cielo
tra pali e fienili,
stille d’allegre filigrane piovose
svegliano rane a cantare festose.
Com’è severo e piacente
l’inverno che odora suadente.

©Bhaky

 

Tristezza Amica

Prendila con le lacrime agli occhi,
ma prendila piano.
Questa dolce tristezza,
un dono regalato dagli eventi, dal fato,
dall’essere umano.
Tienila sempre stretta al cuore,
per darle calore,
nelle giornate lugubri e senza amore.
Mandala via,
deponila come brezza sul fiume,
o come grigia nebbia nell’aria.
Allontanala nel silenzioso ricordo,
del tempo che fu.
Lasciala andare,
coperta dai tuoi umili vestiti,
di lacrime calde,
di meravigliosi ricordi.
©localo

 

Cose Così [tristezza dolore]

Nell'alito cattivo illuminato
delle parole nere

il vuoto è notte vuota
che mi ha sprangato.
Striscio sangue denso
fra lingua denti e palato

trovo me e la poca forza
il nulla di ciò che hai dato..

Ferita aperta di tasca vuota
e un fiume che allontana

tristezza e dolore ricopro di foglie
ma m'imbrigla un soffio lieve
di piume opache e di follia di neve

©Anake

 

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Si tratta di pigliare la tristezza che scivola giù dagli occhi e chiuderla tra le labbra.
Perchè le lacrime sono dolci, e lasciano scie di zucchero.
Non c'è niente, niente di cui devo essere spaventata, niente.
Mentre ti guardo e mi chiedo se tutto questo è stato deciso da qualcuno,
forse, comincio davvero a capire cosa vuol dire, avere il vuoto dentro.
O pensarla come i grandi geni, e dire che si tratta solo di materia troppo sottile
per essere percettibile. Pensarla come loro, forse.
Scrivo, e ti scrivo, per lasciarti un pensiero, o per guarire.
Ti racconto la mia malinconia in bianco e nero, l'unico alfabeto che io possa davvero
regalarti. Poche righe che mi danno speranza e alimentano l'amarezza.
Come legna al fuoco, più t'allontani più appiccano roghi tutt'intorno alla notte.
Che nonostante le fiamme.
Diventa nera.
Più nera dei tuoi occhi.
Persino.
Più nera di quelli.
Ma non c'è miele sulle mie labbra, e neppure sulle guance, niente.
Sull'orlo delle mie ciglia l'arido deserto di quella che si chiama atarassia.
©Adelidaw

 

 
 
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione: Manuela Verbasi
-Selezione testi a cura di: Giulia Luigia Tatti
-Autori di Rosso Venexiano 
-Editing: Alexis e Emy Coratti
ventottogennaioduemilanove
 

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