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Chiunque si muova

 

I

Ormai è enfasi da possesso; certo, la moneta

è una macina. Se ne avrebbe olio, pare. Non vergine,

non fluido, ma inappuntabile untore. Quale

castigo chiederemo il pane: sarà preso dal giusto

indietro, e sarà preso nei covi, oltretutto morsicato.

Avremo remore da gigli, familiarità da squali

e orgoglio come muri a secco: le malte

saranno innocenti in tutte le frane.

 

II

Così tratteniamo le spese. Le risorse rientrano

nelle braccia. Quasi un obbligo questo doverle

fermare con i nervi nel vento. Il buon vento, per pochi,

è la duna che decide il deserto. In tali altri,

anzi, in tutti gli altri solleva la paura - grossolana -

che nemmeno il sangue sia ingranaggio puro.

Infine, la sabbia è un uomo e diventa comunque

un lavoro inutile costruirci sopra. L’anima c’è

ma è l'intimo da cambiare.

 

III

In questo soggiorno, ombre cercano nel nero

la certezza della loro fonte. Un piano

di rieducazione. Un piano americano,

un marshall di ripresa o una panoramica ERP.

Risolviamo i nomi, dissolviamo i luoghi. Fa’ che sia

nudo l’urlo quando asciuga le parole. Fallo proprio tu

che conosci il verbo fare in fretta e fuga.

Dice. Qualcuno. Non è possibile tenere a freno

la soglia dove comincia la fuga. Resta, allora, quotidiano.

Inventati la nomea, la circolazione di voci. Seguimi

nella più dura notte che ha messo

i denti della luce al buio.

 

IV

Da gioia a(p)pena passerebbe il sole.

 

 

 

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