Il professore e l'elefante | Prosa e racconti | maria teresa morry | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Il professore e l'elefante

Per il professor Edmondo Mainardi , quel mercoledì   di fine ottobre  rappresentava  il suo ultimo giorno  di insegnamento. Dal  giovedì successivo,  egli sarebbe stato  posto in quiescenza. La volgare  pensione. Quel particolare status della  vita in cui si diventa ex .  Ex professore, ex ferroviere, ex operaio…. Ed entri in un  mondo  indistinto di persone, le quali,  dismesse gli abiti  delle precedenti  professioni o mestieri, cominciano a trovarsi  in vari circoli  culturali o sportivi , piazze al mattino, parchi cittadini e  mercati  rionali di giorno ,  qualcuno in bar serali,  e  , per i più aitanti,  in piscine e palestre, con quella  straordinaria  libertà e quantità di tempo tipica  di chi non produce più alcunché di economicamente rilevante  per il Paese.  E’ pur vero che qualcuno , in pensione,  migliora il carattere. Ma a  questa eventualità  il  professore  non aveva ancora pensato.
Uscito dal bagno,  lavato  e rasato, con la bella  chioma grigia  ravviata a  colpi  di pettine bagnato, secondo una vecchia abitudine che il professore aveva sin dai tempi  dell’università,  egli trovò in camera da letto, stesa sul letto, una camicia azzurrina  stirata di fresco, la giacca  di tweed appena uscita dalla lavasecco e ancora  nel cellophane, un paio di calzoni  stirati con  una perfetta  riga a piombo. La cravatta,  appoggiata allo testiera del letto, aveva toni  sobri e inclini all’autunno  imminente.
Si vestì fischiettando;   in fondo era di buon  umore, come sempre  di prima mattina. Sembrava davvero un giornata  come un’altra.
Arrivò in cucina, dove trovò  Magda,  sua moglie,  che  versava con cautela il caffè  fumante in due comiche tazzine cinesi.  Notò che Magda   era vestita di tutto punto, con una gonna  a piegoline ed  una giacca stretta che le metteva in risalto i bei fianchi  rotondi.
 “ Cara, ma  che cosa fai già pronta e vestita? “ – chiese  il professore ,sorbendo dalla  tazzina.
“ Edmo, oggi  esco con te “ – rispose sua moglie, guardandolo con   viso sorridente  e tenendo con  la  mano  destra la cuccuma del  caffè.
“ Ma ti sei persino  truccata gli occhi ! “ – osservò il  professore, stupito  poiché  la moglie,  molto  raramente, sottolineava lo sguardo con matita e ombretto.
“ Oggi  è una giornata speciale, caro Edmo. Pensavo  di accompagnarti  un poco per strada, verso scuola , poi io  entro in  piazza  dove c’è il mercato”
“ Mi  sa,  cara mia,  che da giovedì   ti accompagnerò  spesso   al mercato , la mattina – commentò il professore -  così  potrò  capire come mai sei sempre così spendacciona! “   E disse queste ultime  parole avvicinandosi a Magda e baciandole lievemente le labbra.
“ Comunque  mi fa piacere che ti  accorgi quando mi  trucco…”  aggiunse Magda con voce bassa e fissandolo  con i  suoi occhi  latini, scuri e umidi.
“ Me ne accorgo  solo perché  hai occhi bellissimi, anche senza trucco…ma quando  metti la  matita…mi sconvolgi…! “  precisò il professore.
Magda  era già   corsa a prendere  borsetta e altro, nel  vestibolo e lo attendeva sulla porta di casa aperta  sul pianerottolo.
Assieme, marito e moglie, iniziarono a percorrere il  lungo  viale che portava al centro. L’autunno non era ancora nel pieno delle sue  forze e i tigli erano carichi  di un  fogliame  leggermente variegato ed  ingiallito. Il professore  si fermò alla solita  edicola ed acquistò  il giornale,  scambiando poche frasi con il  giornalaio.  Arrivati alla piazza, già tutta  ingombra di varie  bancarelle, con i  venditori che sistemavano  vociando le proprie  mercanzie, i due coniugi si  salutarono con un bacio sulle  guancie.  Magda  guardò in maniera più prolungata Edmo ,  i suoi begli occhi grigi,  dietro  gli occhiali dal fusto leggero, la sua  fronte  sempre  leggermente  corrucciata, con sottili rughe che  erano presenti  anche quand’egli era stato giovane studente.
“  Edmo,  ti aspetto per il pranzo,  vedi di  rientrare un poco  prima…se puoi….”
“  Magda, non dirmi  sempre le stesse cose…anche  oggi….”  Rispose il professore, rendendosi conto che forse la  moglie  lo voleva incoraggiare,  dirgli qualche cosa di adeguato alla  circostanza, ma la donna  era sempre stata molto  riservata nei sentimenti e quindi gli parlava con lo sguardo.
La luce del  mattino  fece brillare le palpebre di Magda,  sulle quali ella aveva steso una polvere rosata per sottolineare  il trucco  degli  occhi.
Lei gli  strinse  forte l’avambraccio  e gli sorrise  stringendo un poco  le palpebre. Girò su se stessa e  si confuse  tra i commercianti  di frutta e  verdura.
Il professore di avviò  lungo  una strada laterale;  ancora  dieci  minuti  di buon passo e sarebbe arrivato al Liceo classico ove,  da oltre quindi anni,  era titolare della cattedra di Italiano e Latino. All’angolo della strada si apriva  l’inizio della lunga cancellata che  separava  l’area scoperta del liceo  ,dalla strada. L’edificio  era in severo  stile  fascista , con altissimo  porticato  squadrato ed  era intitolato ad un  oscuro esploratore d’Africa,  il quale ,con le sue ultime scoperte  tralasciate da Inglesi e Francesi, aveva portato lustro al regime.
La sua mente , lo constatò in maniera alquanto fredda,  non pensava assolutamente a  nulla. Non si sentiva né  afflitto  né dispiaciuto. L’unica  nota  diversa  dal solito era che il professore non aveva preso  con se la sua cartella di pelle  marrone , dove  riponeva  penne, matite, fogli ,agenda  e cose varie. Quella mattina  era a mani libere,  sciolto, come andasse  in passeggiata.
“ Strano  - pensava -  avrei immaginato che  nel mio  ultimo  giorno di  insegnamento  sarei stato  gravido di pensieri…vado in pensione  al  massimo del servizio…eppure non  riesco a soffermare la  mente su nulla in particolare…evidentemente  sono  stanco  e desidero davvero  mollare…tutti questi anni  nella  scuola…ho insegnato a  centinaia di  ragazzi, ho avuto decine di colleghi , sono stato  sotto svariati presidi…ho visto  tinteggiare le pareti  dell’edificio scolastico non so quante volte!...che strano avere ora  questo pensiero   …”
Già il sole  si faceva sentire e  forse la  giacca  scelta da Magda, quella  mattina  ,  sembrava  un tantino  pesante..Con slancio  sportivo , il professor Mainardi  salì  i gradini di ingresso ed  entrò nella  scuola  dopo aver superato  un austero portone  in legno  letteralmente  forellato  , ad altezza  d’uomo,  da  migliaia  di cicche spente dagli studenti , contro lo stesso.
Nell’androne in marmo  nero  e grigio , che le  bidelle  pulivano costantemente  su ordine preciso del  preside  - una insegnante di matematica  maniaca della pulizia-  gli venne  incontro la signora  Mirella , con espressione servile ed  adorante  ( si mormorava che  avesse   definito ,durante chiacchiere di corridoio,   il  professor  Mainardi  come  uomo pieno di  fascino  e “  gentilissimo”).
Era la custode  dell’Istituto.  Salutò  il professore con  un  “ buongiornooooo”  prolungato ed entusiasta.
Il professore ricambiò  con un  cenno del  capo:  non aveva mai  dato molta confidenza al personale di  servizio  e non avrebbe cominciato  ora.
Ed eccolo  finalmente arrivato al  lungo corridoio del piano  terra, alla fine del  quale si apriva l’aula della   terza  D.  Man mano  che  si avvicinava  , il professore  udiva sempre più distintamente il vociare  e le risate dei ragazzi  che lo stavano attendendo.  A pochi metri  dall’ingresso  vide guizzare  uno studente   e sentì   gridare  : “ Occhio ! il Maina  è in arrivo”.
Come  entrò in classe, i  ragazzi si voltarono  verso di  lui.  Qualcuno  era in piedi  ,altri seduti , due o tre gesticolavano  a braccia  spalancate  davanti alla finestra aperta per far uscire il  fumo di  sigaretta. Le  sigarette erano  scomparse.
Qualcuno  disse  Buongiorno  professore,    ma non  tutti  salutarono…Il professore  comunque salutò a voce alta e distintamente. Non si sedette alla cattedra, ma  rimase in piedi  con il fondo schiena  appoggiato al bordo della stessa. Allungò le braccia e con le  mani afferrò il ripiano della  scrivania. Guardò i ragazzi. Squadrò la classe.
Il gruppo ricambiò  l’ occhiata  e per alcuni secondi , che sembrarono  eterni, vi fu uno  stano silenzio sospeso.
“ Rucelli  chiudi per favore la  finestra”  ordinò  il  professore.
Subito il ragazzo di nome  Mauro  Rucelli eseguì  l’ordine.
“ Vi vedo in  forma oggi…”  esordì  Mainardi”  mi  fa piacere, così  potremmo  finire l’introduzione al Verismo ,  rimasta  sospesa  nell’ultima lezione….”
“ Ma come ?  -  squittì  una  ragazza del primo  banco , tutta  frangia  e fard al  viso -  pure oggi che  è il suo ultimo  giorno?…”
 
“ Cinzietta ,   reputatevi   anche fortunati perché  nulla mi  vieterebbe  di farvi qualche domandina qua  e là…non vorrete   sprecare due ore di lezione  solo perché il sottoscritto  se ne va…?...In ogni  caso  sappiate che  il  nuovo professore  è già in arrivo. Me lo ha confermato il  preside…non perderete troppo  tempo….avete gli esami , voi”  rispose  Mainardi, e   caricò con la voce  quel “ voi”  come a ricordare  a quella  banda  di sfaccendati  che in ogni caso  , a fine anno scolastico, c’era un appuntamento importante ad attenderli.
“  Baldelli  per favore  dimmi dove siamo  rimasti l’ultima volta”   disse rivolgendosi ad un ragazzo alto e magro, capelli  biondicci  rasati , vestito  integralmente di nero.
Questi   tirò  fuori  da sotto il  banco un  quadernone  e lesse  in maniera  sconnessa  alcuni appunti.
“Bene…allora  riprendiamo…ma prima avete domande? “
“ Scusi prof. -  domandò  un   ragazzo di nome  Renzo Ospici, capelli  lunghi  raccolti  con un cerchiello  da donna -    l’ha letto il nostro  lavoro? …la  prova in stile  giornalistico  che  ci  aveva
detto di  fare la scorsa  settimana?”
“  A  proposito  -  si fece avanti una  ragazza alquanto abbondante di  seno, serrato  in una maglietta striminzita -  non ho capito perchè Lei ha voluto  farci  fare questa prova scritta ,se poi sapeva che nemmeno  l’avrebbe corretta…”
“  Gianna,  effettivamente  non l’ho  corretta  -  rispose  il professore  -  ma  l’ho letta. La  tua infatti  non era  affatto  scritta  male…Ve  le  restituirò  con qualche osservazione, a  mezzo dell’insegnante  nuovo…”
“ Non per nulla,  ma per prepararmi a quell’articolo,  mi ero letta la  Fallaci…- ribattè  Gianna  dondolandosi   sulle gambe posteriori della  seggiola-    che nemmeno  m’è piaciuta, anche se dicono che fosse  un  drago del  giornalismo”.
Il  professore stava per  riprendere le fila del discorso sul  Verismo,quando  dal  fondo dell’aula si alzò  una studentessa, Roberta  Mille, una ragazza diafana,  di altezza  notevole per essere una donna, inguainata dentro jeans  strettissimi, con  borchie accuminate alla  vita.
Portava  i capelli  scuri tagliati in maniera geometrica ,  mèches rosse ,  e  un vivace rossetto. Si fece  avanti verso la  cattedra, con  un passo  dinoccolato. Il professore  vide che la  mano  della ragazza, chiusa in un guanto di pelle  rossa,  con le   mezzedita,  reggeva un grosso  pacco in carta perlata.
“  Insomma  , avete deciso di  non farmi dire una parola…  -  sbottò  l’insegnante.
La ragazza  pose il  pacco  sopra la  scrivania  e sussurrò : “   Questo è per lei,  da parte nostra”, parlando  rivelò di avere un vistoso apparecchio ai denti.
Rimase un attimo  davanti alla  cattedra,  guardò  il professore  e  ritornò  nelle retrovie della  classe.
“ Beh  ragazzi,  grazie  -profferì  Edmondo Mainardi , girandosi   verso  il pacco.  Si sentiva preso  un po’ di contropiede   - questa proprio  non me l’aspettavo…certo no”….allungò la mano  e attirò a  se  la scatola, guardando  fissamente  il grande fiocco con pagliuzze dorate  che ornava la  confezione.
“  Guardi che non  è una bomba  -  sentì  commentare -  può aprirlo tranquillamente !  “
Li volle  tenere un po’ in  sospeso.  “  Magari lo apro a casa “ , disse  il professore  con   studiata malignità.
“ Nooooooooo  !!!  “   reagì in maniera corale la classe . “ a-de-sso,  a-de-sso   a-de-sso “ si misero quasi a gridare,  ridendo  e picchiando  sui  banchi.
“ Basta, non fate tutto sto casino  - li acquietò   Mainardi – okkei  lo apro….lo apro…sono  curioso anche io”  ammise  in  mezzo tono.
Cominciò a scartare il pacco.  I ragazzi  stavano seduti  ed allungavano i  colli.  “ Ma che gli avete regalato? “  osò chiedere qualcuno che era rimasto all’oscuro della iniziativa.
Via la  carta, apparve  un involucro  cartonato, forma  cubica.
Altra  studiata  suspence  da parte del  professore.
“ Edddai  prof !!!  -  tuonò   la vociona  di Lucio Baldinelli  -  adesso  fa bell’apposta per non aprire…”.
“ Shhhhhhhh  Lucio,lascia che faccia  come crede”, altra voce  stizzita femminile.
Mainardi  aprì  la  scatola sollevando quattro lembi  incastrati tra di loro. Li aprì  con  cura.
Subito apparve  un assemblaggio  di strani trucioli  in  polistirolo  color  miele, leggerissimi.
“ Ma che cosa c’è  qua  dentro ?  “  chiese il professore fissando i  trucioli.
“ Madonna… ma quanto ci mette ?!!  “  sempre la  voce spazientita di Baldinelli.
“ Ci metta le  mani  dentro  professore, mica c’è un cane che morde !!  “
Mainardi era curioso  ma anche preoccupato.  E se i ragazzi  gli avessero  fatto  un tiro? Uno scherzo? D’accordo …non erano fior fiore  di studenti, ma nemmeno dei  farabutti.
Decise.  Affondò entrambe  le  mani  nei trucioli,  fin oltre  i polsini della  camicia. Vi entro proprio dentro, a quei trucioli.
Le mani afferrarono un oggetto tondeggiante,liscio e freddo. Pareva una testa. Però i polpastrelli del professore,   avvertirono delle  escrescenze rugose  sopra la superficie.  Da  un lato poi, il palmo destro  incontrò una specie  di tubero.
“ Professoreeeeeeeeeeee  “  Baldinelli  era quasi alla disperazione,  non tratteneva più la curiosità.
Mainardi afferrò  fermamente  l’oggetto e d’un sol  gesto lo  trasse dalla scatola, buttando all’aria una certa  dose di  trucioli.
Non seguì una  immediata  reazione. Vi fu un sincronico  silenzio  generale.  Lui si trovò  tra le  mani uno strano animale in  ceramica, completamente  dorato.
Abbassò le braccia e  depose  l’oggetto   sulla  cattedra, con il muso rivolto a  sé.
Si trattava di un orrendo  elefante indiano in  vile ceramica ,  tutto  dipinto con  porporina  dorata  ,  intarsiato  di alcuni pezzi di vetro   colorato  a  mo’ di pietre  preziose.  Le  escrescenze che il professore aveva palpato.
Il pachiderma  aveva sulla groppa una gualdrappa  verde  di carta stagnola, gli occhioni  cerchiati di kajal  nero, Attorno alle zampe  c’erano quattro collanine di  sonagli.  Le  unghie laccate di bianco.
Era  una  evidente cineseria. Paccottiglia.  Robaccia comperata in qualche  negozio  cinese che oramai  pullulavano anche in quella  cittadina.
“  Ammàppate  - esclamò  Cinzietta  che s’era seduta sopra al banco.
“ Bello  eh?  - gridò  Baldinelli  , tutto  sudato in  faccia  per l’eccitazione.
“ Guardi  prof.  …che  è il simbolo della  saggezza….l’elefante indiano….un animale sacro…Insomma è un animale, ma  con un significato...”.
Il professore  , facendo leva con  il dito contro  la proboscide,  fece girare su se stesso  l’animale.
La classe ridacchiava  e si scambiava gomitate.
“ Ma dove lo avete scovato ? – chiedeva una  ragazza dal fondo dell’aula.
“ Nemmeno se mi faccio una canna posso immaginare una bojata del  genere” – commentava un altro.
“ Ve lo  dicevo  io che non gli sarebbe piaciuto !!”    esclamò  Brunetto-
“ Ma se è una figata pazzesca “ ribattè Baldinelli.
“ Ragazzi  è una delle cose  più  orrende che io abbia visto… -  sorrise il  professore  Mainardi-
Di un  gusto pessimo….ma dove l’avete preso? ….Sto pensando alla faccia di mia moglie quando lo vedrà”.
Intanto  cominciò a raccogliere tutti  i trucioli sparsi  sulla cattedra.  “ Baldinelli, tu che sei  tanto su di giri, raccatta  per cortesia i  trucioli caduti a  terra e mettili  nella scatola”  ingiunse il professore.
“ Bene,  divertimento finito…s’era capito che  volevate farvi  quattro risate alle mie spalle, adesso però  tornate ai  vostri posti e parliamo di cose serie…”
Mentre  il  grasso  Baldinelli  raccattava i  trucioli, scoprendo  i lombi lardosi  e  contratti nei  jeans, il professore Mainardi  volgeva lo sguardo altrove, oltre l’ampia finestra dell’aula e, con la  bella voce impostata ( ricordi  di un passato di attore di filodrammatica), cominciò  un rapido riassunto sul  Verismo.
Sentiva alle sue spalle  il frusciare dei fogli girati  e due penne cadere dai  banchi. Qualche  sussurrare…ed intuì anche la parola “ elefante”   bofonchiata da qualcuno.
Tuttavia, mentre  si concentrava sulle parole, nei pensieri s’infiltrava una sensazione di  fastidio. V’era   che il professore  c’era  rimasto un po’ male per via dell’elefante. Non s’immaginava  certo  di ricevere  qualche cosa  “ di degno”  da una classe che  lo aveva fatto sempre  tribolare e i cui componenti,   tranne qualche singolo ,   erano nell’insieme scadenti e disinteressati.  Anche sotto il profilo della  buona educazione , li aveva dovuti spesso strigliare. Gli si rivolgevano come fosse uno loro pari e in alcune occasioni i più sfrontati,  incrociandolo  da solo in corridoio,  s’erano permessi frasi e allusioni pesanti  o  in merito al  suo abbigliamento o alle  note preferenze che la  signora Mirella aveva incautamente espresse nei suoi riguardi. Come quella volta  in cui,  essendo lui uscito dall’aula in corridoio , per rintracciare due studenti assenti dalla  sua lezione  da  oltre venti minuti ,  e li  aveva trovati nel bagno con espressione vagamente allucinata. Un aroma  dolciastro permeava la zona dei  lavabo. “ …Eddai Maina,  fatti un  tiro pure  tu…”  aveva esclamato con incosciente  provocazione uno  dei due giovani, porgendogli una inequivocabile canna, mentre l’altro  sghignazzava in un modo cattivo, appoggiato  con la  schiena al muro.
Tutti questi  frammenti  di ricordi  salivano a  galla  nella mente del professore,mentre  osservava il magro  cortile della scuola, le  fila  di biciclette  nuove  o sgangherate degli studenti, impilate nelle  apposite rastrelliere, nonché la  vecchia macchina  d’època,  una Lancia  Flavia, lustra e cromata , di proprietà della custode dell’istituto, parcheggiata davanti all’abitazione dello stesso.
Al trillo della campanella  della  seconda ora di lezione,  il  professore chiuse immediatamente suo  monologo e fissò  gli studenti, che erano  già scattati in piedi per precipitarsi in  corridoio. “ Bene  ragazzi…con questo vi saluto…adesso passo dal preside per alcune formalità e poi  vado a casa…”
“ Ma prof, che farà adesso,  senza la scuola ?  “
“ Beh  potrebbe sempre darsi allo sport….magari all’ippica..ahhhh “
“ Ma no, che dite…il professore  può sempre  fare ripetizioni   di latino…anzi mi sa che gli conviene pure…”
“ Professore auguri….”
“ Professore stia  bene e si mantenga così”
“ Passi a  trovarci durante l’anno!!! “   . A quest’ultima  frase  parve seguire il rumore di una pernacchia …ma  il professore non ne era poi così  certo.
“  Va bene  ragazzi…auguri anche a voi  - rispondeva a tutti il professore -  e ancora grazie di  questo magnifico  elefante “ aggiunse Mainardi , alzando  verso di loro  il pacchetto, che era anche riuscito a riavvolgere nella carta perlata.
Il professore disbrigò  quanto  doveva  fare in presidenza. Passò poi alla  sala professori dove si accomiatò dai  colleghi  presenti  ed anzi,  poiché aveva deciso  di invitare qualcuno di questi ad una  cena per il prossimo  sabato, si intrattenne  con  due insegnanti per confermare  gli inviti.
Un po’ di festeggiamento  lo avrebbe fatto con le persone a lui  gradite, non era il  tipo che porta le bottiglie  e i salatini in sala professori…poi  detestava quelli che si  ingozzavano.  Ricordava come, in occasione di alcuni  compleanni di  insegnanti,  certi  colleghi   s’abbuffavano   senza ritegno davanti  ai  vassoi  ,  come se non mangiassero mai.
Salutati  quindi  pure i  bidelli,  con varie  strette di mano e promesse di “ passare ogni tanto  per  un saluto”  ,il  professore   uscì dal Liceo e  s’incamminò  verso  casa, portandosi appresso il regalo.
Strada facendo  gli venne pure la  tentazione di  gettarlo  nel cassonetto dei  rifiuti,magari  in una zona non proprio  vicina alla scuola, ma poi  egli   pensò  che meritava di  mostrarlo a   Rachele…una bruttura così eccezionale  doveva essere esibita…sua moglie  ne avrebbe riso sicuramente.
Con un  certo  anticipo rispetto al solito orario, il professore  arrivò a casa…salendo  le scale avvertì un forte profumo di  ragù  aleggiare  al primo piano  e  salire  verso la  tromba delle scale.
Mentre  si stava per  avvicinare alla porta del suo  appartamento,  la  porta di questo si aprì  ed apparve  Magda.
“  Ah sei qui  Edmo !....ho riconosciuto il passo !  “   fece lei,  tutta sorridente.
“  Ciao  cara,  tutto  bene ? “   chiese il professore infilandosi oltre la soglia…” Pensavo,  se sei d’accordo,  di andare a mangiare fuori oggi. Che   dici?  Andiamo in trattoria  da Remo…avrei voglia  proprio di  una bella  fritturina di  pesce…visto  che oggi è  giorno nuovo…e c’è pure un  bel sole tiepido…Poi si fa due passi…”  la guardava con aria  interrogativa, sperando che la  moglie fosse della sua stessa  idea.  Nel frattempo lasciò cadere piano  il paccone, vicino al portaombrelli.
“ Benissimo !  Avevo preparato il pranzo, ma fa niente…è tutta roba che si può mangiare anche domani – rispose Magda -  Solo che prima  Edmo  devi aprire un pacco. E’ arrivato  un’ora fa…un grosso  pacco…E’ in salotto…un po’ voluminoso”.  E così  dicendo la moglie lo precedeva nella stanza.
In effetti, sopra il tappeto  del salotto, era depositato un pacco alto, ma di sottile  spessore. Sembrava  un pannello incartato.
“  Ma chi l’ ha portato ?!  domandò  Mainardi, girandogli attorno.  Era la giornata  delle sorprese,
quella?
La carta era   di una  nota galleria d’arte della  città…ne poteva leggere  il  nome più  volte ripetuto in caratteri  neri  sul  grande foglio  che avvolgeva l’oggetto.
Il professore , sotto gli occhi curiosi della moglie,  scartò  con grande rumore della cellulosa mista a nylon  .  Alla fine apparve, incorniciata,  una splendida  incisione che riproduceva uno scorcio del porto della città.  L’artista , molto apprezzato,  era un  nome noto. Si trattava di un pezzo  numerato   in pochi esemplari.
“ Accidenti  - esclamò Mainardi,  sollevando con entrambe le mani la cornice e  mettendo  l’incisione   verso la luce  della finestra  – questo sì  che è un  signor  regalo…Ma chi è?  Chi è che mi ha mandato questa incisione? “
“ Ecco Edmo,  c’era questo biglietto  che tu nella foga di aprire , hai fatto volare…”  disse la  moglie porgendogli  una busta  in carta diplomatica, un poco rigida.
Edmondo infilò con  fretta le dita nella  busta e ne trasse in cartoncino…Gli occhi scorsero veloci  sulle righe e su una sfilza di  nomi che diligentemente erano stato scritti  uno sotto l’altro.
“ Ma pensa  te !! -   disse ad alta voce il professore -  questa, poi !!!.....Si sedette  sul divano, scoppiando in una forte risata.
“  Chi  te lo manda,Edmo ? “  chiese  Magda a sua  volta ridendo ,  ma un poco   stupita della reazione del marito.
“  Sono  stati i miei  studenti della  terza liceo,  sezione D….quei  lazzaroni…-  rispose il professor Mainardi ,continuando a ridere – che matti …e pensare che….Domani  torno a scuola  e li vado a ringraziare, lo devo fare assolutamente…Questo pezzo  è davvero  bello,  Magda, gli dobbiamo  trovare  il posto  giusto.”
Intanto la moglie  aveva pure lei preso in mano  il biglietto  e lo stava leggendo.  “ Scusa Edmo, ma che vuol dire?   Qua c’è scritto…”  Professore, questo  è per rifarsi dallo choc  da elefante…Grazie di  tutto e i migliori auguri…”  Di che elefante parlano?, domandò   stupita.
“ Magda ,  dopo  te lo dico…adesso prendi  le tue cose e la  borsetta,  usciamo!  Si va da Remo a  festeggiare”  disse  il  professore , tutto allegro. L’amaro in  bocca  da elefante  cinese  in  coccio si era del  tutto dileguato. All’indomani , come prima  cosa,  sarebbe andato immediatamente all’istituto a  ringraziare di persona  i ragazzi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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