Il suicidio di Ada F. ( terza puntata) | Prosa e racconti | maria teresa morry | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Il suicidio di Ada F. ( terza puntata)

La terza raccomandata arrivò fino ad una  cittadina siciliana, nota località vacanziera e venne consegnata a tal  Giovanni  Lorusso, agente immobiliare, piccolo proprietario di  appartamenti  che locava con profitto  durante le  vacanze estive, amico stretto di alcuni politici locali che lo favorivano introducendolo in occasioni utili ai propri affari.
Lorusso era  un  personaggio alquanto noto nella  sua cittadina, presente in tutte le circostanze pubbliche di  rilievo, riusciva a  farsi invitare  a pranzi e cene  con  grande destrezza, anche per merito del suo  carattere loquace, ma  sempre attento a  non parteggiare manifestamente per chi fosse più forte o più importante di lui.  Sapeva celare bene la propria  ambizione… Insomma, era un uomo che stava   in equilibrio in una contesto  sociale  in cui facilmente “ si momorava”.
La raccomandata proveniente da una zona così lontana d’Italia,   lo stupì di  molto.  Tranne qualche viaggio per affari a  Roma, Lorusso  conosceva soltanto  Torino e Milano,  né a dire il vero il resto dell’Italia aveva per lui un particolare  interesse. Non era  un viaggiatore, nemmeno per turismo. Né gli  interessavano le  bellezze artistiche.
Le uniche bellezze cui era sensibile erano quelle  femminili, per avvicinare le quali gli erano  più che sufficienti , durate la lunga estate sicula, la bella e lunga spiaggia locale, la impressionante scogliera e , di  sera, i vari locali che si affacciavano  luccicanti  sul lungo mare.  A  quarantacinque anni Giovanni Lorusso, benché non potesse definirsi a  pieno titolo  un  “ bell’uomo “, onorava la  categoria dei  siciliani galanti e conquistatori. Gran parte del suo fascino gli derivava dal suo modo di parlare, con  un accento  regionale  appena appena rilevabile  e dal fatto di saper ascoltare. E le donne, si  sa, amano chi le sta ad ascoltare…
Durante l’inverno  ,invece,  quando le serate incombevano umide e battute dal  vento, Lorusso se ne stava rintanato nel suo ufficio e si addentrava nel mondo di Internet. Aveva perlustrato e navigato entro diversi  siti  web   e  chat, presentandosi con nomi  fantasiosi, recitando  svariati  ruoli. In queste sue divagazioni  nel  mondo del  virtuale, egli aveva contattato decine di signore e signorine; dalla casalinga all’insegnante, dalla  ragazza ventenne  alla donna matura,  dalla  sposata  alla single e alla divorziata. A seconda del soggetto  femminile in cui si imbatteva , Lorusso si ritagliava un personaggio,  avendo l’accortezza però di non parlare troppo di sé, evitando  di  fare  riferimenti concreti  che avrebbero potuto farlo cadere in contraddizione  e ritirandosi a tempo debito , allorchè si avvedeva che l’amica di turno si stava facendo  troppo invadente  ed assidua. In molte occasioni  Lorusso  si era anche  chiesto  perché mai avesse questo comportamento, che cosa lo spingesse a contattare queste donne, ad ingannarle e, in un certo  senso, anche a circuirle psicologicamente. Tranne qualche raro caso in  cui erano state le donne  ad interrompere i contatti, quasi sempre , la maggioranza,   s’era invaghita  di lui  e  non poche gli si proponevano apertamente, chiedevano di conoscerlo in maniera esplicita.  Quanto al  suo aspetto, che egli aveva sempre tenuto nascosto, queste signore  e ragazze lo immaginavano nelle fattezze più diverse ed egli si divertiva , pure, a leggere quello che esse descrivevano su  di lui. “ Ti immagino alto,  moro, con bei denti”. “ Come sei a capelli?  Non sopporto i calvi…”.
In altre parole, a Lorusso piaceva  avere questa schiera di possibili donne, anzi le sentiva tutte un poco sue fidanzate e s’era accorto   del  fatto che , se qualcuna di queste , durante le veloci conversazioni a tastiera, accennava  ad una propria assenza per il giorno dopo, egli avvertiva persino  una punta di gelosia!
 
Fu quindi addentrandosi in una  chat che Lorusso  incontrò Ada.  E dopo due giorni  di  conversazioni scritte, egli sentì che questa donna lo interessava molto, lo incuriosiva. Egli si accorse subito che  Ada era una donna profondamente  sola;    ella, agli  inizia,   raccontava di se stessa, ma in maniera molto pudica,  anzi  un poco  ruvida. Lorusso  giocò una carta vincente, puntò a fare il divertente, non  il superficiale, ma  tutte le volte che sentiva Ada leggermente oscura, sfiduciata, egli si applicava a  risollevarla ,  raccontandogli  inizialmente clamorose  bugie, poi lentamente poco a poco la verità. Per molto  tempo fece credere alla  donna di essere un ingegnere e di abitare a  Roma. Poiché ella cominciò a fare diverse domande su Roma, anche molto  circostanziate, Lorusso con una certa  eleganza riuscì a  sottrarsi alle risposte e deviare l’argomento.  Con il passare del tempo, dopo diverse settimane di incontri  on line, l’uomo si trovò costretto a partire per la valutazione di  un compendio  immobiliare, fuori  Sicilia. Fece sapere ad Ada che per alcuni giorni non si sarebbero  potuti  sentire. La donna non reagì  in modo particolarmente curioso o  dispiaciuto, parve indifferente alla notizia. Lorusso allore fece una cosa che fino allora  non aveva mai pensato  possibile. Digitò:  “ cara la mia  streghetta, se vuoi ti lascio il mio numero di  cellulare. Se ti  senti sola  e  hai voglia di sentirmi, chiamami a questo  numero” clik. Due secondi  dopo apparve la risposta: “  va bene, scrivi pure”.
Accadde che   due giorni dopo , verso  mezzogiorno, Ada mandò  un brevissimo messaggio a Lorusso: “ tutto bene? Un saluto da Ada”.
Quando Lorusso  lesse quelle  poche righe sullo sfondo bluastro del  cellulare, un sorriso leggero di soddisfazione gli affiorò alla bocca. In cuor  suo ne fu davvero contento. Non era ancora arrivata sera che lui le  aveva scritto già  tre volte. Niente di che. Saluti.
La sera, dopo  cena, Lorusso si trovò da solo nella stanza  d’albergo. Aveva camminato  tutto il giorno nella  grande città sconosciuta.  Si buttò sul letto, guardò il soffitto e si disse: “ Adesso la chiamo…non è tardi… di certo è  ancora alzata”. 
Ada rispose dopo  qualche squillo, come avesse il cellulare a portata di mano.  Allorchè egli esordì: “  Pronto…”,  lei rispose subito: “…forse ho capito, sei tu…”
“ Troppo  facile Ada, mi riconosci dalla pronuncia  sicula , ah? …sì, sono io,  ciao”
“  Non so come chiamarti…non posso  certo chiamarti  con un nick….che nome hai?”
“  Mi chiamo Giovanni”
Ada fece un  risatina.  A Giovanni la voce di Ada sembrò giovane  ed inebriante e glielo disse, di getto: “ Ada, ma che bella voce hai…sono davvero sorpreso”.
Cominciò tra loro una conversazione  fatta di nulla: come mai  s’era deciso a  chiamarla, dove si trovavano  entrambi , le condizioni del tempo, che impegni avevano avuto durante la giornata.
Giovanni si sentiva beato, se non ci fosse andata di mezzo la  carica del cellulare, avrebbe continuato a parlare con Ada tutta la notte,  sempre fissando il soffitto e l’incerto lampadario che vi  penzolava. Per  Ada invece, mezza stesa sul divano,  si trattava di una conversazione un  poco assurda, non  sapendo  bene da dove le sgorgasse  tutta la confidenza che sentiva di dare a quell’uomo.
 
 Purtroppo la  rete da caccia grossa era bella che tesa e più di qualche volta Giovanni si domandava  “ ma che sto facendo? Si tratta di una donna che vive a  mille chilometri da  me, e che non incontrerò mai..”  tuttavia  rinviava  sempre  il momento in cui sparire, staccare. Fu  quindi  in questo modo che   tra i due iniziò un lungo cercarsi,  con  chiamate di buongiorno la mattina,  chattate  serali,    email  con   scambio   di poesie di poeti famosi.  Lui non le propose mai di incontrarsi, lei non gli chiese mai di conoscerlo  di persona.
Non si dissero mai  parole esplicite sull’evidente  sentimento che tra loro era decisamente maturato.  Chiamarlo amore?  Una  forma di amore?  Chi può dire? Non s’erano mai visti di persona. Si scambiarono  delle fotografie  fatte in  vacanza. A Giovanni , Ada, con un abitino  bianco scollato a  barchetta, sembrò molto seducente. Nella  foto in faccia al sole , la donna  aveva stretto leggermente gli occhi  ,mentre il  vento le faceva svolazzare i capelli  castani . “ E’ pure una bella donna… lo  è davvero”   si disse  Giovanni,  avanti alla immagine che si allargava sullo schermo.
Ada , invece, non  trovò Giovanni particolarmente attraente, però gli piacque la sua spontaneità nella posa, notò la faccia simpatica e abbronzata, e  gli  incisivi un poco sovrapposti  nel  sorriso.
 
Ada entrò   lentamente,  ma  a grandi passi,  dentro  le maglie del  sentimento  virtuale. Da tempo era del tutto sola….Anche le amicizie si erano fatte meno assidue. La invitavano talvolta,  ma a lei sembravano  più che altro gesti d’obbligo,   sapendola senza marito.  Piero era  uscito   dalla sua vita,  e l’ultimo ricordo  che lei serbava era quello della sua  schiena , chiusa in  una  giacca  di lana , mentre   spariva  nella  carrozzava ferroviaria. Un treno  avrebbe riportato quel  suo occasionale compagno,  alla sua città 
Perché  voler conoscere altri uomini, alla fine?  Si chiedeva Ada.  Per avere altre delusioni? Per sentirsi colmare di promesse  e vederle poi sfumare dietro pretesti?    Conoscere l’ansia di un incontro,  attendere il  prossimo,  avvertire l’esigenza del  bacio , entrare in  un letto…..Senza tutto questo  equivocare, Giovanni  c’era lo stesso  per  lei : la sera si scrivevano   sulle  cose della giornata;  seguiva qualche  telefonata di lui ,   simpatica e chiassosa come era nel suo carattere. 
Ada  non si sentiva sola,   avvertiva  l’avanzare dell’età  , quel momento  per cui  cominciava ad escludere certuni capi  d’abbigliamento  o colori, a suo dire troppo vistosi. Si consultava con  il parrucchiere in merito alla tinta dei capelli, per non sembrare ridicola.
Dopo alcuni mesi di chat,  email e  telefonate Giovanni  arrivò a spedirle un mazzo di rose, con Interflora.  Una vera  sorpresa, per Ada…Le mise in un vaso di cristallo, il migliore  che avesse in casa. Ogni  giorno le curava e cambiava l’acqua, sperando  che durassero  a lungo, le rose…quando  iniziarono a chinare le corolle, Ada ne scelse una, la  fece seccare e la  rinchiuse in  un sacchettino di carta. Da rossa che era, nel suo stato vitale, la rosa assunse prima un colore  di sangue rappreso, poi divenne violacea.
Questa  storia tra i  due  procedette per diversi mesi.  Poi accadde ciò che Ada avrebbe dovuto aspettarsi, quanto di  più  inevitabile e reale. Giovanni   cominciò a diradare le sue telefonate e nel social  network rimaneva a lungo assente, forse  “ invisibile”.
Lei spediva email  , di tanto in  tanto,  con qualche  frase spiritosa, ma nessuna  risposta appariva nelle ore successive. Con il tempo il silenzio di  Giovanni  fu definitivo.
Allora  Ada scaricò dal suo computer  tutte le email    e le foto che in quei mesi  lui le aveva spedito,   foto che lo raffiguravano abbronzatissimo  al mare, o nella piazza della sua città, o durante una gita .  Ada  ne fece una cartellina,  vi schiacciò dentro la rosa brunastra oramai  essicata e ricompose il tutto  in un cassetto. Nell’ultimo cassetto del  grande comò , che era stato di sua madre.
La sera nel letto Ada sentiva la  folta matassa dei  suoi capelli scomposti avvolgerle la piccola  nuca, , si rannicchiava su se stessa, stringendosi  tra le braccia e si diceva “ non piangere Ada, non piangere,  non  ora”. Si addormentava che le lacrime erano  scese  rigandole di  sale la  pelle delle guance, lasciando  il senso profondo di  una scottatura.
 
Giovanni ad Ada  aveva pensato,  eccome se ci aveva pensato !  Non sapeva come liberarsene…a volte si malediva per  quanto s’era lasciato andare o fosse  stato insistente.  Riconosceva in cuor suo che aveva solo messo alla prova il proprio ego. Però s’era anche reso conto  che sedurre Ada, seppur  telematicamente,  era  stata una impresa sin troppo facile. Dopo averne  con astuzia  carpiti  i segreti ed anche un poco  riso alle  spalle di quella piccola donna  e delle sua sfortunata storia, ritenendo  lui  -  con particolare cortezza cerebrale  -  che il marito avesse  sicuramente una giovane amante,  Giovanni  s’era risoluto  a chiudere. E lo fece con la stessa repentina decisione con  cui mesi prima  “ s’era fatto persuaso”  di  smettere di fumare. Ossia dall’oggi al domani.
 
Adesso l’uomo  si trovava tra le mani questa  raccomandata   del  dottor  Barberis , la quale  solo per il fatto di portare un timbro di notaio, lo innervosiva non poco.  Quando poi ne apprese il contenuto, in fondo abbastanza sibillino, la diffidenza  ,  che gli era caratteriale e che nel  suo ambiente sociale gli era sempre stata utile a parare colpi mancini, si fece avanti. “ Se fosse  un’eredità , credo che  verrebbe  esplicitato….Eppoi  chi potrebbe avermi lasciato qualche cosa?  -  pensava   Giovanni – non conosco nessuno al Nord…Dice che mi si deve consegnare personalmente un  documento…saranno guai ?”.
Per quanto rigirasse  dentro di  sé la  questione,  non c’era modo di risolverla.  Giovanni si decise e telefonò allo studio del  notaio.  Malgrado le sue insistenze, non ci fu verso di strappare alla impiegata che  un  no,  per telefono non gli si poteva spiegare nulla, era una cosa riservatissima. Così’ pure  era  escluso che gli  si potesse spedire  alcunchè, anche con tutte le cautele possibili.
Giovanni chiuse la telefonata prima di sbottare in qualche irriguardosa frase sicula.  Ci avrebbe pensato…  e certo che ci avrebbe pensato!…non era in aria di soldi da poter sprecare cifre per un  viaggio al  nord.
Prese la  lettera   color paglierino del notaio e la infilò in un portacarte.
Assaporando l’aroma della sigaretta appena accesa,  Giovanni si  chiese “…E’ un  bel po’ che Ada non si fa sentire…”.
 
 
 
(segue quarta e ultima puntata)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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