Meditazioni sul niente. 6 | Prosa e racconti | Bruno Magnolfi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Meditazioni sul niente. 6

 
            Qualche tempo fa mi ero seduto ad un tavolo libero di un ristorante. Non avevo molto appetito, a dire il vero, però mi sembrava un preciso dovere quello di prendermi cura del mio organismo, e quindi cibarlo, fargli sentire quel senso di sazietà che a volte riempie quasi per intero tutta una giornata ordinaria. Non avevo mai messo piede dentro quel bel locale, se non parecchio tempo più addietro, però mi trovavo casualmente a passeggiare proprio lungo quella strada, e questo era stato il motivo che mi aveva spinto là dentro più di qualsiasi altra cosa: non tanto la curiosità, osservare le sale, gli arredi, e i menu, soprattutto; quanto la certezza di non essere riconosciuto da nessuno, né dai camerieri, e neppure da qualche barboso cliente. 
            Un uomo, su un lato dell’ampia sala, seduto su un alto seggiolino, suonava melodiosamente la sua chitarra, intrattenendo piacevolmente i tanti frequentatori del luogo, e molti di loro per questo se ne stavano quasi in silenzio, e se avevano qualcosa da dire ai commensali, lo facevano sottovoce, per non disturbare l’arte di quel musicista. Tutto appariva celebrato con garbo, il personale si muoveva tra i tavoli con grande professionalità, gli avventori cercavano di far tintinnare il meno possibile le loro posate su porcellane e bicchieri.
            Avevo notato una donna, quasi di fronte al mio tavolo, elegante nel portamento e nei modi, voltata appena di tre quarti nei miei confronti, ed appena mi ero seduto, quella aveva gettato un’occhiata proprio verso di me, appena per un attimo, a dire la verità, per poi andare a chiudere immediatamente le palpebre, e tornare subito dopo ad interessarsi soltanto del suo tavolo e delle altre due persone che erano sedute con lei. Mi pareva interessante la sua figura, ma non potevo certo insistere ad osservare ciò che faceva e soprattutto verso dove volgesse lo sguardo, così con immediatezza mi ero interessato soltanto del mio pranzo e di nient’altro.
            Mentre gustavo con calma ciò che mi era stato servito dal cameriere, sentivo poco a poco la musica dare perfetto coronamento a quel cibo squisito che avevo ordinato, tanto da trasportare ogni mio pensiero verso altri luoghi, fino a lasciarmi rivedere dentro la mente, come esempio di altrettanta grande armonia,  alcune verdi e ondulate colline nei pressi del mare, dove mi ero dovuto recare per ragioni di lavoro soltanto poche settimane più indietro. Il chitarrista aveva iniziato a cantare qualche vecchia canzone della tradizione italiana, e le sue parole mi avevano portato in giro per tutta la penisola, come se l’immaginazione avesse bisogno soltanto di un piccolo invito per poter allargare le ali.
            Il mio pranzo proseguiva così nella maniera migliore, e le portate si dimostravano tutte all’altezza di un ottimo locale, tanto da invogliarmi nel futuro a tornare altre volte e più spesso in quella strada e in quel luogo. Il chitarrista, poi, aveva terminato tra applausi scroscianti la sua esecuzione, ma non per questo il comportamento di tutti, e le loro conversazioni tra i tavoli, avevano variato di tono o adoprato maniere diverse: il clima rimaneva disteso, la tranquillità sembrava perfetta regina di tutta la sala.
            Tornai ad osservare di nuovo la signora che avevo di fronte, ma soltanto per accorgermi che, aiutata alle spalle, si era alzata da tavola, lasciando il ristorante insieme alle persone con cui si era accompagnata. Mi dispiaceva non averla osservata di più durante quel pranzo: adesso che la vedevo in tutta la sua persona mi pareva ancora più interessante di quando stava seduta, e così, quasi per riparare, ne ammiravo adesso il vestito, i gioielli, l’acconciatura dei lunghi capelli nero corvino. Ma quando era passata vicino al mio tavolo in direzione del cameriere che le stava aprendo la porta: arrivederci, mi disse, con un largo sorriso, lasciandomi assolutamente di sasso.
 
            Bruno Magnolfi    
 

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