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Il maestro sloveno

Questa è una storia  vera. Non tratta dal libro " Cuore". È una  storia ancora possibile, ai nostri  giorni. Lui... lo chiamerò Tomislav,  apparve  negli anni '90, in un  giorno qualsiasi  d'inverno, nella piazza cittadina.   È  un uomo grande e grosso, da sembrare un  boscaiolo, con una  barba nera  , folta, mal tagliata   addosso ad un viso arrossato. In quei giorni d'inverno indossava  un giaccone di colore  incerto, stazzonato.   Lo  sconosciuto  scelse un angolo della zona pedonale, vicino ad un giardinetto  e trasse fuori  da  uno zaino di cuoio   un piccolo pianoforte  di cartone e legno, un  registratore a pile, di cui in Italia si era persa la memoria da almeno dieci  anni, e due sagome  inerti:  due pupazzi  disarticolati,  ciascuno con una grande massa di capelli   fatta di   lana  grezza.
Nel  mezzo  del  via vai delle persone  , l'uomo   sistemò il pianino, accese il registratore dal quale si scatenò un rock'n'roll. Raccolse da terra un  pupazzo e ne allineò  ben bene dei  lunghi fili metallici che lo  tenevano collegato a due bastoncini  a forma di croce. Lo posizionò davanti al pianoforte  e incominciò a muoverlo.  Era una marionetta che in pochi attimi sembrò animata di vita propria.  L'uomo la manovrava con maestrìa e questa  cominciò a diventare in tutto e per tutto un pianista. Le braccia  scorrevano sulla tastiera  disegnata del piano e la  testa si scoteva tutta al  ritmo  indiavolato  di  Elvis Presley che  cantava Jailhouse  rock,  con voce  gracchiante.
Un po' per volta  ecco i  bambini, quasi  tutti  piccini,  di due  o quattro anni, avvicinarsi all'omone  Anche  gli adulti che   li accompagnavano restavano  incantati dalla bravura del  burattinaio.
Dopo il pianista, che, eseguito  il suo numero,  si afflosciava sulla  tastiera, arrivava la  soprano. Ossia  il secondo  pupazzo. Una marionetta che impersonava una grossa signora imparruccata, con occhi tondi come un mezzo uovo, spalancati su di un'iride blu,  con ciglia fluttuanti in panno  nero.  Quindi l'uomo cambiava  il  nastro ed ecco che la soprano gorgheggiava un pezzo de La Traviata,  gesticolando con le sue braccine appese ai fili. A fine esecuzione essa si  inchinava verso  il pubblico dei bambini, a mo' di ringraziamento.
Si seppe  poi  che l'uomo era  un maestro elementare, scappato dalla  ex Jugoslavia allo scoppio della  guerra civile. Più esattamente  veniva   dalla Slovenia ed  aveva imparato  il mestiere dei burattini dal padre. Come egli stesso  rispondeva in buon italiano a chi gli chiedeva chi mai egli fosse.
Oggi, dopo tanti anni,  tutti  nella piazza  sanno chi egli sia. Da tante stagioni  Tomislav,  con  i suoi  due  burattini  rabberciati e spesso  ricuciti,  diverte i  bambini più piccoli della città;   loro lo conoscono ed ogni pomeriggio lo aspettano nell'ora in cui egli arriva puntuale, ossia verso le 16. 00. Lo guardano in   rispettoso silenzio mentre  trae dallo zaino il pianino, i pupazzi, il registratore.
Appena  il pianista dai  capelli di lana si scatena al ritmo della musica  ( sempre quella, da anni), tutti  i bambini  si mettono a ballare, qualcuno ancora con addosso il grembiule della scuola materna.
Ultimamente  il maestro ha anche ampliato le sue attrazioni. L'uomo  gonfia palloncini tubolari, lunghi  come salsicciotti, di vari colori e li attorciglia, dando forma a strani animali.  I bambini  impazziscono di gioia  nel  verderlo manipolare i palloncini   che,   uno alla volta,  egli  distribuisce sorridente.  " A me il gatto... a me il cane... No no, il cane a me!!  "  si sentono le  voci attorno.
Adesso la barba  s'è ingrigita, ma egli resta un  boscaiolo. Capita  che  il barista,  che sta vicino al  suo angolo preferito,  lo chiami dentro al bar per offrirgli  il caffè  o un cappuccino. Ma non per elemosina!  Eh no... il maestro  ha di che pagare  perché tutti quelli che si fermano ad ammirare i  suoi burattini lasciano qualche moneta e scambiano due parole con  lui.

 
Sere  fa mi è  capitato di  trovare lo sloveno  al supermercato. Faceva la  spesa, scegliendo la frutta dal bancone.   Portava a tracolla lo  zaino da montanaro e dalla parte superiore, non del tutto  chiusa,  sbucava la capigliatura lanosa del  suo pianista.  Forse  se mi avvicinavo con discrezione, avrei potuto udire le  due marionette  bisbigliare tra di loro...

 

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