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Ascolto il rumore della terra che gira

“Venti secondi di luce fioca

sulle spalle di un fuori scena.”

  

E poi che vuol dire

se mi vedi sempre dolce

non è detto che sia priva

della parte più amara

e se mi esce l’arroganza

dalla bocca che succhia piacere

non fonderti nel bronzo

non guardare la pelle a graffi

nell’ iperattività, in questa mia

disarmonia

non riesco a sopportare quel posapiano

che è l’agonia

nei germogli dei limoni

murati

in una ragnatela abbandonata.

     

Ci sono alberi che sanguinano

sotto ai capelli profumati

d’eucalipto

- un viale di feriti -

e le mura della stanza

dove mi sbottono e arruffo i tratti

a volte sudano.

Gocce che nascono

dai nervi tesi

su una fronte aperta.

Mi svegli con la mano

ma non ho più voglia d’ascoltare

non ho più voglia neanche di dire

e tutte queste spinte dove cade la sera

dove prendi le sembianze di un addio

chiudono il silenzio delle mie croci

che strusciano sulle cosce rigate

e colano di odore e della glassa che resta

mentre sale la paura di mancare

al tremolìo del prossimo inverno.

Mi gonfio d’abbandono e scrivo.

I tuoi occhi sono sempre più ghiacci

e io, con la lingua in terra

non so più dove andare a bere.

Ascolto il rumore della terra che gira:

l’estinzione è di nuovo musica.

 

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