L'amore vince la morte - 5, 6 e 7 | Prosa e racconti | Reds | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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L'amore vince la morte - 5, 6 e 7

5.
 
   E da allora ogni tanto lo chiamava, Matteo, come se fosse un angelo custode. E lui prontamente arrivava e la ricopriva dell'oro che poteva concederle: l'oro della pace, l'oro della calma, l'oro della serena fiducia: nella vita...e nella morte.
   Lei gioiva sempre a quei suoi arrivi e ogni volta riprovava lo stato d’animo di eccitante curiosità che aveva provato la prima volta. Poi si calmava e si riempiva di nuovo di quella dolce, incontenibile energia.   
 
   Un giorno, captando nel flusso dei pensieri degli aspettanti, Matteo seppe che, volendo, poteva entrare nei sogni dei vivi. Che poteva comunicare con loro, partecipando come personaggio alle loro trame  oniriche. Poteva addirittura idearle, quelle trame, e quindi decidere lui in che modo coinvolgere e influenzare le menti dei sognatori.
   Quella scoperta lo entusiasmò. Si rese conto del perché gli antichi erano convinti che i morti (o gli dei) parlassero agli uomini attraverso i sogni. Capì che nei sogni anche i vivi diventano “puro pensiero”, ed entrando nella stessa dimensione in cui si trovano le anime senza più corpo, possono comunicare con loro.
   Affascinato da quella possibilità, Matteo decise di entrare in un sogno di Francesca. Voleva regalarle delle emozioni positive, farle provare sensazioni di felicità, che lasciassero un segno profondo nella sua anima anche quando si sarebbe svegliata. E dopo aver pensato in che modo poteva farlo, quale trama poteva inventare per lei, si preparò a compiere per la prima volta quella insolita e affascinante operazione, così letteraria, così poetica...
   Decise di riagganciarsi alla visita di Francesca sulla sua tomba e di entrare nel sogno con la sua immagine di quarantenne. Le fece sognare una cena con lui al ristorante, in cui si creava la stessa atmosfera idilliaca che si era creata nei loro incontri in ospedale, ma in un ambiente più allegro e carino…
   Nel sogno erano entrambi sciolti ed euforici, come se fossero in una commedia d’amore americana riuscita, di quelle in cui tutto scorre liscio e spedito e i due protagonisti si sentono in perfetta sintonia erotica e sentimentale.
   Ad un certo punto Matteo stringeva la sua mano che era appoggiata sul tavolino e proprio in quel momento Francesca si svegliò.
   Mentre ancora insonnolita ripensava a quella cenetta, si meravigliò di quanto si era sentita felice, e di quanto, nel sogno, aveva desiderato che lui dopo quel gesto così romantico, finalmente la baciasse.
   Si stirò come una gatta nel suo letto, resa beata da quelle sensazioni, e quando si alzò, fu assalita da un'ondata di ottimismo irrefrenabile. Si sentì forte, e “baciata dagli dei”, come sempre accade quando ci si sveglia dopo aver fatto un sogno bellissimo.
 
   Anche tutta quella giornata fu euforica per lei. Sentiva l’anima piena di una pace energica, che la spingeva a fare tutto benissimo, e le indorava sempre qualsiasi  pillola, anche la più brutta, anche la più amara… E quando la notte tornò a letto, sperò di rifare quel sogno, di andare avanti magari in quella stessa, dolcissima trama.
   Ma Matteo quella notte non rientrò nei suoi sogni e non lo fece neanche nei giorni successivi. Aveva tante altre cose su cui concentrasi, e come sempre succede nell'aldilà, si perdeva continuamente in pensieri e stati d’animo misteriosi, che lo rapivano e lo trascinavano in dimensioni ineffabili.
   Oltretutto sapeva che non poteva pensare solo a lei, che faceva parte delle regole il poterla gratificare solo ogni tanto. Anche perché così, tra l’altro, lei avrebbe gustato in pieno, come angelici regali, le notti in cui lui avrebbe di nuovo costruito la trama di qualche suo sogno.
 
   La sensazione di euforia e di pace si attenuò dunque in Francesca, man mano che i giorni passavano. Ma come succede in ogni amore che si rispetti, man mano che passavano i giorni, aumentava anche la voglia di ritrovare la “presenza dell’amato”.
   E una settimana dopo, quando lui decise di rientrare nei suoi sogni, Francesca si emozionò come una bambina. Appena sentì di nuovo la presenza di Matteo, che questa volta non aveva faccia né corpo, ma era solo una presenza evanescente, riprovò quello stato di totale calma paradisiaca che aveva provato la volta precedente. E si lasciò andare curiosa a quello che lui stava inventando per lei.
   Questa volta sognò di dormire seminuda sul letto. Sognò che mentre lei dormiva, Matteo la accarezzava piano, con dolcezza e maestria, donandole un piacere immenso e crescente. Lui non si vedeva, ma si sentiva, anche fisicamente. Lei si abbandonava del tutto a quelle carezze e alla fine cominciava ad eccitarsi, in modo semplice e naturale, come mai si era eccitata in vita sua…
   Fece un sogno bagnato, insomma, bagnatissimo, e quando si svegliò si sentì impregnata di lui. Si sentì avvolta, inzuppata, risucchiata dalla sua presenza... Tanto che la sera di quel giorno non poté non tornare sulla sua tomba; gli  portò altre rose, stavolta rosse, si inginocchiò davanti alla sua foto e la baciò.
 
 
6.
 
   Dopo quel sogno Francesca si sentì quasi innamorata di quel pensiero. Il pensiero di Matteo la placava, la tranquillizzava, ma nello stesso tempo la stimolava e la euforizzava in maniera molto strana.   
   L'idea di essere a contatto con un morto, tra l'altro, la eccitava anche, e le faceva vivere quella specie di amore come un mistero insondabile, come una fonte continua di imprevedibili novità. Provò dunque emozioni ancora più forti di quelle che si provano negli amori “normali”, e oltretutto emozioni senza ansie, e senza paure…
   Anche il resto della sua vita scorreva liscissimo. Tutto sembrava risolto in lei, aveva sempre a portata di mano quella che gli uomini chiamano "fortuna" e che, in termini assoluti, è solo l'assenza di ansia, che  permette di fare tutto con calma e quindi di ottenere sempre i risultati migliori.   
   Viveva le sue due vite senza contraddizioni. Con i vivi era quella di prima, solo un po' più forte e sicura di sé; e nella sua anima, come in un mondo separato, si gustava quell'unione mistica, che era qualcosa di inspiegabile e di irraccontabile.
 
   Per lei quella specie di incontro amoroso durò circa tre mesi. Per Matteo fu invece un attimo, o un secolo. Insomma: un tempo del tutto indefinito. Anche perché per lui il contatto con Francesca era davvero solo un gioco; un gioco sublime, ma solo un gioco. Il suo vero pensiero era per quello che doveva succedergli lì, nell'aldilà. La fonte massima delle sue emozioni era l'attesa, l'attesa di quello che sarebbe avvenuto quando la sua permanenza nel mondo degli "aspettanti" sarebbe finita.
   Aveva sentito voci, nel flusso dell'energia, che parlavano di un nuovo risucchio, improvviso. Che avrebbe annullato per sempre e del tutto anche quel misero rimasuglio dell' "io" che è il pensiero individuale. E l'attesa di quella epifania trasfigurante lo impegnava e lo stimolava tantissimo; talmente tanto che quel “gioco” con Francesca diveniva per lui una cosa davvero molto secondaria.
   Infatti entrava sempre meno nei suoi sogni e solo ogni tanto si faceva sentire nel suo pensiero. Si stava sempre più staccando dalla vita insomma, e si preparava a quel nuovo, irreversibile passaggio, che lui si immaginava come forte e imprevedibilmente travolgente.
 
   E Francesca sentiva questo suo distacco, questo suo essere con lei, ma essere anche lontanissimo, irraggiungibile. Sentiva lo stato superiore e indefinibile in cui lui si trovava rispetto a lei. E se questo da una parte le faceva superare d'un botto la paura della morte - in quanto sentiva che lui stava bene ed aveva una forza smisurata da donare - dall’altra la faceva soffrire, perché sentiva che lui non era coinvolto quanto lei in quel gioco celestiale.
   Spesso quindi lo implorava, lo pregava come si prega un santo: di non dimenticarla, di non  abbandonarla, di continuare a venire ogni tanto a trovarla, mentre era sveglia o mentre dormiva... E lui, sentendo quei suoi pensieri di dolore, si commuoveva e non poteva non correre da lei, per tranquillizzarla e per rassicurarla. Le faceva pensare che lui le sarebbe stato accanto per tutta la sua vita, che aveva tempissimo di fare tutto, e che per lui la durata di una vita umana era corta come un istante, e in quell'istante poteva davvero dedicarsi del tutto solo a lei.
   «Quando poi morirai - le faceva pensare - allora magari ci rincontreremo veramente, alla pari, e chissà, forse in qualche modo potremo anche abbracciarci...»    
   « Vedrai - le faceva pensare - E' bellissimo quello che succede dopo la morte. Io non posso descrivertelo, perché è proibito, ma tu non ti immagini neanche come si sta bene quassù...
 
 
7.
 
   Venne il momento del "grande risucchio" però, anche per Matteo Carli, il momento dell'abbandono totale dell' "io", il momento in cui devi sparire completamente e annullarti nel “Tutto indistinto”. E Matteo non ebbe neanche il tempo di salutare Francesca.
   Ad un certo punto lei non lo sentì più. Aspettò dei giorni senza drammatizzare, sicura che all'improvviso lo avrebbe risentito, o lo avrebbe ancora sognato, ma lui non arrivava, e niente più segnalava la sua presenza.
   Allora Francesca cominciò ad implorarlo, a pregarlo, con un’ intensità di pensiero totale, allo scopo di riuscire almeno ad impietosirlo. Alla fine, vedendo che lui non tornava, andò anche sulla sua tomba, si inginocchiò e in lacrime gli chiese di farsi sentire almeno un'altra volta, di toglierle almeno il dubbio terribile che quello che aveva provato in quei mesi fosse soltanto una sua illusione, una sua suggestione.
   Ma a lui non arrivava più il suo pensiero. Era sparito ora, annullato nell'estasi divina, impersonificato in un'entità universale che era il "Sacro Corpo di Dio". Era solo una piccolissima parte di un'entità superiore ora, e non aveva più nessuna possibilità di distinguersi da essa.
   Ora non sentiva più niente: né flussi di pensieri nell’aldilà, né flussi di pensieri dalla vita; e non sentiva più nemmeno i suoi, di pensieri. Ora Matteo Carli non c'era proprio più e lo spazio della sua presenza nell'equilibrio dell'energia universale doveva essere riempito da qualcun altro.
 
   Ma Francesca soffriva. La perdita dello stato di grazia in cui aveva vissuto durante quei mesi le faceva sentire, moltiplicatissimo, il peso del normale stato di continua ansia in cui vivono comunemente gli uomini.   
   Cercava in tutti i modi, anche da sola, di ritrovare quello stato di pace che la presenza di Matteo le aveva fatto provare. Pensava all’aldilà, cercava di superare la paura della morte come lui le aveva in qualche modo consigliato di fare, ma non ci riusciva mai del tutto. Ogni tanto ripiombava in quel guazzabuglio di pensieri, ansie e paure che caratterizza la vita di tutti i vivi. E allora si metteva di nuovo a pregare Matteo, a fare addirittura delle cerimonie per invocarlo, come se fosse un santo, appunto, come se fosse un Dio. E siccome non riusciva più a sentirlo, in nessun modo, soffriva, soffriva, soffriva…
 
   Tutta quella sofferenza faceva un grande rumore nell’al di là. Per cui qualcosa di grande si mosse nell’equilibrio universale e l'anima di Matteo fu chiamata, molto più presto del solito, alla reincarnazione.
   Di solito passano secoli del tempo della vita degli uomini, prima che un’anima si reincarni. L'immersione nel "Tutto indistinto" deve cancellare anche i ricordi più ancestrali e profondi della prima individuazione. E solo dopo, diciamo quando è stata del tutto "depurata", un’anima può tornare a vivere in un nuovo corpo. Ma il flusso così forte dell'energia di Francesca aveva prodotto sconquasso lassù, e causato una delle rare eccezioni alle regole che ogni tanto  vengono ammesse.
   L’anima di Matteo fu richiamata dunque alla sua identità, tornò a “sentirsi”, tornò a pensarsi… E tornò a sentire come entità astratta e lontana quel “Tutto indistinto” di cui era stata per qualche tempo una semplice, infinitesimale particella.
 
   E appena fu tornata un'identità definita, l’anima di Matteo si sentì immediatamente immersa in un nuova dimensione celeste: il mondo dei "ritornanti". Lì trovò altre anime ri-identificate, che si preparavano alla nuova incarnazione, e trovò anche molta agitazione.
   Sentì di nuovo il rumore sordo della contraddizione, del dubbio, dell'incertezza… E dopo quel tempo indefinito di calma assoluta provato da quando era entrato nell'aldilà, stette veramente male. Si ricordò l'atmosfera che esiste sulla terra, con quel mix continuo di desideri e di insoddisfazioni che fa agitare gli uomini a vuoto, che li fa passare da un desiderio all'altro, senza mai far trovare loro una vera pace da soddisfazione raggiunta. Sentì addirittura risuonare dentro di sé, molto vagamente, la frase di una vecchia canzone, ricordo del suo primo "io": "I can get no...satisfaction..." e si chiese se a quel punto poteva ancora tornare indietro, riannullarsi tranquillo nella pancia immensa di Dio...
   Ma appena fece quel pensiero, sentì una scossa forte e capì che ormai gli era proibito tornare indietro. Francesca lo chiamava troppo, lo desiderava troppo, e per ripristinare lo sfalsamento di energia che la sua assenza aveva prodotto, era obbligato a tornare al più presto nella vita.
   Allora si rassegnò. E quando ebbe accettato il suo nuovo destino, visse con meno angoscia tutta l'agitazione che sentiva lì dentro, nella sua nuova sede. Cominciò ad ambientarsi e sentì nascere dentro di sé un nuovo stato d’animo, caratterizzato da una stratosferica ed eccitante curiosità:
    « Come avveniva il ritorno? Quale corpo avrebbe preso? E in quale epoca sarebbe rinato? Avrebbe rincontrato subito Francesca, magari lui bambino e lei già donna matura, o avrebbe dovuto aspettare anni ed anni, incontrandola magari da vecchia? »
   Queste incognite, queste possibilità, erano così stimolanti che procurarono all'anima di Matteo una fortissima emozione. Un'emozione agitata, d'accordo, e non placida e serena come quelle che aveva provato quando era ancora nel mondo degli "aspettanti", ma un'emozione fortissima, più forte di gran lunga di tutte quelle che aveva provato quando era ancora in vita.
    « Allora non sarebbe stato più bello e più puro - si chiese in un ultimo momento di perplessità - rincontrarci nell'aldilà?... Incontrarsi alla pari, solo come anime, con il flusso reciproco di pensieri? » 
   Ma a quell’ultima domanda nessuno rispose, per cui lui si rimise lì buono, cercando di ritrovare in qualche modo la calma che aveva perduto, ma che gli era rimasta impressa definitivamente nell’anima come stato assoluto di pace; quella che nella metafora cristiana viene appunto chiamata “pace eterna”.
 
 continua...
 
 
 
 
 
 

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