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Singulti di gioia

Un tempo la mia vita era costretta tra i punti estremi ed opposti di un segmento. Un orizzonte concluso che produceva tristezza.
 
 Mi recai a Modena intento a seguire delle lezioni magistrali in occasione del festival della filosofia. Quell’anno si parlava di Fortuna. L’attenzione era puntata sulla piazza centrale, sotto la Ghirlandina, dove, a richiamare tanta gente, me compreso, era l’annunciato intervento di Baumann, il filosofo della “Società liquida”. Il tempo era instabile, deboli rovesci si alternavano a schiarite. Baumann esordì agganciandosi all’incertezza del tempo per delineare una distinzione tra forze maggiori ed ambito di intervento umano. Alla fine della lezione pensai che Baumann campava di rendita, grazie al lampo che aveva avuto sulla “Società liquida”. Quindi mi spostai nella piazzetta attigua dove era allestito un tendone con sedie schierate.Presi posto in una tempesta di ormoni di vocianti scolaresche per assistere alla lezione del professore Giovanni  Reale. Quell’omone basettoni ottocenteschi fu puntuale. Parlò di Platone e, in particolare, del mito di Er. Er, guerriero morto in battaglia, si ridestò dal sonno eterno e raccontò di quanto aveva visto nell’aldilà. Raccontò ciò che tutti sappiamo prima di abbeverarci nel Lete:
immortalità dell’anima;
responsabilità individuale nel proprio destino.
-Ecco,- concluse l’ottocentesco professore, -la Fortuna non esiste!-.
 
Sulle strade dell’infanzia del Cammino
vestivo di presunzione di innocenza,
vittima del sortilegio della vita,
pulcino Calimero o Paperino,
dicevo:-me misero, me tapino!-.
Lavati gli abiti dell’innocenza
con umile cenere ed acqua bollente,
sfegata ogni macchia d’albagìa,
riprendo il comando della vita mia,
canto:- quel che sono, l’ho voluto io-.
T’ho inseguita fino a stare su un albero,
barattando le sveglie della civiltà con un gallo,
libertà, mio vessillo, mio cavallo,
l’ultima corsa a sprezzo della gravità,
fendere il cielo direzione eternità.   
       
Vedrò aprirsi il cielo come un sipario sul teatro della vita,
vedrò il sorriso sull’ultima lacrima come su una perla;
vedrò spezzarsi la catena immonda restituirmi all’etere;
vedrò la fiamma blu spegnersi nel gran barbaglio.

Sarà una notte.
Ci saranno stelle ma nessuna più bella di noi.
Attraverseremo il guado senza voltarci.
La sponda nuova avrà ghirlande nel salutarci.

Ora sono
Quel viaggiatore senza valigia,
ora sono
quegli occhi senza volto.

Tra sterpi e sassi
Tu puoi sfidare una montagna
mirando alla cima più alta ma…
se non conosci te stesso,
chi avrai portato lassù?
E, se non conosci te stesso,
quando imbraccerai il timone della tua anima
che ti scarrozza nei pensieri e nel mondo?
E, soprattutto, se non conosci te stesso,

quando intuirai di essere una entità spirituale
e che, senza lo spirito,l’anima e il mondo sono vuoti?
Ecco, quando conosci te stesso,
tu ti riconosci come spirito,
e non puoi più morire
perché quella è la sua prerogativa.      
 

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