sid liscious book 5 | Lingua italiana | sid liscious | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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sid liscious book 5

Il quarantunesimo estratto
 
( "Il quantico di natale" coro amaro a due voci )
 
È natale un'altra volta, Cricio.
Non c'è niente da fare.
Impossibile d'evitare.
Oramai è una questione quantistica.
Si sente nell'aria.
La predisposizione di tutti converge su determinate tematiche e cambia la normale percezione.
Fatto stratosferico a mio avviso.
Questa è una festività che ha molto da insegnare, Cricio.
No no non Gesù, la Maria, il bue, l'asinello eccetera eccetera. Quelli oramai dovrebbero semmai essere la scusa per capire.
Sì può fare veramente intendo.
Qui davanti abbiamo la prova concreta di quanto, agendo uniti, possiamo intervenire sull'ambiente ed il tipo d'ambientazione.
«Come intervenire, Cappo?».
Insinuandoci fra gli elementi dell'ingranaggio, Cricio.
Andando ad ingrassare dove stride.
O forse perfino facendo ruotare l'insieme con i nostri sogni, Cricio.
L'unione mentale fra individui è un'arma, Cricio.
Io ne sono convinto.
E lei è viva, Cricio.
Va vagando in cerca di stati personali sintonizzati concentrici e, indipendentemente dal fatto le persone si conoscano o meno, riesce a scovarli, ed unirli, e dopo via ancora insieme ad incollare pari intenti e...
Ed allorché gli elementi agglomerati diventano assai assai e prendono coesione impossibile ma... 
Ma spostano l'atmosfera, Cricio.
Spostano l'atmosfera.
Ne cambiano gli equilibri tra i vari componenti e se necessario la rivoltano pure su sé stessa.
«Peccato gli individui vadano, ciecamente, per i cavoli propri e non combattano mai totalmente le battaglie causa...
Causa presunti bisogni che nascondono privilegi cui non s'è disposti a rinunciare, vero Cappo?».
Peccato sì, Cricio, e peccato soprattutto non avere armi contro codesta tendenza, che io però chiamo malattia.
Trascorrono i millenni e siamo sempre meglio divisi.
E nessuno sa che fare ovviamente bensì tranquillo, Cricio, ora sono arrivato io.
Lo che sa esattamente cosa non fare, Cricio.
«E cosa non facciamo, Cappo?».
Una volta sono andato al natale degli sfigati, Cricio.
L'avevano organizzato i senza tetto, gli sbandati, i drogati, d'una mensa pubblica patrocinata da un'associazione caritatevole.
E l'avevano denominato così di persona, non è una mia presa in giro.
Ed avevano fatto le robe in grande, Cricio. 
Striscione di benvenuto, cenone ricco, buon vino e scenografica vestizione del sotto cavalcavia.
Veli e tende e fuochi a ricreare intimità, in cui ognuno poteva inserire il contributo desiderato.
Ed erano arrivati addobbi impensabili, Cricio, ed un invitato apparve con un albero di natale particolarissimo, Cricio.
Dovresti averlo visto.
Un piccolo ciccione e sgangherato pino, di cartapesta, color verde variegato, alto un metro e retto su piedi calzanti stivaletto rosso, dai cui fianchi, del pino intendo, un po' dopo la mezz'altezza dipartivano due striminzite braccia che, mostrando inadeguatezza infinita, tentavano di reggere, di scheletriche mani e nulli muscoli, l'unica decorazione prevista, Cricio.
Un'enorme pesantissima palla fosforescente.
Tre metri e venti di diametro, Cricio, ed incollata in equilibrio perpendicolare appena sopra la punta.
«Simpatico, Cappo. 
Un artista?».
Te lo ripeto dovresti averlo visto.
Il corpo dell'albero stava praticamente pressato al limite dello schiacciamento e da un attimo all'altro pensavi avrebbe fatto la fine di caldo budino versato sul piano. 
I tronchetti fungenti da gambette mimavano aperta e chiusa parentesi tonda ed il tipo, non contento, aveva messo inoltre degli occhi ed una bocca, peraltro piazzati benissimo, estremamente sofferenti.
«Una rappresentazione sarcastica della situazione dei festaioli, Cappo?».
Sì, Cricio, e quindi di ciò che non si deve fare, Cricio.
Assolversi con auto ironia.
La panacea dei problemi più demente, insulsa ed insensata che ci sia.
 
Il quarantaduesimo estratto
 
( "Pesce pazzo" di Cristoforo colui che spesso rimaneva fulminato )
 
Sono andato con i miei bambini a comperare un pesce rosso.
Bel negozio.
Ampio e tanti pesci.
Tanti pesci.
Il commesso è stato gentile.
Gliel'ha fatto scegliere fra centinaia e centinaia che scodinzolavano per una grande vasca.
Gliel'ha estratto delicatamente con una retina e gliel'ha consegnato dentro un sacchetto di plastica.
Riempito d'acqua naturalmente, il sacchetto.
Ora ci serve una bolla ho detto.
«Da questa parte» m'ha invitato sorridente.
Eccole qua.
Boia!
Ci sono rimasto male.
Io pensavo ad una di quelle finto vetro rotonde possibilmente non piccolissima ma...
Ma ce n'erano solamente di quadrate o rettangolari.
Con angoli interni e spigoli esterni pronunciati.
Ne vorrei una di sferica se non le spiace.
«Impossibile!» m'ha risposto.
«Sono state tolte dalla produzione».
E per quale motivo?
«I pesci dentro a forza di girare in tondo diventavano matti.
Perdevano proprio la testa e morivano fra mille sofferenze.
Con queste invece non succede».
Dobbiamo...
Dobbiamo stare fermi il più possibile ho intimato subito ai miei bambini e muoverci unicamente per motivazioni assolutamente necessarie.
Ora ho capito tantissime cose e mi sono chiari molti, molti, moltissimi, perché.
Dio s'è sbagliato un'altra volta.
Ci ha messo sopra una terra rotonda ed a ronzare in tondo per un'atmosfera tonda.
Che orrore.
Ti credo che stanziali erano normali gli uomini.
Ora che si spostano velocissimi invece mi pare evidente il motivo per cui fanno la fine dei poveri pesci.
Meglio se paghiamo e andiamo piano piano a casa e ci rimaniamo.
L'ho sempre detto c'è qualcosa di strano nel movimento circolare.
L'ho sempre detto.
 
Il quarantatreesimo estratto
 
( È il momento di doppio Koba che congetturando morde )
 
L'antica chiesetta isolata in collina che parla nonostante sia muta
 
Fruscii, cinguettii e rombi d'insetti in volo passano mixati e re mixati dal vento.
Da un vento oggi piuttosto sostenuto e decisamente evocativo.
Così la piccola pineta gli dona liberi aghi vecchi, resinosi aromi e pesanti pigne.
La margherita qualche petalo ed il passero delle piume credo oramai inutili.
Tutto favoloso, allora pure i miei occhi si fanno portare da lui più dentro la trasparenza e perfino i piedi nudi gli affidano volentieri i loro pori aperti.
Intanto... 
Intanto il chiaro fiore color di panna dell'acacia vi si lascia cadere maturo, per incontrare la cavolaia di passaggio, al che, volando insieme nelle sue folate, mostrano ignari dei meravigliosi contrasti di verde agitati sul costone offertosi da sfondo.
L'antica chiesetta, chissà perché a suo tempo edificata un tot staccata dal campanile, l'antica chiesetta, nonostante ci provi, invece non ha proprio nulla da donargli.
Si nota benissimo.
Anzi le riesce solamente di fargli da ostacolo, dunque palesemente non riesce a ritagliarsi un ruolo.
A partecipare armoniosa in codesta immensa sintonia.
E per questo si presenta triste e stinta e ne sono certo, sempre per questo, lei capisce bene quanto fu imposta maleducatamente quindi vedo... 
Vedo intelligentemente, ma pure con invidiabile dignità direi, si sta sgretolando con delle lunghe crepe sui muri.
Si sta corrodendo con della ruggine nei sostegni di ferro e...
E si sta abbattendo con delle tarme nelle travi di legno.
Possibile solo lei abbia capito tutto?
 
La prima Pasqua della storia
 
Quando Adamo vide Eva con la mutanda di fico la portò immediatamente dallo psicologo.
Questi l'esaminò e presto dotto e forbito sentenziò.
«Non preoccuparti!
Prima era cruda.
Ora di disobbedito ha maturato il senso del proibito.
Nulla di grave. 
Stai sereno e rilassati».
Pensoso e stupito il primo uomo quindi se ne andò diremo rinfrancato ma... 
Ma pure un tot rattristito.
Ne ho appena spazzato uno in mezzo alla foglia che...
Che mi ritrovo subito con un altro mito dietro la foglia.
Pensava infatti sbalordito.
L'erudito che già leggeva oltre lo scritto allora gli urlò.
«Tranquillo, da adesso in avanti dovrai unicamente accettare che il consentito venga ridistribuito.
Mio caro.
È finita la pacchia».
Adamo però a questo punto non ce la fece più e reagì d'acchito.
Ritornò sui suoi passi e con una violenta sberla staccò di netto la testa al tipo ed in seguito la prese e la pose giusto nel posto della mela mancante sull'albero antico.
Poi...
Poi rivolgendo la faccia al cielo disse signore.
Signore forse prima non avevo ben capito ed hai avuto ragione nel farmelo notare.
Se non che ora mi sono premunito di ridarti il frutto del frutto proibito.
Ritornami perciò originale per favore la meravigliosa creatura che per completarmi avevi intuito e...
E dopo sì che potremmo di nuovo in amicizia augurarci vicendevolmente buona resurrezione e...
E buon "appetito". 
 
Il quarantaquattresimo estratto
 
( "Down sugar" di Staffa lo che la reggerebbe all'infinito  )
 
La prima pera del mattino è difficile cazzo.
Mi sveglio ogni giorno che l'astinenza peggiora via via gli incubi.
Oggi stavo con una che mentre gliela leccavo, iper lubrificata,  s'infilava le dita a gruppi di cinque nel culo e rilasciava di per cui diciamo dei venticelli.
Madonna che puzza.
Porca vacca dico io non puoi aspettare che tiri via il naso?
Comunque fa niente.
Tremo tutto puttana bestia ed i brividi sembrano delle formula uno lanciate a mille lungo i circuiti dei miei nervi.
Mettere la roba nel cucchiaio un disastro, aggiungere acqua ed acido citrico una tragedia, scaldare un terremoto, filtrare uno tsunami e... 
E trovare la vena un rebus da risolvere velocemente assai.
Sì i bubboni neri dei precedenti tentativi falliti non m'aiutano certo ed ovvio con il tempo si sono ritirati e raggrinziti i tubi del mio sangue.
Comunque wow previo una decina di tentativi sembra ci sono.
Un rosso denso e cupo risale l'ocra scura.
Quasi si confonde e di sicuro l'occhio velato non m'aiuta, bensì credo posso sparare.
Lo stantuffo scende deciso.
Meno tempo impiego ad iniettare meno tempo in questo stato dovrò sostare.
Urca, urca, urca cosa sono questi spilli in testa?
E cos'è... 
Cos'è che m'intirizzisce il braccio intero?
Aaaaah non l'ho beccata per niente la vena a giudicare dal dolore allucinante.
Cazzo non finiscono più. 
La crapa stavolta si sventrerà e l'ematoma mi bloccherà il gomito per una settimana.
No no.
No dai... 
Dai sta passando.
Probabile ho beccato un'arteria e dunque la direttissima.
Ed un grammo per direttissima è un grammo per direttissima.
Passo dal bagno.
Normale una buona dose intenerisce un minimo la mia pesante stitichezza cronica.
Paula dorme ancora.
Che scarica ragazzi.
Il bidet è rotto e non c'è carta.
Fortuna il negro ha lasciato i volantini con gli sconti e le offerte dei supermercati nella cassetta della posta.
Preparo un caffé.
Anzi preparerei un caffè avendolo e potendolo cuocere sulla montagna di bollette non pagate.
Sulle relative sollecitazioni e sugli ingiunti di sfratto, visto che il gas è tagliato
Ok le sciolgo uno schizzo e la sveglio e dato ci sono mi permetto un richiamino.
Mai negarsi un richiamino.
Amore?
Amore se vuoi è tutto pronto.
«Oh grazie» mi risponde aprendo gli occhi e scostando la coperta.
Ma... 
Ma cazzo Paula sei tutta piena di sangue ed hai macchiato il materasso.
«Ah sì non preoccuparti lo sapevo.
Lo sapevo che stanotte mi sarebbero venute.
Non guardarmi così.
Me ne sono dimenticata.
Passa qua».
T'aiuto?
«Bastardo!
Bastardo, bastardo, bastardo.
Ti sei già fatto e non m'hai svegliata.
Sei un figlio di troia.
Buona però, dove e come l'hai beccata?».
Ieri sera giù sulla quarantaduesima.
«Con questo freddo ti sei sorbito tutta quella strada?».
Con in tasca la tredicesima scippata alla vecchia volavo.
«Vieni qui.
Non ne hai voglia?».
Sempre con te lo sai.
«Ed allora fottimi, fottimi, fottimi, fottimi».
Boia che storia.
Sei perennemente mitica.
M'hai spruzzato mestruo dappertutto.
L'acqua s'è ghiacciata e non esce e non possiamo ripulirci ed è meglio se m'affretto a comperarti i tampax, che intanto passo dal centro assistenza per il metadone e procuro delle siringhe nuove.
Che la mia oramai ha l'ago ridotto in chiodo ed è una settimana che combatte con i calli lasciati dai suoi predecessori.
Ciao ci vediamo.
«Sì sì io dormo ancora e quando mi sveglio fammi trovare pronto un bis, che magari mi viene voglia di pulire e togliere questa puzza infinita».
Vai nel divano.
«No tanto sporcherei pure lì sul lercio».
Ciao.
Infilo la porta.
Accendo una sigaretta.
Inciampo.
Guardo e vedo...
Vedo che Marcos non è riuscito ad inserire la chiave nel buco nemmeno stanotte e s'è sdraiato, previo dell'abbondante vomito, sul tappeto.
Anche se tappeto probabilmente è esagerato.
Chiudo i bottoni di pantaloni e cappotto.
Sono pieni di buchi e macchie se non che la decenza innanzitutto.
Respira peraltro il Marcos cotto. 
Tutto tranquillo pertanto lo posso lasciare dove sta.
Ecco ancora un paio di calci a lattine e scatole vuote, e scatoloni di traslochi mai terminati, per farmi largo scalino su scalino e sono in strada.
Cazzo aria sporca.
Acre.
Intossicata.
E cielo pieno di scie chimiche.
E traffico tossico e...
E mi piace.
Mi piace il paesaggio.
Mi piace e mi fa territorio perfetto del mio modo di vivere e musica consona per il tipo di canzone che vado interpretando e lo crediate o no uno, cosciente di sé, può anche trovarle parecchio consolanti, ed opportune, delle particolari situazioni ambientali.
Parecchio.
Parecchio.
Parecchio.
 
Il quarantacinquesimo estratto
 
( "Il poema degli alti fondi" di Sissy la signora nuda di linguaggio e cotta come una particola )
 
Bassi fondali.
Grattacieli.
Grattacieli e bassi fondali.
Puttane e squali.
Froci.
Froci, squali e puttane.
Un toro sventrato.
Sangue e corna. 
Orecchie ed alluci.
Unghie lucenti.
Rossetti splendenti.
Parrucche roventi.
Ed una giraffa bruciata.
E la cadillac.
Continuo?
Va bene va bene continuo.
La tossica negra.
Lo spacciatore cinese.
Il garzone cingalese.
E grappa e canne.
E canne e grappa.
E glande su clitoride e peli di palle su sfintere e scroto su lingua.
Una birra d'asporto?
Come no!
Qui si può.
Prego accomodatevi signori siamo nel luogo in cui il boa fucsia fabbrica le sue reali allucinazioni.
Dove il coccodrillo le raccoglie e le colleziona piatte mattonelle sull'asfalto e...
Ed ove la polizia passa ed osserva interessata.
Oh santo cielo all'appuntato con volante piace il trans Frank però...
Però al trans Frank piace il passeggero ma...
Ma il passeggero quando deve scegliere non ha nessuna preferenza.
S'infila in qualche buco e ciò gli basta.
Non ha grandi attenzioni riguardo ai dettagli.
Per lui gli effetti sono il valore aggiunto mentre la droga che li provoca è ininfluente.
Andiamo che aspetti dunque Billy?
Batti. 
Batti con forza.
Nessuno t'ha chiesto di condividere il punto di vista e pertanto... Pertanto tu facci male e non sbaglierai mai.
Un indovinello?
Scusi? 
Scusi mi saprebbe dire cosa s'è portato via il deportato?
La sua cella è vuota nonostante non manchi niente.
La soluzione?
Altri animali sgozzati liberi, ovviamente, s'è portato appresso.
Metaforicamente tacchini, faraone e...
E topi che cercavano contaminazione copia incolla iniettandosi il loro sangue.
Ricordiamo.
Ricordiamo.
Ricordiamo.
In loco, pari si diceva, tutto è possibile.
Tutto.
Tutto.
Tutto.
La prova definitiva?
Il distributore di preservativi che langue senza clienti.
Meravigliosamente egli illustra parecchie suicide coscienze sulla via dello scegliere di coscienza.
Da queste parti infatti unicamente la vita è dio.
Se le credi non hai bisogno di protezioni.
Se ti proteggi non le credi.
Che filosofia è questa?
Facile.
Quella del prete.
Si sbatte nel culo il bambino sbavando e sudando perché può, momentaneamente, non praticare devozione coltivando una convinzione spassionata verso la confessione e quindi...
Quindi non importa se nel frattempo il suo sperma felice feconderà odio e rancore.
E diventerà in ciò un vero e proprio missionario.
In fondo...
In fondo la religione è la nonna della globalizzazione.
La progenitrice di tutte le luride costrizioni invasive e del possibilismo integrale.
«Ho una certa fiducia su quello che io e te faremo insieme» disse il papa al Cristo nella grotta puerpera.
«Le annusi mio signore le fragranze di superiorità entrare nel tombino che da sopra arieggia le viscere?
Sì?
Bene! benvenuto in paradiso allora.
È qui che si va di corpo.
Lassù dove stavi invece era la terra.
Il noioso posto in cui la merda ha perso la sua battaglia».  
    
Il quarantaseiesimo estratto
 
( Tre del Giallo uno estremamente preciso nel sottolineare ) 
 
L'aria
 
A me piace l'aria.
Sì sì quella roba lì che c'è dappertutto.
Fresca, calma, ferma, mossa, di sera, di mattina, di notte, lavorando, accarezzando o dormendo.
A me piace l'aria.
Quella spostata da un sorriso è favolosa.
Quella resa corrente da certi abbracci inimitabile.
Mi sembro un cavallo.
Dal suo portamento fiero s'evince perfettamente che pari a me ha l'aria.
E mi piace l'aria del secchio, degli stivali, del quadro e pure quella del sacco.
Che poi se quest'ultimo è di mongolfiera anche meglio.
A me piace l'aria.
È varia l'aria.
S'estende da matrimonio a funerale.
D'alba a tramonto.
Da mare a montagna.
Simpaticissima l'aria che circola in soffitta passando dalla fessura fra la trave ed il muro.
Pure d'inverno il ricambio naturale e necessario.
L'aria che staziona sopra la palude scura invece è altamente evocativa.
L'aria che segue il flusso del fiume va in tram.
L'aria che scende il ghiacciaio ha gli sci.
L'aria ch'esce dalla bocca della galleria fa i capelli punk.
E l'aria d'una finestra nel mentre il sentimentalismo s'affaccia è divina.
A me piace l'aria.
Ne mangio e ne bevo da mane a sera e sembra non mi fa niente, nonostante abbia svariati contenuti in grado di colpirmi quando e dove vogliono.
Un esempio?
L'altro giorno ad un contadino austriaco è venuta un'improvvisa voglia d'Italia e s'è preso una vacanza ed ha abbandonato lavoro e moglie e figli fra gli stenti.
Colpa mia.
Sbadatamente durante un viaggio mi sono fermato vicino a lui ed aprendo le portiere ho liberato un blocco d'aria italiana, inconsapevolmente esportata, che l'ha investito in pieno e traviato.
A me piace l'aria.
A respirarla profondo da sollievo.
A respirarla  piano senso di sollevarsi.
Chissà che gusti ha l'aria.
Le piace meglio sostare tra due pini o tre platani?
Dentro vasi d'alluminio o di terracotta?
A rendere magnificente la zebra o la starna?
A me piace l'aria.
Mi fa sentire una tenda.
Mi gonfio e mi sgonfio e m'allungo e m'accorcio e m'apro e chiudo.
Delle volte via di qua, delle volte via di là.
A me piace l'aria.
Tanto tanto.
Tantissimo.
Tu non le chiedi nulla e lei ha già capito tutto e s'adagia sul pezzo precisa.
A me piace l'aria.
M'evoca l'aria.
M'evoca devo lasciarla in eredità vergine e pura ai miei figli.
Che io voglio il meglio per i miei figli che...
Che mi domando sempre cosa pensano gli industriali dei loro di figli.
 
L'autorete che sembra un gol a favore
 
Un bel giorno la giraffa realizzò di colpo che l'acacia...
L'acacia avrebbe potuto con le sue lunghe appuntite spine,
mentre lei mangiava golosamente i suoi gialli fiori gustosi,
pungerle la lingua.
Incominciò così seduta stante ad essere delicata quando prelevava con le callose gengive o le grasse labbra ed a scegliere...
A scegliere fra i rami quelli meno spinosi.
Quelli a questo punto giudicati poco pericolosi.
Da allora un po' di tempo è passato ma...
Ma i clamorosi risultati di si tanta auto protezione espressa sono... 
Sono il quadrupede ha sempre fame.
L'albero non riesce più a reggere nelle sue diramazioni il peso dei fiori e...
E, come non bastasse, prolifera in modo anomalo tanto che la savana si va trasformando in boscaglia costringendo, di fatto, gli stanziali ad emigrare o ad adattarsi malvolentieri.
E tutto questo ovviamente perché il trislungo animalo macchiato di sauro prima non ci aveva mai pensato.
A cosa?
Ovvio!
A realizzare.
 
Vorrei ma posso
 
Del sentimento vorrei scrivere.
Del sentimento e di quanto scuote il mio umore in un momento.
E del mare vorrei scrivere.
Del mare e di come con un segmento qualsiasi occhio sa fermare.
E del monte vorrei scrivere.
Del monte e della roccia che ha per fronte.
E della terra vorrei scrivere.
Della terra e del gibboso suolo d'una sfera che si muove e ruota però torna sempre dov'era.
E del cielo vorrei scrivere.
Del cielo e di come con la sua faccia di niente cambia espressione continuamente.
E dell'aria vorrei scrivere.
Dell'aria ch'è discreta pure se dappertutto svaria.
E del fuoco vorrei scrivere.
Del fuoco e di quanto è contento quando mangia vento.
E del sole vorrei scrivere.
Del sole e del suo richiamo incantevole bensì...
Bensì invece a queste cose quanto e cosa suscitano un mio sorriso, una tua contentezza, una sua emozione, una nostra sfortuna o una loro carezza?
Pensate sempre l'albero sotto casa sia insensibile ad una vostra mala giornata?
Siete ancora certi una nostra felicità lasci indifferente il fiume?
Credete tuttora la pioggia cada indifferente ai nostri eventi e progetti?
Be'!
Io no ovviamente ed al momento quindi m'è molto meglio scrivere del mio "uomare" e di tutto quello che nel mio noi c'è ancora da governare e...
E per il resto si vedrà perciò forse forse dopo dopo e...
Ed arri arri vederci.
 
Il quarantasettesimo estratto
 
( "La vendetta carne su carne" una deduzione il/logica di Baffo il signore che aveva l'abitudine di trovarsi più in là dell'ultimo passo )
 
Leggo oramai dappertutto che la carne è cancerogena, Rosa.
Che non bisogna più mangiarla, cucinarla e comperarla e che fa male insomma e...
Ed è una scoperta dell'acqua calda, Rosa, anzi no, Rosa, in verità è una scoperta dell'acqua sporca, Rosa.
Sporca, sporca, sporca.
La carne infatti per conto mio in sé e per sé non è affatto cancerogena, Rosa, e la prova migliore di ciò è ch'è sempre stata mangiata ma...
Ma solo ora è diventata portatrice di malattia e questo è molto indicativo, Rosa, e sta a significare lei ha subito una modificazione genetica, Rosa.
Che in qualche modo è passata da nutrimento positivo a negativo e perché è successo ora mi chiederai, Rosa, ed è molto semplice il perché ti risponderò io, Rosa.
Perché non è più la carne dell'animale selvatico che passava la sua vita tra le soavità del bosco, Rosa.
Perché non è più la carne dell'essere libero d'andare ed ambientarsi ove credeva migliore per lui.
Perché non è più la carne prodotta e protetta da uno spirito auto determinato e felice d'esistere.
Ora è la carne d'un animale triste in quanto obbligato, rinchiuso e nutrito con quel che deve andargli bene per forza, Rosa.
Ora è la carne dell'essere che si vede perduto, e desensibilizzato, cui è stata perfino negata la possibilità di procreare.
Ora è la carne d'uno spirito astioso che ha solamente voglia di vendicarsi contro chi l'ha ridotto in simili condizioni.
E quale miglior modo per fare ciò potrebbe mai intuire una vita se non... 
Se non l'avvelenare il suo per altri appetitoso corpo?
Avvelenando una parte di sé stessa ottiene una vendetta cinica e altamente invasiva, che sono gli stessi parametri applicati su di lei da coloro che la considerano pari una cosa qualsiasi e per la quale non va portato nessun rispetto, Rosa, se non quello dovuto al fatto sia utile alle proprie esigenze naturalmente, Rosa.
E così comportandosi queste vite, Rosa, ottengono fra l'altro un doppio risultato.
Primo indeboliscono ed eliminano il marrano deficiente che le usa e secondo, allorché costui sarà finalmente cancellato, la loro razza potrà finalmente riappropriarsi delle sue ragioni, e competenze, e dunque si dimostrano in possesso di un'etica che noi manco lontanamente sappiamo concepire, Rosa.
Quella che ammette un sacrificio personale in onore del ben stare di tutti.
Eh sì Rosa, gli animali d'allevamento dei nostri giorni si sono trasformati ognuno in bomba tipo gli adepti di Bin Laden e non aspettano altro d'essere masticati e deglutiti, Rosa, per esploderci dentro, Rosa, e debilitarci ed ammazzarci.
Altro che carne cancerogena, Rosa.
Animali che ricambiano, Rosa.
Animali che ricambiano...
Rosa. 
 
Il quarantottesimo estratto
 
( "Lo scoppio iniziale" di Noè lui che tentava sempre, con buono spirito, di sistemare le cose )
 
È molto semplice, Mamo.
La formazione del mondo intendo, Mamo. 
Io l'ho capito subito come avvenne e la sua origine, Mamo, d'un banale incredibile altro che mistero gau/odioso, Mamo.
All'inizio un dio gigantesco, annoiato, immortale e stranamente trasparente e no, che s'era scoperto poteri inimmaginabili e non poteva fare niente, Mamo.
Non esisteva nulla su cui dirigere le sue propensioni, manco uno stupido spettatore intendo, oltre un'immensa cielo desolazione, Mamo, e lo stress e la noia ed il senso d'inutile montavano, Mamo, indi in lui la rabbia cresceva, Mamo, e diventò incontenibile, Mamo, codesto fermento d'animo. 
Incontenibile, incontenibile, incontenibile, tanto d'indurlo disperato, e pur di fare qualcosa, ad usare le sue prerogative immense per trasformarsi in bomba, Mamo. 
Per diventare un kamikaze e distruggere l'ingiustizia in cui si realizzava inguaiato e fare scoppiare la situazione, Mamo. Talmente odiava questo tutto/nulla in cui stava immerso.
Ed aveva poteri immensi dicevamo, Mamo.
E dunque usò il suo corpo pari laboratorio e si manipolò le strutture chimiche a dovere, Mamo, fino ad arrivare a rompere chissà cosa oltre l'atomo, Mamo, ed infine sprigionò il fatal contatto e fu il big bang, Mamo.
Una botta furiosa, Mamo. 
Durante anni ed anni, Mamo. 
Credo nemmeno lui lo sospettasse, Mamo.
E polveri roventi in ogni dove, Mamo, ed ammassi incandescenti, Mamo, e, importantissimo, pezzi, ricordiamo immortali, dello sproporzionato essere superiore sparsi dappertutto, Mamo, e piano piano i più grossi diventarono il sole e la luna ed i pianeti, eccetera, eccetera, Mamo, mentre i piccoli imprigionati dentro detriti in fase di raffreddamento, ed assumendo le caratteristiche dell'organo divino da cui il frammento proveniva, minuto previo minuto, sono evoluti dentro un geode, Mamo, chi in rubino, che magari figliava dal cuore, Mamo, chi virando su gallina.  
Probabile povera discendente di caviglia spappolata, Mamo.
Ed i geodi stavano dentro la roccia, Mamo, ed i fiumi erosero la roccia, Mamo, e le acque trascinarono grandi sassi a valle, Mamo, ed i sassi sbattendo fra loro si frantumarono, Mamo, ed i geodi s'aprirono, Mamo, e spuntò una scimmia, Mamo, e spuntò il seme di betulla e spuntò quello di pino, Mamo, e spuntò l'ametista e spuntò la balena e spuntarono l'uomo, la donna, il coccodrillo, la rana e tutti gli altri, Mamo, ed ognuno conservando la porzione d'immortalità che la formula del suo "gene" aveva dentro, Mamo.
Ergo alcuni pressoché interamente, Mamo, altri purtroppo meno, Mamo.
Nella totalità comunque, all'inizio, parti di dio riviste, o rigenerate, attraverso il combinarsi con massimo uno o due elementi alla volta e possibilmente sotto vuoto, Mamo.
E solo in seguito spostandosi intorno con le loro possibilità motorie, che poverino colui innescato dai capelli si sa non avrebbe mai potuto mostrare esagerato movimento, cominciarono ad incontrarsi ed alle volte perfino a realizzarsi della medesima specie, pure se un minimo in dei punti ancora diversi, Mamo, e furono il sesso, la prole e la società, Mamo.
Organizzata, Mamo, a seconda dei casi, in città o in bosco, in branco, in cespuglio o in stormo.
È filante assai, Mamo.
Per me è avvenuto così il fatto, Mamo.
Gli esseri brutti hanno preso che ne so da calcificazioni sul colon, quelli belli d'alcune lacrime e sono spiegate pure le differenze inspiegabili, Mamo.
Gli intelligenti dal cervelletto e gli stupidi dai peli del naso, Mamo.
Non c'è soluzione, Mamo, e non serve prova, Mamo, infatti al solo permettersi di pensare senza credere l'assoluto...
L'assoluto si frantuma, ogni volta, immediatamente in miriadi di pezzettini, Mamo.
Immediatamente.
E prova migliore di questa non esiste, Mamo.
Non esiste.
  
Il quarantanovesimo estratto
 
( "E numerose carezze ignoranti" di Daw la tailandese indignata )
 
Saliva un bel sole.
I rumori ambientali non incidevano per niente ed insieme agli schiamazzi degli animali diventavano una sola canzone.
Sumalee carponi sulla stuoia preparava il resto e le vivande.
Nello stesso istante nella foresta, ma non più di tanto distante, una maestosa tigre del Bengala si svegliava, splendida ed onnipotente, sbadigliando beatamente.
Una volta finito la bambina s'alzò, salutò e partì per il suo vivere con la certezza di trovare un posto giusto ed a modo dove poter fare i bisogni, il bagno ed in seguito mangiare e distrarsi.
Scrollandosi il felino, al contrario, sentiva avvicinarsi la fame ed il bisogno d'acqua.
Il caldo disturbava un tot tutti e due.
La giovane comunque osservava ed apprezzava.
Conosceva.
I fiori, le foglie, gli alberi, gli arbusti, gli insetti, infatti l'incuriosivano.
Il quadrupede all'opposto vagabondava incurante di tutto se non dell'odore interessante.
Seguiva la pista.
Segnava il territorio però...
Però così facendo fatalmente convergevano l'una verso l'altra.
I piedini erano incerti nella direzione, spostando discreti l'erba, mentre degli artigli affilati incidevano la terra bramosi nella corsa.
Lei arrivava e nessuno si preoccupava più di tanto.
La fiera, d'altro canto, creava il vuoto.
Alfine attraverso un piccolo acquitrino e dopo essere entrata nel canneto sbucò in una meravigliosa radura verde.
Diverse mangrovie abitavano lì e formavano, non necessariamente di chioma, ottime ombre ed il fiume appariva e scompariva nella boscaglia con la sua limpida e calda acqua.
Dheva appoggiò il cestino, srotolò la stuoia e...
Ed ammirando stette bensì...
Bensì in quel preciso momento la tigre irruppe dal bel mezzo delle canne.
Le sue narici inspiravano profondamente.
Le sue zanne fendevano sinistre l'aria.
Correndo ad un tratto balzò che quasi volò e poi saltando distesa diverse volte ancora s'avvicinò estremamente veloce, e decisamente spaventosa, alla giovane al che quando, dopo un ultimo pazzesco balzo, dei lunghi capelli neri dal riflesso di rame si stavano confondendo con il bianco pelo d'un feroce collo naturalmente...
Naturalmente i denti si nascosero, le unghie si ritirarono e le due si scambiarono felici abbracci festanti, diverse gioiose coccole e...
E numerose carezze ignoranti.
In seguito fecero il bagno e mangiarono.
Spezzatino d'acacia cotta dal fulmine e bocconcini di sedano dall'elefante accidentalmente macinato ed innanzi giocarono.
Giocarono, giocarono e giocarono.
Fine.
P.s.
Che storia fuori.
Impossibile direi, se non che io ne ricavo le...
Le belve non approfittano delle bambine le bestie sì.
  
Il cinquantesimo estratto estratto
 
( "Sguapz" di Almondo un nome una garanzia )
 
Angelino, dopo aver fatto i compiti, andava quasi ogni giorno a camminare nel bosco.
Gli piaceva tanto ed incontrava sempre la lepre e lo scoiattolo e talvolta anche la volpe ed il cervo.
Quel pomeriggio passeggiava, al solito con la sua andatura dinoccolata, e s'inoltrava verso una grande radura ove talvolta s'accampavano i pastori.
Era contento quando poteva parlare con loro e spesso gli allungavano del saporito formaggio da gustare con pane scaldato sul fuoco.
Il bosco al solito si presentava magnifico e gli intrecci dei rami e delle radici e le alte chiome delle querce lo stupivano immancabilmente.
Una situazione soave osava definirla scherzando fra sé e sé.
D'improvviso però fu richiamato dal gracchiare agitatissimo di molti corvi proveniente da dentro un avvallamento e dunque si diresse lì e...
E man mano s'avvicinava i corvi, che andavano e venivano, si facevano numerosissimi e producevano con le loro grida un baccano infernale.
Chissà che succede? ebbe appena il tempo di pensare prima d'affacciarsi, oltre il colmo d'una collinetta, ed avere pertanto completa la visuale del luogo e quel che vide fu una scena orribile ed agghiacciante.
Dei corpi umani straziati ed oramai "lavorati" dal becco dei volatili ed orribilmente mutilati chi di testa, chi di gambe e chi di braccia.
Erano cinque o sei o sette.
Una scena macabra all'inverosimile per quei luoghi tranquilli e pacifici ed una puzza di decomposizione fortissima e sangue, tanto sangue.
Sangue in ogni dove.
Spaventato e costernato oltre misura Angelino allora corse via a perdifiato e non si fermò finché non giunse a casa e raccontò il tutto ai genitori.
I quali dal canto loro all'inizio, dimostrandosi diffidenti, cercarono di rincuorarlo e calmarlo, ma alla fine dovettero cedere alle sue insistenze ed insieme a lui ritornarono nel luogo del presunto massacro e, non potendo non constatare la veridicità del racconto, a loro volta spaventati, agitati e costernati s'affrettarono in paese per avvisare l'autorità e la gente e la polizia locale, al che in breve la notizia si fece di pubblico dominio e, altrettanto in breve, la zona fu dichiarata inaccessibile, ai non addetti, e sottoposta ad investigazione precisa ed attenta.
E codesta investigazione precisa ed attenta divenne un rapporto, indirizzato al prefetto, redatto dal capo della sicurezza.
«Oggi, venerdì tredici novembre mille novecento settanta sei, le forze di polizia, mosse da precisa segnalazione, si sono recate in località Bosco Secco nel comune di Carrè, provincia di Vicenza, ed hanno incontrato quella che a tutti gli effetti si rivelava la scena d'un delitto, anzi di più delitti.
Lì difatti sono stati rinvenuti i resti di più persone al momento non identificate nell'identità e nemmeno nel numero preciso e codesti resti si presentavano orribilmente scempiati e mutilati in una maniera che, senz'ombra di dubbio, nessun animale normalmente stanziale avrebbe potuto manco immaginare.
Inoltre i corpi stessi mostrano delle ferite difficilmente riconducibili ad arma da fuoco o da taglio ed in ciò l'esame del medico legale è stato abbastanza chiaro.
"Sembra come le carni siano state strappate da un essere in possesso d'una forza immane e che costui si sia accanito, nello smembrare i poveri resti, con violenza assurda e, almeno da parte mia, mai incontrata prima".
A me quindi non rimane alternativa.
Chiedo l'intervento dei corpi speciali ed affido l'indagine a mani più esperte e preparate.
In fede».
E ciò naturalmente avvenne, se non che stranamente quel giorno la polizia di molti luoghi, sparsi per tutto il mondo, inoltrò rapporti simili.
Una coincidenza inverosimile.
In Asia, in America, in Australia, in Belgio, in Brasile, erano accaduti fatti identici.
Omicidi singoli o di gruppo ed omicidi efferati e barbari sui corpi con modalità tanto insolite quanto, al momento, impossibili da ricondurre logicamente ad un presunto colpevole.
L'unica cosa certa sembrava essere non potevano assolutamente risultare compiuti da individui o animali normali.
Pazzesco.
Lo sgomento lievitò in ogni uomo allo zenit e non era finita perché il giorno appresso una nuova serie di delitti scosse tutti ulteriormente.
Sempre sparsi a macchia di leopardo per la terra intera e sempre violentissimi e privi di testimoni.
Che nessuno dei coinvolti riusciva a sopravvivere all'attacco.
Ed il giorno dopo uguale ed il successivo anche e nonostante oramai l'allarme fosse generale il fenomeno s'andava espandendo.
Ora si poteva essere attaccati pure in città, in treno e perfino in aereo e mai nessuna traccia che potesse far risalire al colpevole veniva trovata.
Tuttavia, magra consolazione, s'era capito non poteva esserci un colpevole singolo, ma dei colpevoli.
Dei mostri che agivano coordinati in gruppi e colpivano alla cieca.
Sembrava bastasse appartenere alla categoria uomo per diventare automaticamente un bersaglio.
«Chi saranno mai questi pazzi?» a questo punto divenne la domanda universale.
La domanda universale che non trovò risposta alcuna per molto e molto tempo.
Troppo tempo. 
E fu un altro bambino, fu un altro bambino di nome Serafino che, con un resoconto inverosimile, alla fine svelò il mistero.
Stava rubando le ciliegie il nostro ed i contadini lavoravano, al fieno, in lontananza giù nel pascolo.
Stava rubando ciliegie e vide la loro fine fortunatamente ben nascosto dalle fronde dell'albero.
E non vide, come dicevamo, unicamente la loro fine, bensì anche chi, con le modalità oramai classiche, s'impegnava alacremente a procurarla.
All'inizio, intendiamo allorché narrò di strani esseri neri e pelosi, alti circa mezzo metro, velocissimi nello sbucare dalle viscere del suolo o dal tronco degli alberi, non fu creduto, però alla lunga ed al susseguirsi inarrestabile d'episodi tragici il suo racconto divenne oggetto di grande considerazione e la conclusione ultima non poté che diventare «signori... 
Signori siamo sott'attacco da parte d'una razza sconosciuta.
Forse degli extraterrestri o forse un popolo simile a quelli finora considerati da fiaba.
Tipo gli gnomi o gli elfi o gli orchi».
E comunque finalmente il primo passo era stato compiuto.
Non rimaneva altro che conoscere meglio il nemico e capire il motivo o i motivi per cui si comportava selvaggiamente nei nostri confronti.
Non facile ovviamente, ma i presidenti ed i capi vari delle nazioni e delle moltitudini d'organizzazioni presenti in esse non ebbero dubbi al riguardo.
«Serve catturare uno o più esemplari.
Serve catturarne e tentare uno studio ed un dialogo con loro».
Altra vicenda non facile chiaramente.
Non si sapeva dove e quando avrebbero colpito la prossima volta e la loro forza, unita all'astuzia diabolica dimostrata, sembrava in grado di sventare qualsiasi imboscata.
E furono tentate varie trappole e nessuna funzionò e stavolta ci pensò Luigino, un neonato di tre mesi, a risolvere la questione.
Difatti, non si sa se mossi a tenerezza o in quanto colti da pietà verso un virgulto totalmente indifeso, quattro di questi esseri una sera rimasero intrappolati, in un rifugio antiatomico, laddove tentavano di salvargli la vita nascondendolo ai compari.
E lì era un luogo troppo rinforzato anche per loro e non riuscirono ad uscirne e... 
E ci provarono talmente a lungo che caddero spossati in un profondo sonno e divennero preda di celle stagne e catene invincibili per chiunque.
Finalmente.
Finalmente un passo decisivo era stato compiuto.
Adesso s'apriva una nuova fase della guerra e, di per cui, la battaglia si trasferiva dal campo aperto ai luoghi chiusi di laboratori e centri specializzati.
E su di loro perciò vennero eseguiti prelievi e prelievi.
Ed i risultati furono sconvolgenti.
In tutto e per tutto simili a noi sebbene dotati di potenza muscolare praticamente infinita.
E su di loro furono all'uopo eseguite delle prove di resistenza fisica.
E si scoprì, citando a caso, nessuna nostra arma era in grado d'ucciderli.
Nessun nostro cibo si mostrava sufficiente per sfamarli e nessuna nostra prerogativa superava la corrispondente loro.
Problema insormontabile insomma capire il modo di ricondurli alla ragione attraverso gli interventi classici cui eravamo abituati in caso d'emergenza estrema.
«Serve comunicare con loro.
Serve capire le dinamiche che li spingono ad agire.
Serve un dialogo» sbottò durante una piovosa mattina uno scienziato.
E come fare?
«Potremo tentare di metterne insieme due e vedere se comunicano e se lo fanno inseriamo le registrazioni dei dialoghi nel computer e studiamo il loro alfabeto» aggiunse un altro ed ciò divenne in poco tempo realtà e perdinci se non comunicavano.
Comunicavano emettendo modulati suoni gutturali dalla bocca.
E sembravano capirsi ed i loro dialoghi risultavano completi e s'auguravano perfino buonanotte e buongiorno.
E fu da queste parole che, piano piano, si risalì intero il loro alfabeto.
Il quale intanto diventava una nuova lingua nella mente degli studiosi e dei linguisti e s'arrivò così al poter porre loro delle domande.
Alle quali all'inizio replicarono sdegnati e stupiti per in seguito accennare delle risposte quasi gentili e soprattutto pertinenti.
Chi siete?
«Siamo degli Sguapz».
E da dove venite?
«Non veniamo da nessuna parte.
Abbiamo sempre abitato la terra ponendo molta attenzione all'evitare accuratamente i contatti con alcune tipologie di vita. 
Compresa la vostra».
E perché?
«Affari nostri».
E perché all'improvviso avete cambiato idea ed iniziato ad ammazzarci?
«Colpa vostra s'è finita la nostra pazienza».
In che senso?
«Nel senso noi abbiamo provato a portarla e sopportare, ma voi avete continuato imperterriti».
Imperterriti in cosa?
«Imperterriti nel distruggere e modificare tutto quello ch'incontrate.
Imperterriti nel ferire la terra scavando strade e gallerie.
Imperterriti nell'occupare tutti i suoi spazi migliori con nuove costruzioni.
Imperterriti nel fare spargere tossicità da agenti chimici, automobili e ciminiere.
Imperterriti nel rovinare qualsiasi armonia fra gli esseri.
Imperterriti nell'inquinare perfino il mare, le montagne ed il cielo.
Imperterriti nel considerare qualsiasi forma inferiore e quindi la vostra persona in diritto di disporne a piacimento.
Dobbiamo continuare?».
No no grazie, crediamo d'avere capito e... 
E dunque la vostra strategia è d'annientarci totalmente?
«Ovvio.
O per caso avete intenzione di fermarvi?».
Ah magari l'intenzione ci sarebbe.
Rimane il fatto tornare indietro è impossibile.
«E pertanto abbiamo ragione noi.
Credeteci la guerra non è stata decisa su due piedi.
Abbiamo avuto tempo millenni per conoscervi e non c'è modo di fermarla.
Siamo in tanti almeno quanto voi e di voi non temiamo nulla.
Sparirete tutti morti ammazzati e finalmente la terra ritornerà ad essere vivibile e bellissima pari si mostrava prima del vostro fottuto progresso.
Per noi è un punto d'onore e siamo disposti ad immolarci in toto per realizzarlo.
Praticamente siete già morti.
È solo questione di tempo».
Urca che botta.
E che argomenti scottanti e quanto avevano ragione rispetto al fatto ci stavamo dimostrando completamente incompetenti nel contrastarli.
Serviva reagire cavolo e per farlo bisognava usare qualsiasi mezzo.
La minaccia era seria e credibile assai.
Per fortuna nel frattempo avevamo accumulato tantissime informazioni su di loro.
Conoscevamo la loro sequenza del dna, il modo di comportarsi in loro delle cellule, il loro sistema immunitario, il loro apparato cardiocircolatorio e via dicendo ed avevamo una ben precisa meta in testa.
Trovare un punto debole nel metabolismo e tentare d'approfittarne.
Il tempo d'altro canto stringeva.
Giusto gli ultimi avvenimenti lo confermavano in pieno.
Ottantamila persone sterminate in unica soluzione dentro uno stadio a Baltimora.
E settecentomila durante una celebrazione alla Mecca.
E migliaia di qua e migliaia di là e milioni e milioni di casi singoli.
L'acqua era veramente arrivata alla gola.
Bisognava fare presto e per fare questo occorreva diventare, a nostra volta, cinici con i prigionieri.
Serviva usarli da cavie.
Bisognava testare su di loro composti pensati per l'occasione o materiali tossici e veleni vari scelti dal nostro, fornito e ricco, repertorio in proposito.
Serviva ucciderli se necessario, ma si doveva trovare una soluzione in grado di fermarli.
«Serve un composto volatile che stravolga e modifichi la genetica di questi pazzi» concluse un geniale ricercatore in passato premiato con il Nobel.
«Da spargere nell'aria magari con i mezzi, attrezzati e predisposti, per le disinfestazioni su territori vasti» continuò costui e via quindi ricerca, ricerca e ricerca.
E test continui sui prigionieri e parecchie, parecchie, parecchie, speranze viste evaporare nel mentre non succedeva niente.
Ed intanto massacri, massacri e massacri.
Bensì ad ogni delusione corrispondeva una reazione decisa e con rinnovato ardore ci si rimetteva al lavoro.
«Proviamo questo prodotto» suggerì un giorno un altro scienziato.
«Ho analizzato con un metodo alternativo, di mia invenzione, i dati che presentano questi signori e di conseguenza messo insieme una formula.
Per quel che mi riguarda il composto, una volta respirato, dovrebbe essere in grado di bloccare la loro capacità riproduttiva. 
Di ridurre quasi a zero la potenza di cui dispongono. 
Di costringere le loro cellule ad invecchiare repentinamente causando sensibile accorciamento della vita e...
E di sconvolgere i loro processi cerebrali provocando una specie di follia».
«Certo però lo dovremo diffondere nell'ambiente ed assumere pure noi.
Ne rimarremo immuni?» fu la reazione degli altri presenti.
«Questo non lo so.
Per conto mio vediamo prima se funziona su di loro e dopo eventualmente condurremo test su volontari e sapremo».
E funzionava.
Madonna se non funzionava.
Funzionava una volta immesso nelle loro celle stagne e talmente bene che in breve tre di loro, previo avere dato chiari segnali di subire il trattamento, invecchiarono e morirono rapidamente.
«Bene.
Ottimo.
Selezioniamo i disponibili e constatiamo i possibili indotti a noi contrari».
Ed alle persone sottoposte al gas non succedeva nulla.
Nulla, nulla, nulla.
Nemmeno un colpo di tosse per la precisione.
Un successo stratosferico, che ribadiamo il tempo stringeva sempre più.
Che l'intera Sicilia aveva visto azzerarsi la popolazione in due ore.
Che la Cina in tre notti si vide ridurre demograficamente di due terzi.
E via pertanto.
Il tempo di riempire col prodotto magico i serbatoi supplementari d'aerei ed altri mezzi ed iniziò la campagna di sterminio del nemico.
Ed il lavoro fu eseguito capillarmente e meticolosamente ponendo massima attenzione al non lasciare scoperte delle aree geografiche e...
Ed in breve apparvero i primi risultati.
Gli Sguapz incominciarono infatti addirittura ad uscire allo scoperto e si vedevano vagare sbandati e privi della loro forza.
Ed in breve invecchiavano e morivano dappertutto.
In Giappone, in Sudafrica, in Guatemala.
E morivano e morivano e morivano.
A migliaia, a milioni, a miliardi.
E le uccisioni d'uomini nel frattempo calavano esponenzialmente.
Un trionfo.
Tempo zero ed anche l'ultimo di loro, quello tenuto prigioniero, spirò impossibilitato nel non seguire la sorte dei colleghi.
Un sospiro di sollievo universale alla notizia.
Ed una festa incredibile fra i reduci in ogni dove del globo.
E l'amicizia sbocciava anche nei luoghi in cui normalmente fioriva l'odio.
Ed il bianco razzista abbracciava il nero antischiavista.
Ed il curdo ed il turco a braccetto.
Ed il cinese ed il tibetano insieme ubriachi.
E... 
E perfino Berlusconi e la Boccassini si scambiavano baci e complimenti.
Un'apoteosi.
Un'apoteosi che dapprima coprì d'allori una piccola dimenticanza e che poi, una volta smaltita, la rese invece visibilissima e sconvolgente.
C'eravamo scordati di testare il prodotto anche sulle altre forme di vita e l'acacia irrimediabilmente invecchiava e moriva e l'erba si seccava e l'elefante raggrinziva e crepava ed il maiale ed il gallo e la gallina e la gazzella ed il tonno e la balena ed il seme, sì sì pure quello transgenico, ed il pioppo ed il fungo e l'anitra ed il gatto ed il cane e l'insalata e la carota ed il pero ed il melo e la vite ed il grano ed il frumento e gli spinaci, i piselli ed il banano e l'intera somma delle vite non umane stessa... 
Stessa uguale medesima sorte.
Ed inoltre diventavano inutilizzabili tutti i cibi conservati.
E con una rapidità impressionante.
Oh no!
Le nostre risorse erano in procinto d'estinguersi a loro volta e con loro svanite purtroppo il nostro destino era segnato ed ora... Ora un'altra domanda sorgeva spontanea nella mente dei sopravvissuti.
«Chi tra noi e gli Sguapz aveva vinto la sua guerra?».
 

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