Scritto da © Grazia Denaro - Gio, 27/10/2016 - 14:07
Quell'angolo di tempo
sulla soglia del vento
aveva per noi l'aura di un tempio
da non profanare
con bisbigli animati e schianti
che stridessero con quella quiete, quella pace
che avvolgevano la natura incontaminata
di quel luogo parlante in una lingua
che sembrava un lieve canto.
Nelle notti di plenilunio
il nostro nido irradiato di luce argentea
si rifletteva sul fremito della nostra pelle
e sul mistero della felicità che fa tremare i polsi,
imprime un sigillo potente nell'umano desiderio
di due esseri approdati sulle rive del Lete.
Quella vertigine cercata ed ambita
che poco spesso capita nella vita
era un fuoco a mitraglia, malia, indomabile follia,
grandi abbracci di volte celesti, di abissi infiniti:
un perdersi e ritrovarsi in apnea
un risalire su
a riprendere respiro per non morire.
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