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La Macarena ('na gita a Siviglia)

Ce sta chi pe’ vedella ce fa a lotta.
Sta appiccicata a un angolo de strada                                      
drento un riquadro e lì sta incorniciata
de maiolica azzura in teracotta.
Na lagrima je scenne ma, è serena.
Quella è la madonnella Macarena.
 
E’ bella e lì, quarsiasi forestiere
che va sur posto, armeno de passaggio
lo sa che quella è solo pe’ un assaggio
che de ‘sta protettrice der quartiere
ce n’è ‘na copia tanto più importante
drento na chiesa, lì, poco distante.
 
‘Sta Madonnella pure se intravede
dar bucio de ‘na statua: un torero,
distante pochi metri. Dico er vero!
Ortre de lei dar bucio ce se vede
-naturarmente, armeno chi ce guarda-
tutta Siviglia, er fiume e la Girarda.
 
Fòra la chiesa de la Macarena
nemmanco che t’accosti a li cancelli
venghi assartato da li poverelli
che stanno lì pe’ arimeddia’ ‘na cena.
T’avvicini pe’ entra’  -Dio der Creato
te sfugge appena- e resti senza fiato.
 
Su un piedistallo, sopra un artarino
dove se pò anna’ su pe’ na scaletta
pe’ pote’ gira’ attorno, su la vetta
c’è lei, coperta de oro zecchino:
orloggi, catenine... insomma, tanto!
Sarà un quintale d’oro solo er manto.
                                                                                                                        
‘Ndo’ guardi guardi, vedi solo l’oro:                                   
li voti pe’ la fede de le donne,
l’artare, le cornici, le colonne...
vedessi si che razza de lavoro.
De fronte a ‘sta grannezza madornale                                 
 te senti un nano, propio tale e quale.
 
Mentre giramio attorno a ‘sta Madonna
pe’ rimiralla mejo da ogni pizzo,
è un momento, me pija lo schiribbizzo
de sta’ a senti’ la voce de ‘na donna.
Me parse de capi’ che domannava
come mai la Madonna lagrimava.
 
Siccome me trovavo propio accosto
e stavo già inseguenno un mio pensiero:
-Se quello che ho capito e proprio vero
-subbito lì io je risposi tosto-
io credo de sapello, nun lo nego
e si propio volete ve lo spiego. 
 
Penso che ‘sta Madonna che cià addosso
tutta quella ricchezza in oro e argento
tanto che in lei er più piccolo ornamento
è ‘no spicchietto der mantello rosso
da qua guarda la porta de la chiesa
e inquadra più de quarche mano tesa.
 
Pensa a lo spreco in nome de la fede
e a chi lì fòra affoga ner bisogno.
Lei nun ce pò fa’ gnente e come in sogno
freme de sdegno da la testa ar piede.
E nun pò fa’ gnent’artro che sortanto,
sfogasse in quelle lagrime de pianto.-
                                      
Subbito me rispose inviperita:                                          
-Brutto blasfemo e gran bestemmiatore!
Pure drento la casa der Signore
dite ‘ste cose? Fatela finita!
Sinnò pe’ voi sarà solo l’inferno
e ce dovrete pure sta’ in eterno.-
 
-Iiih, come v’arabbiate sòra sposa.
-subbito me ripresi- Scuserete
si nun la penso propio come un prete
è stata ‘na battuta spiritosa!-
E me n’annai varcanno quelle porte
piene de sangue, de sudore e morte.
                                                                                                                   
 
 
 
 

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