Una estate torrida | Post comici, demenziali, ludicomaniacali | Marco valdo | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Una estate torrida

Era una storia torrida, faceva caldo, faceva schifo, tutto il liquido si trasformava in appiccicoso, la mano dalle sue cosce si staccò come carta moschicida, i peli superflui spuntavano come erbetta dal palmo, lei fece un “fhhhh” di piccolo dolore, che divenne un mmmmugolio quando la mano si separò dall'inguine; faceva caldo e le pale del ventilatore mantecavano quella schifezza biancastra che era diventata l'aria, le creme, il sudore, il deodorante, una vischiosa poltiglia, dal profumo ananassato corretto vodka. Lui pensava all'inverno, al profumo di lavanda del bucato, al cotone che ancora freddo si scaldava piacevolmente.
Lo stuoino di canna aveva gratinato la schiena di entrambi, che in un gioco di resistenza, giravano come polli allo spiedo; i peli di lui era vermicelli morti dopo la pioggia, il sebo delle radici impastava i corpi.
Faceva caldo, il sesso di lui restava barzotto, non riusciva a cogliere uno spunto d'eccitazione, e lei era bella... o era stata bella, adesso era una piaga rossastra, una bistecca ai ferri, gli accarezzava i bubboni assalsicciati per scioglierli, ma i peli, la sabbia del mare, brasavano la pelle, gratinando e salando la carne; Lei eccitata dal martirio si immolava abbracciata alla croce di S. Andrea del dolore e subiva gli oltraggi del corpo in un sacrificio laico e laido, votando tutto per amore dell'amore all'ispido sconosciuto, con due giorni di barba, che limavano ora il collo, ora i seni, puntinature rossastre quasi sanguinolente, spuntavano dal nulla di un breve contatto, i granellini di silicio vetrificati, istoriavano il corpo nelle parti sensibili di motivi tribali.
Carta vetro per smerigliare il cilindro, che come biella unta, ritrova improvviso moto, preceduto da un cigolio che è mezza bestemmia, è quello che precede il suicidio del sesso, i sali minerali annaffiano una pazzia di urla scomposte, le collosità impregnate di impurità ruvide si accanisco sui nervi scoperti, che in una impossibile fuga dal dolore si contraggono impazziti, l'eccitazione era oramai l'unica sovrana e quello che restava dei corpi vi giunse un momento prima di una finta morte.
Friggevano di bolle di vapore i superstiti al contatto dell'acqua.

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