Scritto da © ferdinandocelinio - Gio, 28/02/2019 - 00:11
Zone di sconcezza nei pigri giardinetti rossi
della mia ispirazione.
Schianti neri nel susseguirsi delle parole.
È un porno sussurrato che mi spoglia le vene.
una virile eiaculazione di senso e immagini.
È una lotta, una lotta antica, una lotta mistica e terrosa.
Ancora un passo avanti verso la morte
con agl’occhi congiuntiviti marmoree
che vengono da epoche antiche.
Io scendo e mi metto a nuotare.
*
Dietro i perfetti denti,
sotto quello spettacolo
di lucentezza e biancore,
come una chiazza
lignea di occhi
che capovolgevano
immemori l’abisso.
Lo stravolgevano.
Era come dare in beneficenza
quella punta di dolore
Che l’aveva fatto appassire.
Come renderlo oro,
con la triste vita che ai bordi
rimane.
*
E ora mio padre non c’è più
e senza mio padre i mobili
della casa che lui col suo
stesso sudore costruì
di un antichizzato caldo marrone
appaiono come pietre
cavernose nel gelo
e con me è rimasta una sorta
d’angoscia piazzata secca nel cervello
vederlo morire a 64 anni
senza riuscire neanche più
a mangiare o a muovere le gambe
vederlo agonizzare nel vomito
col vuoto più perfetto di tutti
che non è morte
ma morte dell’amore.
Mia madre è una donna sola.
E della mia incapacità di vivere
Io colgo il sorriso intristito
di lui nella cucina
che non giudica ma desidera
nella foto che fu la felicità
e che oggi è il non potere
toccare il non potere sperare
la vita, l’unità, l’eterno.
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