Scritto da © ferdinandocelinio - Mer, 27/03/2019 - 17:03
A Ezio Falcomer
Dentro i miei pomeriggi
ci sono perimetri di noia,
il desiderio che ho abitato
e che oggi sorvolo, senza calpestare.
Una dose di narcisismo,
chilometri di cibo,
impiastricciamenti della gola
e alcol, birra, psicofarmaci.
Dei miei vaneggiamenti giovanili
ne è rimasto appena una vacua steppa
di piattume scarsamente irrigata,
appena un briciolo di Ego immischiato
facinorosamente nella tragedia immane della vita.
Eh si, sono un figlio del Nulla,
l’anticristo della felicità,
eppure ho ancora la voglia di scrivere.
La vita a trent’anni può essere
bella o pesantemente frustrante,
la vita che scappa via nel sonno dei primi grigiori,
e io mi fermo davanti a un davanzale
ad osservare la sterilità di ogni margherita,
intravvedo nel vetro della persiana
la mia cinica durezza.
Sono contrapposto al mondo.
Emarginato. Straniero.
È banale il mondo degli uomini.
È banale e frivolo.
Forse il fatto è che mi sento superiore,
ma io mi annullo, rinuncio,
aspetto la morte come fosse la grande festa
e nel mio starmene in attesa
leggo le pagine di questa grande farsa.
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