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Quanti anni ancora

 
Stasera la luna è un palla di panna e io sono seduto davanti al computer , con addosso un’angoscia appena accennata, ma non ci bado, m’infilo una mano nella tasca e tiro fuori un pacchetto di sigarette e ne estraggo una. Stolida, che stolida invenzione, mi convinco, l’uomo è un profittatore di polli, il cancro se l’è fabbricato con le mani, lo stesso modo con cui 5 mesi fa se n’è andato mio padre, lo stesso modo in cui me ne andrò io. Non c’è un granché daffare questa sera, il mio ultimo amore è vecchio degli anni, i lampioni spruzzano una luce lattiginosa e metallica e io morirò troppo tardi. Troppo tardi.
 
 
 
 
M’inzuppo le mani nel cancro di mio padre
e provo meraviglia per l’essere ancora vivo.
Come fanno le cose a continuare a vivere
quando la morte c’insegna cosa vuol dire morire?
In questa faccia deforme –il sogno,
l’apoteosi degli anni giovanili-
nella vacua fiammata di un cancro, in estate,
quale mostro può ancora decidere di farla sorridere.
Nelle stolide sere, s’alza un dolore e una nenia,
quanti anni davanti,
quanti maledettissimi anni davanti?

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