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Sulla follia

Solo, come a primavera sugli alberi il mio corpo
Io comprendo, in tutto ciò che a me fa schianto e fa paura,
la metastasi, lo strappo,
come in un pomeriggio paleozoico, il mio corpo
si sfalda, racconta contusioni diseguali,
di vino, d’angoscia, di fame,
il mio corpo grasso che s’accinge a inspirare aria compromessa, viziata.
E poi, quale l’aiuto, quale la sola magra utopia di esseri tuttinteri,
sani e robusti, di quella compiutezza che devasta,
se a questo costo, a questo lento baciarci del nulla,
alla fine, si implode.
 
 
*
 
 
Nervosamente la vita s’ingegna
A fare del dolore necessità
Come una cicatrice che a un brutto uomo gli da un tocco al viso.
Come mai ho questi malanni a quest’ora?
Il mio cane è satollo e mia sorella sorride
con la faccia zuppa di maschere per il viso.
E io? Perché quest’ansia mi divora?
Quando passeggio, per esempio,
è come se un visitatore occulto
abitasse i miei intestini,
e sento muovere e muovere, dentro,
fuori e dentro,
qualcosa, non so, la vita,
e poi dicono che sono impazzito.
Eppure vi rendendete conto di quanto io sia fortunato?
Di quanto una vita ordinaria sia praticamente nulla.
Io lo so, e ancora via giù con i lamenti,
però è sempre meglio saperlo, che dite, no?

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