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Akire

Akire adorava starsene in riva al fiume.
Le piaceva ascoltare le sinfonie dei flutti, il ribollire e borbottare dell'acqua al crearsi dei mulinelli e il suo scorrere limpida e serena verso il mare.
Ogni mattina, appena sveglia, dalla sua stanza volgeva uno sguardo al sole nascente. Con un leggero inchino del capo gli porgeva il suo saluto, certa che gli Dèi avrebbero gradito quel suo semplice, ma profondo gesto.
Le gote erano rosee come i riflessi dell'alba, mentre la pelle era candida come porcellana. I capelli nerissimi creavano un vivace contrasto con il volto ovale e dai lineamenti aggraziati e delicati. Akire soleva legarli in acconciature elaborate, ma non appariscenti, utilizzava un fermaglio dorato sul quale era incisa una fenice. Suzaku, infatti, divenne il suo nome da maiko.
All'arrivo della sera, soltanto quando la luna splendeva alta nel cielo, ella si recava al fiume  dicendo di voler procurare dell'acqua per l'okiya.
Sulla riva, pervasa dalla tenebra notturna, Akire si sedeva ad osservare il paesaggio.
La grande luna piena ne ricambiava lo sguardo, come madre benevola ed affettuosa, alcuni serpenti di luce disegnavano i profili delle nuvole azzurre, mentre le stelle, come lentiggini di un volto divino, ravvivavano il cielo colorato da un blu intenso.
Poi Akire abbassava lo sguardo per rivolgerlo al suo amato fiume.
Vedeva altre stelle brillare sulla superficie dell'acqua, fiotti di luce sfavillante che danzavano sui flutti instabili e sereni dell'acqua. La luna specchiava il suo volto tra le correnti ed infondeva vita e prosperità a quelle onde che avrebbero dissetato la terra, l'avrebbero resa umida e fertile, una volta tramutate in linfa avrebbero risalito gli alberi e nutrito le foglie, qualche animale avrebbe bevuto da quella fonte e, ristoratosi, avrebbe goduto di freschezza e di riposo... e mentre Akire si perdeva in quegli innumerevoli ed affascinanti pensieri, udì il richiamo della sua onee-san.
Stropicciandosi gli occhi riprese il secchio ormai pieno, mandò un bacio alla luna  con un gesto di profonda riverenza e si voltò, per tornare al suo giaciglio.
 
Alexis
23.07.2009

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