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Rita Antonioli


 

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Ritorna “Il gesto del suono”, la mostra videofotografica sulla sperimentazione musicale curata da Claudio Chianura. Nella sala espositiva di via Pietralba 29 a Laives, fino al 25 novembre sarà possibile visitare l’esposizione di ritratti fotografici realizzati da Rita Antonioli, una delle fotografe più importanti nel settore musicale e teatrale, reduce dal successo della sua mostra personale “B-Sides”, presentata nell’ambito del Melbourne International Arts Festival in Australia.

 

 

 GoranBregovic

 

 

 L’iniziativa è promossa dall’Ufficio Cultura provinciale e dedicata alla scena musicale di sperimentazione, alla ricerca nel contemporaneo e alla contaminazione dei generi, e ha già riscosso un ampio successo a Bolzano e a Milano, dove è stata presentata nell’ambito del festival MITO. La mostra è ad ingresso gratuito ed è stata realizzata in collaborazione del Coordinamento “Arte La Goccia” insieme al Comune di Laives.

 

 

 Laurie Anderson

 

 

 “Il gesto del suono” propone un percorso visivo e sonoro dedicato al gesto musicale attraverso documentazioni fotografiche e cinematografiche che ripercorrono le tappe della ricerca musicale della seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri. Il nucleo del progetto è un itinerario di “video musicali” che comprende l’avanguardia colta di John Cage e Cornelius Cardew, l’improvvisazione creativa di Fred Frith e Han Bennink, la sperimentazione di Alessandro Cipriani, Steve Jansen e David Sylvian.

 

 

 

 Meredith Monk

 

 

A questo percorso si affianca una galleria di ritratti realizzati da quattro tra i più importanti fotografi “musicali” italiani: Rita Antonioli, Silvia Lelli, Roberto Masotti e Luciano Rossetti.  Una rassegna fotografica che ora si è arricchita rispetto a quella di Bolzano, con nuovi ritratti di John Cage, Robert Ashley, Luigi Nono, Butch Morris, Giancarlo Schiaffini, Eliott Sharp, Frank Zappa.

 

 

 

 Patti Smith

 

 

 La fotografa Rita Antonioli negli ultimi anni si è dedicata al settore della musica, realizzando le copertine di musicisti quali Omar Pedrini, Pacifico e Sainko, l’immagine ufficiale di Patti Smith che ha firmato la prefazione del volume “Music B-Side Portraits” pubblicato da Rita Antonioli per la A+M BookStore Edizione. Sta lavorando anche alla ricerca “Uno sguardo dal palcoscenico” in cui sono ritratti tra gli altri Carolyn Carlson, Michael Nyman, Philip Glass, Ute Lemper, Paolo Fresu, Bob Wilson, Ryuichi Sakamoto. Abbiamo intervistato Rita Antonioli.

 

 

 Robert

 

 

l progetto a cui sta lavorando, “Normale ma speciale”, lo definisce un viaggio visivo volto ad esplorare il modo in cui il mondo extraoccidentale vive il suo rapporto con l’immagine. Il riferimento alle altre culture è evidente. Quale è lo scopo?
 “Il progetto è nato insieme ad un mio caro amico che di professione fa il parrucchiere a Milano e ha molti clienti di colore. Un uomo particolare, molto originale come sono originali anche i suoi clienti. Io ho iniziato a fotografare queste persone capaci di mantenere l’identità anche quando emigrano e vanno ad abitare in altre società e culture. Di solito in modo standardizzato, mentre loro sono capaci di mantenere un’identità riuscendo a reinterpretare la cultura occidentale, unendo sempre le loro tradizioni originali, i loro usi e costumi, la loro moda, fondendole con quelle del mondo che le ospita. Un’originalità che noi occidentali non possediamo. La gente di colore ha la passione della musica, vivono la musica con il corpo. E questo mi ha incuriosito, anche per invidia lo ammetto”.

 

 

 

 Sainko

 

 

 C’è differenza a ritrarre un musicista rispetto ad un altro genere d’artista? 
 “No. Non non c’è una connotazione precisa dell’artista musicale differente da altri generi. La mia posizione nei confronti dell’artista è quella di dimenticarmi che sia un grande personaggio e di rivolgere l’attenzione alla persona. Quando ci sono riuscita sono felice per avere evidenziato aspetti della persona che io ho davanti. A volte ci riesco, altre no. Dipende da come la persona si è posta nei miei confronti. Tutto si gioca nel legame che si viene a creare nella durata del tempo per fare il ritratto. Con Sakamoto il tempo è durato 40 minuti, un record. Il minimo storico che mi sia accaduto è di dieci minuti. A volte non è facile riuscire a fare una buona foto. Se la persona non è spaventata nel farsi ritrarre allora diventa tutto più semplice. Mi è accaduto che un’artista americana mi abbia detto che nell’atto di fotografarla sentiva che io le rubavo l’anima. Non è facile mettersi davanti alla macchina fotografica”. 
 Se lo dice lei che ha tutta questa esperienza.... 
 “Io ho fatto la scelta di stare dietro la macchina fotografica. Guardarsi dentro non è una cosa da tutti. Non è facile, diventa più facile se uno accetta e collabora. Altrimenti è come un muro da scavalcare. Diventa estenuante e cercare la via per dribblare non è semplice. Io raramente ho desistito. Avrei voluto entrare di più dentro la persona. Qualche volta è successo che abbia dovuto rinunciare. L’esperienza però mi ha aiutato”.

 

 

 catpower

 

 

Come giudica la fotografia quotidiana, quella che ci fa vedere scene anche scabrose? Ritiene che sia sempre un dovere di cronaca fotografare in ogni caso un evento anche drammatico?   “Secondo me oggi si è persa la forza dell’immagine rispetto a quella di venti anni fa. Siamo bombardati da milioni d’immagini, che non le vediamo più. Forse sarebbe necessario fare un passo indietro e ridare forza e vigore all’immagine. Io in una situazione imbarazzante non riesco a fare delle fotografie. Ritengo sia giusto fare delle foto quando ci siano degli abusi, delle ingiustizie, per denunciarli, ma anche quelle che dovrebbero avere un impatto comunicativo hanno perso il loro valore originario. Sommergere le persone di immagini è come non averle fatte vedere”.

 

La domanda più ovvia, forse: perché ha scelto di diventare fotografa?  
“La passione me l’ha trasmessa una zia che era una grande fotografa negli anni’50 e usava una Laika con il telemetro. Per me è stato un modo come un altro per entrare nel mondo, conoscere persone, paesaggi, considerare la luce, l’esposizione. Ma le foto migliori sono quelle che non ho fatto perché non avevo con me in quel momento la macchina fotografica, ma che avrei voluto realizzare. Fotografare è un modo di porsi di fronte al mondo”. –

 


Roberto Rinaldi
Intervista pubblicata sul quotidiano ALTO ADIGE di Bolzano
 
09 novembre 2008 CULTURA E SPETTACOLI

 

 
-Fotografie: Rita Antonioli.
-Intervista: Roberto Rinaldi.

-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano - Rosso Foto
-supervisione:Manuela Verbasi
-Direttore di Rosso Foto:  P. Rafficoni
-Staff Rosso Foto

-Editing: Manuela Verbasi

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