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scrittura lab - scrivi con noi un giallo- La gazza ladra

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Personaggi

 

La Gazza Ladra: protagonista del racconto ( il cui nome è Eva, figlia di un principe, la sua vera identità verrà scoperta più avanti)

Mike: l'ispettore innamorato della Gazza Ladra

Martin: ispettore capo

Lana: amica-dama di compagnia della Gazza Ladra

Stan: detective stagista

Ralph: il morto assassinato

Oliver: principe promesso sposo della Gazza Ladra

 

La vicenda si svolge tra Londra ed una ipotetica isola del Mediterraneo, paese natale della protagonista

 

 

Slacciandosi piano dal morbido abbraccio di lei si alzò dal letto, attraversando la stanza senza vergogna e senza pudore per la sua prorompente e statuaria nudità. Doveva farlo prima che lei si svegliasse, doveva sapere. Abbandonati sulla sedia c’erano i vestiti impregnati del suo dolce profumo e sotto di essi il marsupio. Con timore lo prese e lo soppesò, era gonfio e pesante. Con un sospiro spostò lo sguardo accigliato verso il corpo della donna mollemente steso sul letto, bagnato dagli argentei raggi lunari era magnifico, sospirò ancora. Lei sorrideva ignara di tutto, sorrideva grata della lunga notte d’amore passata tra le sue braccia, aggrovigliati tra le lenzuola candide. L’amava, amava tutto di lei, di quel corpo tenero e burroso. Amava i suoi lunghi capelli dal colore di fuoco sparsi sul cuscino, le sue labbra gonfie di baci, i suoi seni prosperosi, le sue natiche così rotonde e lisce, le sue gambe che gli stringevano i fianchi, amava le sue grida quando arrivavano all’apice dell’orgasmo, tutto, tutto amava di quella piccola e bellissima donna. La sua piccola “Gazza ladra” perché, come una gazza ladra era attirata da tutto ciò che luccicava, brillava e lo prendeva, lo nascondeva. L’amava tanto ma non avrebbe dovuto, lui era un uomo di legge e lei una ladra. Tornò a concentrarsi sul marsupio, aprì lentamente la cerniera senza far rumore, togliendo parte del contenuto sgranò gli occhi: “Maledizione, maledizione” imprecò tra sé passandosi la mano tremante tra i capelli, quelli che aveva in mano non erano la solita bigiotteria che lei trafugava ai grandi magazzini bensì dei diamanti belli, buoni e grossi. Quando era successo, quando aveva cambiato tattica, quale era la gioielleria che aveva derubato e lui non se ne era avveduto. Quando, quando. La testa stava per scoppiargli e gli mancava il fiato. Come era possibile che non se ne fosse accorto, erano mesi che la seguiva, che la spiava e poi…un giorno si erano scontrati all’uscita di quel bar, le era caduto il borsellino e ne era uscito quasi tutto il contenuto, insieme si erano chinati per raccoglierlo sbattendo le teste, si erano alzati ridendo come matti. Lei aveva rimesso in fretta tutto nella borsa adducendo la scusa che la bigiotteria serviva per un servizio fotografico di una sua amica che l’aveva scordata a casa sua e che gliela stava portando. Bugiarda e scaltra anche, ma pur sempre magnifica. Lui fece finta di niente ma rimase incantato della sua loquacità, del suo portamento e della sua bellezza. Dopo questo ci furono altri incontri “occasionali” e un po’ alla volta si accorsero che la scintilla dell’amore era scoccata, tante le notti come questa che avevano condiviso. Ed ora eccolo lì a ponderare come gestire quella questione così scabrosa. Cosa, cosa doveva fare con lei? Arrestarla di sicuro, ma come poteva fare questo alla donna che amava? Come poteva dirle che le aveva mentito sulla sua identità? Con un altro profondo respiro richiuse il marsupio e lo rimise dove l’aveva trovato, prese dalla sedia i suoi abiti e si chiuse in bagno, ne uscì cinque minuti dopo ma della sua piccola gazza ladra non rimaneva che il letto disfatto…e che stupido... non conosceva ancora il suo nome...(Eddy Braune)

 

Le chiavi inserite nella toppa dondolavano ancora. Era appena uscita. Ma come diavolo aveva fatto a vestirsi così in fretta?  Si mise all'inseguimento, saltando da un gradino all'altro le due rampe di scale. In strada, il traffico stava intensificandosi. Si volse in ogni direzione, ma di quella donna nessuna traccia. Ritornò nell'appartamento con l'aria sconsolata e ciondolante del leone che ha appena veduto il proprio pasto sfuggire in una nuvola di polvere. Raccolse la calma sotto la doccia. Sorrise allo specchio, mentre il rasoio scivolava sulla schiuma. "Che donna" - pensò. In jeans e maglietta, si recò al commissariato per redigere il rapporto, tralasciando ogni particolare della notte, anche se i suoi colleghi al poligono, durante le sessioni di tiro non si risparmiavano le volgarità più becere. Tra i tavolini del bar, lungo il viale, durante la pausa pranzo la vide in compagnia di un'altra ragazza, non meno affascinante. Le osservava. Erano molto belle, eleganti. Ridevano e chiacchieravano. Non riusciva a capire cosa dicessero. "Forse le sta raccontando della mia stupidità e di come si diverta a prendermi in giro". Da qualche tempo l'autostima erotica era in calo e la comparsa della "Gazza Ladra" gli aveva infuso rinnovati ardori. Decise di unirsi a loro, ma avrebbe dovuto apparire casuale. Si alzò e passò accanto al tavolino ove erano sedute, affinchè potesse vederlo; il seguito sarebbe venuto da sè. E così andò. Lei si scusò per essere fuggita, ma si era accorta di essere in ritardo per un appuntamento. Lo avrebbe richiamato per spiegarsi e offrire un dono di pace. Gli presentò la sua amica: quella del servizio fotografico. E lui: "Scusa, ma tu...come ti chiami?" E l'amica, Rebecca : "Ho capito bene? Voi due...ancora non conoscete i vostri rispettivi nomi?" Una risata seguì il punto interrogativo. Tesi la mano e pronunciai il mio nome, la Gazza il proprio. Pochi attimi dopo sembaravamo tre compagni di liceo spensierati. Il cervello di lui, macinava dati, pensieri e congetture, mentre gli uscivano battute ed aneddoti divertenti. Quelli erano veri. La sua amica è la ricettatrice? No, forse la committente del furto dei diamanti. Il servizio fotografico è una balla, anche se la sua amica potrebbe essere davvero una modella. La Gazza, a me: "Atom Ant! Hai la maglietta con Atom Ant...adoravo quel cartone animato..."(Andrea Occhi)

 

Lei però a queste parole si irrigidì improvvisamente. Manco nel momento in cui venivano pronunciate avesse visto qualcosa o qualcuno.  E con una scusa banale volle allontanarsi da noi. Restammo io e questa sua misteriosa amica quindi da soli. "Ed ora che faccio"? pensai immadiatamente.

"Potrei cogliere la palla al balzo e tentare qualche domanda" ma so bene che questa è gente furba e smaliziata. Non vorrei svelarmi. "Meglio se intanto la invito a cena" conclusi e con un sorriso stampato glielo chiesi con finta speranza chiaramente esposta.

Speranza di un si ovviamente.

Subito lei mi rispose evasiva, che mi sembrò atteggiamento tipico delle persone appartenenti al suo genere ed infine "Perchè no?" mi rispose... stasera non ho nulla in programma. Anzi se vuoi dopo mangiato potremo addirittura andare in un posto... che mi accompagni... che devo vedere come dire in incognito... i tipi di locali e di persone che frequenta il mio compagno quando esce da solo. "Un compagno?" Lei ha un compagno fisso e la cosa diventa ancora più interessante pensai di getto. "Va bene quindi ci vediamo alle nove... se mi dai l'indirizzo passo io da te". "Uhm meglio di no." Non vorrei che degli occhi ignoranti ci vedessero e delle lingue interessate riferissero. "Ci incontriamo in stazione dei bus... sulla corsia di partenza numero diciasette". "Ciao". Mi restavano un poche di ore da passare dunque. Rientrai al commisariato e volli controllare tra le foto dei ricercari se la trovavo... questa misteriosa amica. Se non che niente avrei dovuto andare all'appuntamento al buio. Mi rendevo conto che c'erano le condizioni di una vera e propria trappola infatti... però non potevo mollare. Queste vicende mi erano oramai entrate nel sangue anche e meglio di lei ed oramai il mio coinvolgimento era totale. (Sid Liscious)

 

 

L’aria della stanza da letto era ancora pregna dell’aroma del suo profumo per questo da giorni non apriva la finestra, voleva farlo durare il più allungo possibile. Ma per quanto facesse o dicesse, Mike, non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di stupore e ambiguità che avvertiva ogni volta che l’incontrava, come era successo quella mattina. Un momento era tenera, solare, dolce, il momento dopo distante, algida, austera e fingeva di non conoscerlo. Anche il profumo…no, il profumo no, era lo stesso, invece era l’aroma della sua pelle che di volta in volta cangiava, un uomo innamorato lo sente, sente la differnza e per questo non si dava pace. Insomma, ragionò, era come se in lei albergassero due persone diverse. Il disagio era aumentato al ritorno in ufficio dopo la pausa pranzo e l’incontro con la piccola ladra e la sua complice. La questione diventava sempre più spinosa, si spinosa come il captus che si trovava sulla sua scrivania e che non ricordava di aver mai avuto. Sotto il vaso intravide un biglietto, nel spostarlo per prenderlo si punse un dito ed imprecò di brutto, al che il collega della stanza accanto si affacciò sulla porta guardandolo sorpreso: <<Hei Mike che succede?>> <<Niente, niente succede.>> Il biglietto diceva: “ Domani alle 9 a St. Paul.” Non c’era nessuna firma, non ce n’era bisogno sapeva a chi apparteneva quella scrittura svolazzante. “Si domani, alle 9.” (Eddy Braune)
 

 

Squillò il cellulare, era successo un fattaccio nella casa di Rosso, mi chiamavano per le indagini di rito. Sembrava fosse stato ammazzato uno, un certo Ralph Denton o Danton, non so bene cosa, mai sentito prima quel nome se non in Happy Days, l'amico di Fonzie non era Ralph? E padre Ralph, quello brizzolato, pallido, di uccelli di rovo. Un POETA, mi dissero ironicamente, che aveva sborsato più di mille euro per farsi pubblicare un libro che non andò mai nelle librerie. Un POETA morto. Uno più, uno meno, pensai ghignando, che sarà mai?

 

In pochi minuti giunsi alla casa, c'era un capannello di curiosi a far cornice, appena dopo il nastro che avevano messo per non farli avvicinare troppo ed inquinare le prove... <<sempre ci sono le prove, tutto sta a trovarle>> era il mio capo, un bravuomo che fumava due pacchetti di sigarette al giorno, vedovo da vent'anni, rugato e pensieroso, immerso in una nuvola di fumo, parlava con un ragazzo, uno stagista biondo e lentigginoso che stava imparando a fare gratuitamente il detective. (Manuela Verbasi)

 

Il cadavere di Danton era riverso sulla scrivania, le mani appoggiate sul tavolo, era vestito in maniera ordinatamente disordinata, come fosse la caricatura di un artista maledetto, scarpe da duecento dollari mai lucidate, pantaloni di lino non stirati e una camicia button down con bottoni del colletto sganciati, sul mignolo sinistro un anello femminile, di bassa bigiotteria. L'evidente causa del decesso era conficcata al centro della schiena, uno stiletto dal manico lungo e sottile, come presumibilmente la lama, pareva essere un tagliacarte, di quelli che si comprano alle bancarelle dei souvenir, infatti, nel manico di finto avorio si leggeva tra il sangue la scritta “Saluti da Venezia”
Mike guardando il cadavere sulla scrivania cominciò ad abbassarsi fino a raggiungere con lo sguardo il piano della scrivania, suscitando l'interesse dell'ispettore capo e dello stagista, in effetti sotto il corpo spuntava un lembo di carta da lettera, un foglio rosa pallido, di quelli che si usano per gli auguri o per scrivere lettere d'amore, ( Leopold bloom)
 
Lentamente, con due dita Mike sfilò il foglio da sotto il cadavere e aggrottando la fronte lo esaminò, lo annusò. Si era proprio come aveva sospettato, il profumo che emanava lui lo conosceva molto bene, aveva riconosciuto anche la scrittura che lo vergava, sapeva, accidenti sapeva a chi apparteneva. Quello che non sapeva era cosa la sua piccola ladra avesse a che fare con un avanzo di galera come Ralph Danton, pseudo poeta, giornalista, truffatore e ora anche ladro? Forse che il morto era il complice dei suoi furti? E chi aveva posto fine alla vita traviata di Ralph? Non lei. Sperava ardentemente che non fosse stata lei. Rigirando ancora il foglio tra le dita lesse il messaggio che recava: “ Domani alle 9 a Westminster, fatti trovare.” Se il messaggio l’aveva scritto lei come avrebbe fatto a dividersi tra St. Paul, l’appuntamento che aveva con lui e Westminster con Danton? Mille domande e mille congetture gli frullavano in testa ma non avevano ancora una soluzione, c’era solo quella strana sensazione che gli scorreva tra le viscere di aver a che fare con due persone ben distinte, due persone diverse, sembrava un’assurdità eppure…Doveva assolutamente andare all’appuntamento e avere da lei una spiegazione più che plausibile altrimenti sarebbe diventato pazzo oltre che stupido. Ancora immerso nei suoi pensieri non si accorse che Martin il capo lo aveva chiamato già tre volte, se ne avvide solo quando Stan lo stagista, quel ragazzo non gli piaceva per niente, gli toccò il braccio, uno strano sorrisetto gli alleggiava sulle labbra livide, solo allora si riscosse. <<Cosa…si capo…volevi?>> <<Si Mike volevo sapere cosa hai trovato di così interessante.>> <<Solo questo biglietto che dà appuntamento a Danton a Westminster domani, però non c’è firma.>> <<Scopriremo a chi appartiene. Imbustalo e mandalo alla scientifica…e Mike vedi di tenere la testa sulle indagini e non altrove.>> <<Si capo.>> ( Eddy Braune)
 
Steso al sole, col suo costume anni settanta, la pancetta dell'indolenza, i suoi brizzolati e ondulati capelli, Oliver teneva in mano una lettera rosa pallido, lo sguardo serio, di chi deve decidere, di chi farebbe a meno di decidere, un momento ancora e il lento sollevarsi conferma l'azione, una decisione inevitabile, da mettere immediatamente in atto, il cellulare in mano, il volo per Londra parte tra due ore, il tempo di mettere qualcosa in valigia.
Cerca di ricordare, mentre mette prepara i bagagli, il fratello di Lana, quanto tempo è passato, quattro, cinque, no, sei anni, erano ad Amburgo, lui aveva scritto il suo primo romanzo, un delirio di duecento pagine con quattro virgole messe nei punti sbagliati. Lana lo aveva invitato alla presentazione, per dare un poco di prestigio al fratello, lui lo aveva accolto con il distacco del genio incompreso.
Ricorda benissimo il sorriso di Eva quando lo vide, quel tipo di sorriso che si fa alle persone che hanno preso una sonora batosta e non possono restituirla, quel sorriso di vittoria assoluta e incancellabile. Ricorda anche la reazione del fratello di Lana, quello scostarsi degli scarafaggi al giungere dell'acqua, l'arretrare lentamente indietro, con la faccia al pericolo.
Quando con lo sguardo aveva chiesto a Eva “C'è qualcosa che devo sapere?” Eva sorrise, facendo un leggero broncio. Lo scrittore aveva intravisto il paradiso ed era piombato nell'inferno, povero diavolo, conosceva la crudeltà di Eva, sapeva cos'era quel sorriso, lunghi tormenti, sogni agitati, ossessione. (Leopold bloom)
 
Il volo per Londra era in ritardo, c'era stato un allarme attentato, una borsa abbandonata al ritiro bagagli e così i voli erano tutti fermi, Oliver decise di prendersi un caffè al bar e mentre sedeva distratto e assorto nei suoi pensieri gli capitò di far scivolare lo sguardo sui titoli del giornale, la notizia riportava l'assassinio di un certo Danton e questo nome se lo ricordava bene. Era uno presente in numerosi siti, viaggiava in internet dandosi un sacco di arie e scrivendo “lei non sa chi sono io” ad ogni commento, ormai non li leggeva più, belli o brutti, positivi o negativi che fossero lui rispondeva sempre allo stesso modo.
Il giornalista che aveva scritto l'articolo doveva essere uno sveglio, gli era arrivata evidentemente una soffiata perché l'articolo riportava un particolare decisamente rilevante e per lui sconvolgente; avevano trovato un lembo di carta rosa pallido, avrebbe voluto morire, prese fra le dita la lettera e si sentì mancare. Ma sì in fondo il mondo è pieno di fogli rosa pallido e di Danton e di falsi scrittori, non doveva temere nulla.
L'annuncio giunse come una liberazione, il volo sarebbe partito, si trattava di un falso allarme, la borsa era piena di vestiti era stata forse dimenticata da qualcuno, pagò il caffè lasciando una mancia esagerata, la cameriera lo notò, si diresse verso il gate con il cuore gelido e le mani sudate, a Londra sarebbe arrivato di certo ma non con il cuore leggero. (Tiziana Tius)
 
 
Prima di andarsene, Martin gli aveva affidato Stan, senza troppe parole, in un rito ormai consolidato, tutti sapevano cosa fare, tranne Stan. Mike non sopportava di doversi occupare dei novellini, gli intralciavano i movimenti, ma in questo caso gli tornava utile, voleva essere in due posti contemporaneamente e Stan sarebbe stato i suoi occhi a Westminster, era convinto che all'appuntamento qualcuno si sarebbe presentato, altrimenti non si sarebbe trovata la lettera. Immaginando l'omicidio, l'assassino in piedi alle spalle di Danton, che poteva vedere il piano della scrivania, la lettera in bella vista, se per l'assassino quella lettera aveva un qualche valore, l'avrebbe fatta sparire, no, la lettera non l'aveva scritta l'assassino.
“Procurati una macchina fotografica e domani vai a Westminster, fotografa tutti quelli che si avvicinano al luogo dell'appuntamento, sviluppi le foto e me le porti, tutto chiaro”
“tutti”
“Si tutti, anche i preti, i bambini, i cani, tutti”
“va bene Mike e adesso cosa facciamo?”
“Adesso, non facciamo niente, tu resta qua, guarda se la scientifica scopre qualcosa, io ho delle cose da fare” ( Leopold bloom)
 
 
Mike uscì di corsa dall’ufficio sbattendo la porta. Era incazzato, davvero incazzato e anche molto preoccupato. Ma per chi lo aveva preso Martin per una babysitter. Non sopportava quel bamboccio e sapeva che il capo aveva fatto apposta ad appiopparglielo. Sembrava uno stupido ma il suo istinto gli diceva che non lo era affatto, il suo modo di fare aveva qualcosa di sospetto, l’aveva capito sin dalla prima volta che l’aveva visto, prima o poi avrebbe scoperto cosa nascondeva dietro quella maschera di ingenuo studentello. Per il momento i suoi pensieri andavano in tutt’altra direzione e la sua paura aumentava. Non era possibile che la sua piccola ladruncola fosse anche un’assassina; il suo cuore batteva all’impazzata per il timore che ciò fosse vero, la sua mente invece gli diceva che ci doveva essere una valida spiegazione se quel biglietto si trovava lì sotto al cadavere. Intanto che i pensieri gli macinavano nel cervello si accorse d’esser arrivato sul ponte di Tower Brigde decise allora che per scaricare i nervi era meglio fermarsi a fumare una sigaretta. Si appoggiò al parapetto del ponte per guardare l’acqua scorrere tranquilla mentre il fumo che sputava dalla bocca danzava nell’aria anello dopo anello. Una follata di vento gli scompigliò i capelli che poi pettinò con le dita; un foglio di giornale si intrufolò tra le sue gambe, fece per calciarlo via ma una foto attirò la sua attenzione. Ormai aveva perso la voglia di fumare, con dita nervose gettò il mozzicone giù dal ponte e si chinò a raccoglierlo. Per la verità c’erano due foto, sotto alla prima, quella d’un uomo molto importante, la didascalia diceva: Oggi all’aeroporto di Heathrow è atterrato l’aereo proveniente dall’isola di Titanos con a bordo il principe Oliver primo ministro di quel paese e fidanzato con l’erede al trono la principessa Eva. Leggendo le parole scritte sotto alla seconda sentì una pugnalata trapassargli il cuore: Il principe Oliver e la principessa Eva durante la festa del loro fidanzamento. Dunque si chiamava Eva ed era una principessa la Gazza Ladra. “Accidenti a lei, mi ha preso in giro” pensò. Accartocciò il giornale e se lo mise in tasca. “Vedremo, o si domani la vedremo io e te.” . (Eddy Braune)
 
 
 
 

 

a cura di Eddy Braune, Leopold Bloom e blinkeye62

 

 

in costruzione - ci sono cose da aggiustare, graditi suggerimenti 

 

continua tu

 

chi desidera può partecipare scrivendo un suo brano a commento. È importante seguire il racconto man mano e non scrivere pezzi a caso...

gentilmente segnalate errori, incoerenze, refusi e ripetizioni qualora ve ne accorgeste.

 

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