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Vittorio Fioravanti - Racconti

La coda

Il Paese stava affondando in una crisi inarrestabile. Si trattava d'una crisi economica diventata politica. O era politica, ed ora s'era fatta dannatamente economica. Era ad una svolta, a un crocevia della sua lunga storia. Simone non lo capiva bene; sapeva soltanto d'esserne vittima. Era disperato: aveva perso il lavoro, era stato sfrattato, aveva dovuto vendere la macchina. La moglie e i figli, era stato costretto a mandarli a vivere dai suoi suoceri in una fattoria dell'interno; lui era invece restato nella capitale, in casa d'un compagno d'ufficio, cercando lavoro. Ma per motivi che non volle mai rivelare, dopo poche notti da quell'amico non c'era più tornato.

Tutto era cominciato tre o quattro anni addietro. Era andato a votare quasi di malavoglia, senza una ferma opinione. I governi corrotti gli avevano tolto l'entusiasmo negli ideali democratici appresi a scuola. C'era andato per scrupolo di coscienza, per compiere un dovere. Era abituato alla conformità delle regole imposte: in ufficio era l'ultimo a uscire e il primo a riprendere posto. In vent'anni non aveva fatto che un paio d'assenze. In quei due giorni che gli erano nati i figli, a lui e a sua moglie, una delle segretarie della ditta dov'era impiegato.

Era andato a votare nella sua utilitaria, in una coda di macchine ai crocevia, nel traffico causato da quelli che se n'andavano a passare la domenica al mare. Fregandosene della politica e dei semafori. Lui no. Lui aveva deciso d'andare a votare, così come l'aveva fatto ogni volta. Magari pentendosi poi del voto che aveva apparentemente sempre sprecato, dandolo a qualcuno che non l'avrebbe poi meritato. Questa volta non sarebbe successo; ma era incerto, confuso. Quasi di malavoglia, per l'appunto.

Mentre aspettava, s'era andata formando una lunga fila davanti al seggio elettorale. Gente accorsa come lui in cerca d'un cambio ai vertici del Paese. Nella coda aveva attaccato discorso con un paio di persone, ed uno che era vecchio e aveva la barba incolta, ed era l'ultimo della coda, l'aveva convinto ancora più fermamente che il Paese era ormai ad una svolta, a un crocevia della sua lunga storia, e che avrebbe dovuto dare la sua preferenza all'uomo nuovo della politica nazionale. E aveva votato mettendo una croce accanto al nome di quello lì.

E quello lì, appena eletto presidente, aveva fatto un discorso molto serio, perché nuovo. Aveva detto no a tutto quello che Simone detestava: no alla corruzione, no alla povertà, no all'ingiustizia, no alla violenza, no ai bambini abbandonati per le strade, agli anziani senza pensione, ai senzatetto, ai disoccupati, a quanti per decenni erano stati sfruttati. Quanto aveva applaudito Simone!..

Ma non erano passati che pochi mesi, quando Simone aveva dovuto cominciare a dubitare anche di quello lì. Il primo colpo l'aveva ricevuto nell'ospedale. Vi aveva portato d'urgenza sua moglie incinta una sera. Nella sala d'attesa avevano trascorso ore ed ore, ma quando era giunto il loro turno una vestita di un bianco sporco gli aveva semplicemente detto che di quel determinato medicamento non ce n'era più in esistenza. Esaurito o rubato; sparito e mai più rifornito. Per giorni e giorni sua moglie era tornata a fare la coda. Invano. E un mese dopo avevano perso quel loro terzo figliolo. E pensare che gli avrebbero voluto mettere per nome quello del presidente.

Il secondo colpo era stato in ufficio. Aveva visto gente entrare e andare al piano superiore dal gerente, e poi uscire con scatole di cartone in mano. Scatole piene di mazzette, gli aveva detto il compagno, che ne sapeva di più. La ditta andava avanti sospinta dai rigurgiti della più sfacciata corruzione. Peggio di prima. Lui per sbrigare le pratiche che gl'incaricavano, ora doveva recarsi a fare la coda in un ministero. E vi rimaneva in piedi per ore.

Così passarono ben quattro anni. Tutti difficili, di male in peggio. Al secondo il gerente l'aveva licenziato in tronco per ridurre il suo personale. Al terzo l'avevano sbattuto fuori dal piccolo appartamento, dopo avergli triplicato l'affitto. E ora sopravviveva cercando di vendere aggeggi di plastica agl'incroci delle strade. E in quegli anni intanto il governo non aveva mandato in galera neanche un corrotto, gli arricchiti se n'erano andati all'estero, la classe media s'era impoverita, la malavita aveva fatto stragi impunite, i vecchi morivano sulle porte degli ospedali sforniti perfino d'aghi e siringhe, le scuole chiudevano i loro battenti svaligiate da bande armate, i disoccupati avevano superato in numero gli occupati, i senzatetto quelli col tetto, e nelle strade correvano torme di bimbi abbandonati in sconcertanti tumulti sia di giorno che di notte. Una vergogna!

Simone aveva fatto la coda per pretendere la liquidazione corretta, senza riuscirci. L'aveva poi fatta per sollecitare invano che lo lasciassero vivere con i suoi nell'appartamento affittato. Altre code le aveva fatte in giro cercando lavoro, e perfino per mangiare tra i più derelitti. Doveva fare la coda anche per entrare tra i fedeli nella cattedrale e chiedere il loro aiuto, un'elemosina.

Fare la coda era diventata la sua ossessione. In quelle ore d'attesa sotto il sole e la pioggia andava maturando piani rabbiosi di rivolta, che poi rimuginava di notte nell'angolo del suo ricovero. L'obiettivo era il presidente, colpevole di tutti i suoi mali. Quell'uomo bugiardo, incapace, corrotto, autoritario. Nei suoi più lucidi incubi si scagliava sul tiranno carico di dinamite, o gli si avvicinava sigilloso con una lama tra le mani. Strozzarlo era il modo più semplice, quello più pratico. Armi non ne aveva, soltanto il rancore e la voglia di vendicarsi.

Quando seppe che la moglie gliel'avevano uccisa in un assalto di guerriglieri fallito nel tentativo di sequestrare suo suocero e chiedere il suo riscatto, Simone perse la testa. E il magnicidio divenne la sua idea fissa. L'arma l'aveva trovata nei paraggi della piccola fattoria, dov'era caduta in una pozza di sangue la madre dei suoi due figli. Qualcuno l'aveva smarrita proprio quella notte, e nessuno l'aveva cercata. Era una glock .40 carica di proiettili.

Quello stesso giorno che l'aveva raccolta tra le pietre, attratto da un riflesso, aveva deciso sull'uso che ne avrebbe fatto: sparargli tutto il caricatore in faccia al tiranno. Sotterrata la donna, abbracciati i bambini, fece la coda per salire sulla corriera, e in poche ore tornò alla capitale.

Appena giunto prese la strada in salita che portava al palazzo presidenziale. Una strada lunga e diritta che iniziava ad un crocevia, con un marciapiede a destra occupato da una fila altrettanto lunga e diritta di persone in attesa. Mentre passava qualcuno gli disse: "Ehi, tu, dove vai?". "Ad ammazzare il presidente..." rispose con rabbia Simone. E quello, che era vecchio e aveva la barba incolta, ed era l'ultimo della lunga fila che iniziava in quel crocevia, gl'intimò allora perentorio: "E cosa credi che siamo venuti qui a fare noi tutti ...aspetta il tuo turno, e mettiti quì dietro in

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