Camille Claudel e Frida Khalo/ Passione e Agonia | Arte | Antonella Iurilli Duhamel | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Camille Claudel e Frida Khalo/ Passione e Agonia

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Parigi ospita contemporaneamente due grandi artiste per molti versi somiglianti; Camille Claudel e Frida Khalo. Tutte e due furono allieve, amanti di due mostri sacri del mondo dell’Arte: August Rodin per Camille,  e Diego Rivera per Frida. Entrambe conobbero l’esaltazione di una relazione fuori dal comune, per essere poi scornate, umiliate e abbandonate nel dolore e nella vergogna senza pietà.

 

E’ risaputo quante poche possibilità di sviluppo ci siano sia all’ombra di un grande albero. La sorte di queste due artiste dovette fare i conti con gli aspetti contradditori di tale posizione. Sebbene dotate di  talento, cultura e bravura  divennero le  tipiche vittime di un certo potere maschile, sulle prime protettivo, e infine   castrante ed insidioso per la loro integrità fisica e mentale.

 

Frida dipinse fino all’ultimo, anche se spesso da sdraiata a causa dei fortissimi dolori alla schiena; Camille invece, smise di scolpire e modellare dal giorno in cui la sua famiglia decise di internarla in un nosocomio, dal quale disgraziatamente uscirà solo il giorno della sua morte.

 

Tra alti e bassi, divorzi, riconciliazioni e rappresaglie sessuali, la relazione Khalo /Rivera persisterà  con le sue forti ambivalenze  fino alla morte di Frida.  Tra Claudel e Rodin invece, ci sarà un connubio artistico e sentimentale di quindici anni che raggiungerà l’eccellenza artistica soprattutto per il lavoro di Rodin, mentre la relazione sentimentale si spingerà molto in basso, e a farne le spese sarà Camille.

 

Il grande Rodin incontrò Camille quando lei aveva diciassette anni, a impressionarlo non fu solo la competenza tecnica della giovanissima scultrice, ma anche la sua bellezza. Camille a sua volta, aveva già prodotto opere di buon livello, ampiamente sostenuta dalla considerazione di suo padre,  in un periodo in cui una donna non avrebbe potuto accedere all’importante  “ Ecole des Beaux Arts”.  Non c’è da stupirsi dunque, che  fosse attratta dall’affermato scultore; Rodin era per lei l’incarnazione della realizzazione del suo più grande desiderio: diventare una scultrice.

 

Il resto della storia è noto, Camille entrò a far parte dell’atelier Rodin e contribuì assieme ad altri artisti, a creare le monumentali, opere che oggi abbiamo ancora il piacere di ammirare. Era la migliore scultrice dell’atelier, le erano affidati i lavori più difficili, l’esecuzione delle mani e dei piedi, molto spesso era lei a eseguire le bozze che Rodin avrebbe poi rifinito. Gli storici ritengono che i migliori lavori di Rodin risalgano proprio al periodo della loro relazione, e vale sicuramente la pena di ricordare che  molte opere del periodo, ora custodite nel Musee Rodin, furono eseguite a quattro mani.

 

Il loro sodalizio artistico pedagogico, cominciò a incrinarsi, non solo per l’ambiguità sentimentale di Rodin, ma anche per il desiderio di autonomia artistica di Camille, intenzionata a  produrre opere per proprio conto. Non fu l’unica, artisti come Antoine Bourdelle e Constantin Brancusi per esempio, si distaccarono dall’atelier Rodin per affermare la loro arte lontano  dall’ombra del grande maestro.

 

Anche Diego Rivera all’epoca del suo incontro con Frida Khalo era un artista affermato e di molti anni più anziano di lei. Il monumentale muralista considerato il “Michelangelo” latino americano, fu immediatamente attratto dal talento e dalla bellezza della giovanissima Frida e molto rapidamente si unirono in matrimonio.  Da quel giorno per Frida, oltre ai cronici dolori fisici si assommarono ingenti dolori morali, a causa  dell’inconsistenza sentimentale di Rivera tanto da giustificare l’affermazione: “ Ho avuto due grandi incidenti nella mia vita, uno il giorno in cui la mia colonna fu spezzata e l’altro quando incontrai Diego”.

 

Tuttavia, proprio come avvenne per Camille Claudel, le umiliazioni non scalfirono, l’ingente proiezione di tutta se stessa nei confronti di un unico uomo  in grado di rivestire  i molteplici ruoli di  maestro, marito padre e madre; non a caso  Frida ebbe spesso a dire: “ Diego è il nome dell’amore”.

 

Frida come Camille, era la preferita del padre: in simili circostanze tale situazione privilegiata è frequentemente  accompagnata  dalla freddezza emotiva della madre, e  altrettanto  spesso certe ferite sono anelli di catene generazionali.

 

La madre di Camille perse la sua all’età di quattro anni,  la madre di Frida fu abbandonata dalla famiglia e affidata a un orfanatrofio. Il precoce rifiuto e abbandono materno salvo che non intervengano importanti fattori di compensazione e non di certo da parte di figure maschili, crea di sovente nella personalità delle donne un vuoto di saggezza e spiritualità  a cui fa eco il mancato orgoglio di essere donne.

 

Tanto Camille quanto Frida, desiderarono  essere come gli uomini, non pretesero sopra ogni cosa  il riconoscimento, il rispetto e l’amore in quanto donne;  entrambe furono maggiormente propense ad  identificarsi con valori maschili; la loro identità femminile era debole e inconsistente, da un lato avevano un’esagerata immagine di se stesse e dall’altro erano insicure rispetto al senso del loro reale valore e della loro femminilità.

 

Dotate di grande talento e forza creativa, belle colte   eppure sguarnite e fragilissime si lasciarono maltrattare. E’ penoso associare tanta bravura a una simile desolazione, è difficile accettare che un così grande potere creativo possa essersi fatto violentare fino alla devastazione.

 

Camille e Frida si diedero anima e corpo ai loro compagni senza peraltro esserne mai soddisfatte; si fecero umiliare e abbandonare, soffrirono tutta la vita, un indicibile dolore, ma non giunsero mai a interrompere in maniera creativa la ciclicità del rapporto carnefice/vittima. Le loro relazioni furono una drammatica ripetizione del rapporto padre/figlia, e come mere appendici maschili non giunsero mai a credere veramente in se stesse; il loro senso di valore dipese per tutta la loro vita dalla benevolenza o dalla malevolenza di un uomo.

 

Perché non si salvarono? Perché non seppero dire basta a tale tragedia? Erano artiste, delle grandi artiste; i loro lavori ci toccano ancora nel profondo dell’anima. Erano donne  ambite e desiderate, avrebbero potuto stabilire relazioni maggiormente funzionali. Perché permisero di essere vittimizzate allo stesso modo?

 

Camille era figlia dell’800, le donne erano fortemente  penalizzate nel loro desiderio di autonomia; Frida invece, era figlia della rivoluzione messicana, aveva dalla sua parte  tutti i vantaggi di nuove  libertà; eppure anche lei non seppe sottrarsi al martirio di esistere ed avere valore solo attraverso il giudizio di un uomo.

 

Frida fu introdotta da Diego in tutti i salotti artistici, Diego   Rivera  provvide al suo mantenimento fino alla fine, ebbe inoltre  un grande rispetto per la sua Arte e contribuì a renderla nota. Camille invece, fu tenuta nascosta da Rodin, il quale  pur beneficiando personalmente del suo apporto artistico, non le fu mai di aiuto per ottenere anche la più piccola commissione.

 

La voleva tutta per se nel suo letto e nel suo atelier; totalmente dedita alla soddisfazione dei  suoi bisogni, la lasciò da sola a vivere la durezza di una relazione clandestina,  l’abbandonò anche quando lei abortì il loro figlio. Pretese il massimo in cambio di poco o nulla; averla nel suo Atelier, era il massimo della considerazione che intendeva riservarle. Eppure diceva di amarla, chiese di lei, definendola sua moglie, persino prima di morire, ma in realtà aveva permesso  che lei si consumasse nella miseria e nella malattia e una  volta internata non la degnò  mai neanche di una visita.

 

Camille  risentì dell’ipocrisia e del moralismo dei suoi tempi, Frida, poté avvantaggiarsi di una maggiore libertà; nondimeno questa maggiore indipendenza non  le valse un maggior rispetto; ,

al pari di Camille  non seppe eludere le cocenti  umiliazioni  inflittele da Rivera.

 

Camille e Frida furono prigioniere d’inflessibili corsetti, che ostacolarono l’espressione della loro pienezza femminile; sono passati molti anni e molti reggiseni sono stati bruciati sulle barricate ma il quesito rimane ancora aperto: quanto profonda e reale può considerarsi la liberazione da certe corazze, fino a che punto i corsetti si sono incarnati, tanto da divenire una  sorta di seconda natura? Fino a che punto il corpo e la mente di una donna devono omologarsi a una serie di valori che esulano dalla loro naturalezza e dalla loro identità per colmare il crescente vuoto di riconoscimento e amore? Fino a che punto, la catena dalle piaghe inflitte al senso dell’identità femminile è stata sanata?

 

 

 

 

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