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Com'era al principio del '900 quello che ora e` chiamato "MITTELEUROPA"

Come era al principio ‘900 quello che ora e` chiamato Mitteleuropa

Devo accelerare i tempi e presentarvi ora quello che nel passato faceva parte a quel territorio che ora è chiamato “Mitteleuropa.”

Era mia intenzione di presentarvi in un futuro le memorie della famiglia di mia madre, e che rispecchia la vita dei Tullio di Nimis, e che io raccolsi nel mio libro “A tale of the Past”

In questa parte del mio capitolo quattro potrete rivivere la vita di quei tempi di coloro che erano parte dell’Impero Asburgico Austro-Ungarico.

Devo grazie a Maria Teresa Sanguineli per aver iniziato questo argomento storico di rilievo attuale, l’unione di quelle potenze Europee che sino un secolo or sono amavano il loro sovrano di allora, l’Imperatore d’Austria-Ungheria, Francesco Giuseppe.

  ~*~

Stralci dal capitolo quattro di “A tale of the Past”

                   CAPITOLO  4

 

         BUDAPEST

 

 Durantele le prossime settimane mia madre fu presa dall'ansia di raccontarmi di quei tempi passati, memorie che ritornavano in lei, e disse,"...Devo farlo ora prima che le dimentichi nuovamente," Nonostante il suo desiderio impellnte di raccontarmi quei segreti che erano rimaste in lei per troppo a lungo, trovai che a volte la sua narrazione era contradditoria. Allorche` avveniva  fermava bruscamente di parlare, e dopo un breve soprapensiero, riprendendeva la narrazione correggendo quanto aveva detto prima.

Mi disse, “Quel viaggio fu per me una grande esperienza. Viaggiammo per ferrovia sino a raggiungere Vienna, e da li' proseguimmo con una nave che discese lungo il Danubio fino a Budapest. Rimasi sul ponte del battello piu` che potei, per ammirare il susseguirsi vi villaggi e citta` che presentavano la storia passata con i loro monumenti, castelli, e chiese. Era un'esperienza  inreale, come un lungo racconto di fiabe e ne fui affascinata per quanto potei vedere ed imparare.”

 “Mia madre mi sorprese quando la udii parlare con un’altra signora in Ungherese, e sappi quanto quella sua conoscenza ci fu` di aiuto durante il nostro viaggio.”

Fu durante quel viaggio, quando ancora navigavamo verso Budapest, che Mamma Gigia  incomincio` a confidarmi della sua vita in questa citta` durante quei giorni lontani del 1901.

Erano ricordi in lei ancora vivi sebbene fossero passati ben piu' di trent'anni ed ebbe modo di commentare cambiamenti avvenuti in questa citta' attraverso il tempo.”

Ebbi modo di discutere con mia madre riguardo la loro visita ed ancor piu` le chiesi quanto piu' potei di rivelarmi quali furono le confidenze di Mamma Gigia quando si reco` per la prima volta in questa citta' di quel lontano 1901.

 Parlammo per oltre una buona settimana del piu' e del meno, riguardo le loro esperienze, di cosa avessero visitato, visioni diurne e notturne e in piu` quali sentimenti e desideri nacquero in loro durante quella visita in Budapest.

E cosi`, pennellata dopo pennellata, seguendo il dettagliato racconto di mia madre, apparve alla fine innanzi a me una storia che puo` sembrare incredibile per coloro che solo conosce il mondo di oggi. Seguendola nel suo racconto della Gigia, sua madre, potei entrare in quel mondo diverso, che appariva sfocate nel tempo come vecchie pellicole in bianco e nero, e sbiadite con sfumature giallastre. Nella mia mente si formava la trama di quel vecchio film, avvolto con apparizioni misteriose e alquanto nebulose e vaghe di quel passato. Ma come piu` apparivano a me quelle memorie, mi sentivo sempre piu` affascinato poiche` erano capaci di farmi rivivere tempi lontani, e certamente grandiosi.

A poco a poco, come in un mosaico, si stavano formando in fronte a me l’apparizione di palazzi, grand hotels, luoghi signorili e sale da ballo illuminate dalle prime lampade elettriche. Ebbi modo di far rivivere, attraverso il racconto di mia Madre Antonia, quelle Dame del passato vestite in lussuosi ed attilati abiti e adorne con preziosi diademi e lunghe collane di perle. Le ammiravo, poiche` quei gioielli mettevano in risalto la loro aristocratica bellezza, regali nella moda di allora, con larghi cappelli piumati, e con le loro braccia avvolte in lunghi guanti in seta simili ai loro vestiti. Le chiome, acconciate in alti chignon, erano trattenute con spille dorate.

 Ed apparivano pure i gentiluomini, sempre impeccabili, e ben impettiti in eleganti abiti scuri che risaltavano sopra le bianche camicie e cravatte ben inamidate. Ne rivedo l’imponente fierezza di quei gentiluomini con i loro baffoni, lunghi e fabulosi, capaci di raggiungere i lobi delle loro orecchie, e irrigiditi con la paraffina, copiando in quel modo la moda lanciata dal loro amato imperatore, Francesco Giuseppe.

Naturalmente vi erano sale, sempre affollate da tutti loro e dove non mancavano gli ufficiali Ussari, con il loro portamento fiero, ed impeccabili nei loro calzoni bianchi e giacche rosse con splendenti alamari e bottoni d’oro. Questi ufficiali erano capaci di attirare gli sguardi delle dame presenti, e che poi galantemente, andavano a chieder loro di danzare una polka o una mazurka. Le dame, sempre di buon grado, rispondevano e con un sorriso squisito, e poi dopo aver consultato il loro booklet, concedevano la richiesta. Lo facevano in quel modo frivolo e civettuolo, ma che ben si addiceva per accattivarsi il loro cavaliere di turno, (ma poi non è questo pur sempre il modo nel quale ancor oggi le donne sono maestre?) ed attendevano in ritorno da questi ufficiali, i complimenti galanti dovuti e sussurrati assieme a promesse amorose. 

Era in questo modo come si formavano le visioni nel mio pensiero mentre ascoltavo mia madre, ed ancor piu`, socchiudevo gli occhi, potevo meglio rivivere quei tempi passati, risentirne i rumori assopiti, e rivedere quelle visioni sfocate... Cosicché`, anch’io ero partecipe a quei sogni lontani...

Riudivo lo scalpitare degli zoccoli di cavalli, battenti sui selciati di pietra, e così pure udivo lo  stridente sferragliare delle ruote delle carrozze che si muovevano veloci sui boulevard cittadini, o mentre attraversavano uno dei molti ponti che univano l'elegante ed aristocratica Buda con la riva opposta, dove sorgeva Pest, il cuore industriale della città.

Ed ancor piu`al calar dell'imbrunire si vedeva l’accendersi sfarzoso, nelle ricche dimore di Buda, delle molte lampadine elettriche, le quali erano il nuovo grande prodigio, e quelle luci brillanti si riflettevano poi senza alcun pudore nelle acque oscure del Danubio.

Mi vedevo mescolato tra la folla locale, ed assieme a loro, me ne stavo incantato a guardare tale strabiliante novità`. Quello era uno dei grandi prodigi che era giusto stato introdotto in quell'anno di grazia del 1901.

E tutto questo era merito della nuova industrializzazione, Ma i prodigi erano molti ancora che davano vita a quel lontano principio di secolo. Tale lussuria e prodigalità delle luci elettriche venne introdotta ben presto per l’illuminazione pubblica del maggior ponte sopra il Danubio, Il Ponte delle Catene. E possiamo tutt’oggi vedere su quel ponte quegli stessi lampioni barocchi, che inluminano la via, e questa e` l’odierna testimonianza della  grandezza di quei giorni gloriosi.

Si, quel principio del XX secolo furono gli anni piu` prestigiosi di Budapest, il tempo in cui l'Ungheria raggiunse l'apice del suo splendore. Budapest era stata da poco proclamata la capitale del Regno Ungherese, e competeva per divenire una delle maggiori metropoli Europee. Il merito, si sa ora, era dovuto al benessere industriale che creò un alta percentuale di nuovi arricchiti nella classe media. E quella era la vita di quegli anni in Budapest, effervescente e dinamica, che in breve fu capace di renderla una tra le più moderne città Europee.

Era tutto merito della nuova borghesia e delle sue nuove industrie che accrebbero il prestigio nazionale. Era la stessa borghesia che in quei giorni ebbe l’ardire di gareggiare con l'aristocrazia per ritenere il prestigio di un elevato posto sociale. Furono capaci di raggiunse tale traguardo, anche se, nonostante tutto, la Nobiltà mantenne pur sempre quei privilegi che aveva accumulati attraverso secoli di storia e ne ritenne pure le immense fortune.

Budapest divenne ancor più frenetica, quando in quel principio di secolo furono introdotti i nuovi trasporti pubblici.  Vi era un via-vai di tram, ferrovie, e le stazioni prolificarono all’intorno della citta`.

Allo stesso tempo, sulla sponda opposta all’opulenta Buda sul Danubio, crescevano nel grigiore nuove fabbriche, febbrili nella loro continua attività`, che ben si notavano da lontano con le loro alte ciminiere, sguizzanti verso il cielo, ma che ancor più si innalzavano con lunghe e scure strisce di fumi che avevano l'ardire di oscurare il sole.

Le nuove fabbriche richiedevano masse sempre più grandi di operai per le nuove industrie. Così ebbe inizio l’esodo dei contadini che divennero operai, e che si mescolarono all’esistente cerchia di lavoratori che prolificava a vista d'occhio. Come quei contadini divennero cittadini, furono forzati ad imparare le nuove discipline imposto dal lavoro delle fabbriche. Dovettero imparare un mestiere, dovettero familiarizzarsi con nuovi materiali e sistemi di lavoro, e l'industrializzazione creo` per questa nuova massa di operai un nuovo universo.

 Quello fu il modo che nacque il ventesimo secolo, all'insegna della nuova era economica-industriale. Era il battito nuovo ed udibile nella nuova vita industriale che fu capace di rinnegare la mediocrità del secolo precedente.

Fu a merito del moltiplicarsi dell'industrializzazione in Pest, che il benessere poté propagarsi presto in tutto il paese.

Nacquero nuove banche, capaci di offrire prestiti migliori alle industrie, ed incrementarono un piu` rapido sviluppo. Nacquero pure nuovi e più veloci sistemi di comunicazione. Era merito delle nuove locomotive a vapore che correvano veloci sulle strade ferrate, e in breve tempo divennero popolari e indispensabili. Quelle ferrovie unirono i centri urbani a quelli periferici, e in questo modo accelerò il progresso. Il Paese divenne più dinamico e il benessere rese partecipi le masse lavorative compensandole del duro lavoro nelle fabbriche ed elevandole dalle loro umili ed oscure origini paesane.

Per volere dal loro Imperatore, Francesco Giuseppe, centinaia dei più intraprendenti pionieri industriali furono innalzati al rango nobiliare con un titolo Baronale. Questi nuovi Baroni furono all’altezza del loro titolo e comprarono proprietà terriere, costruirono palazzi, ed ancor più divennero parte della nuova gerarchia aristocratica, frequentando locali alla moda, vestendo in modo elegante e radunandosi alle festività locali e sedendo al posto di onore.

Quello fu il tempo in cui il Romanticismo si diffuse. Il Teatro Nazionale nacque presentando lavori teatrali di gran successo e le nuove opere e operette divennero grandemente richieste. Divennero famosi i walzer di Franz Lear che diedero vita a nuove operette, presentate nei Teatri affollati. E con la popolarità quei walzer entrarono nelle sale dei palazzi aristocratici, dando via a feste allegre e suntuose.

Con la popolarità quei walzer, polke e mazurke si infiltrarono pure nelle sale più popolari della classe media e popolare.

E per la vita paesana, nei teatri popolari periferici, vennero creati nuovi lavori musicali che rispecchiavano scene di vita bucolica, molto ben accetta alle masse popolari, che diede origine a nuove canzoni ed opere musicali aventi come tema la vita e le danze campestri. La Czarda fu una di queste rappresentazioni che vide uomini e donne danzare in costumi ricamati in modo pregiato. In queste danze era necessaria la bravura e grazia delle ballerine, che dovevano danzare con un calice ripieno di vino sopra le loro teste.

Erano gli anni in cui vide la superba maestria di Listz sorgere che creò le sfrenate Rapsodie Ungheresi, tipiche rappresentazioni della vita dell'epoca. Bartok e Kodaly furono pure maestri con la loro musica folcloristica, componendo melodie di gran voga per la generazione di quel tempo.

Ed e` al principio di quel secolo che si diffusero le Rapsodie Gitane create dall'improvvisazione del momento, dove il solista era il creatore di una musica divina che si sprigionava dalla sua fertile immaginazione. Fu il tempo in cui gruppi Tzigani erano applauditi in ristoranti e ritrovi culturali.  Era parte delle loro tradizioni tzigane, che creava una musica melodica dei loro violini che rifletteva la loro vita nomadica, accentuando l'espressione del loro animo per il rammarico della continua peregrinazione.

Fu opera di tutti questi artisti; compositori, pittori, poeti che diedero via a tutte le sfacettature del romanticismo Ungherese, che ben presto rivaleggiarono con quelle sino allora conosciute nelle altre capitali Europee. Fu al principio di quel secolo che Budapest divenne la seconda piu' importante citta' nell'Impero Austro-Ungarico, dopo la stessa Vienna, e rivaleggio' con Parigi e Londra nella gara di divenire la capitale culturale Europea.

                                  *      *       *

                                                           

 

 

 

 

 

CAPITOLO 4 PARTE 2

 

      

Mi ci volle tempo per comprendere completamente di come quella prima visita di mia Nonna Gigia a Budapest influenzò la sua vita futura.

Dalle parole di mia madre compresi come i valori storici di quel tempo furono importanti nella vita dei Tullio e ne guidarono le loro attività in Ungheria. Attraverso lei ebbi la chiara visione di quei patriarchi, che da tre generazioni, prima di mia Nonna Gigia, avevano stabilito i loro affari in Ungheria, sicché` per Francesco, il padre della Gigia era naturale vivere e lavorare distante dalla sua casa in Nimis.

Un’altra importante considerazione è il fatto che il Friuli per lungo tempo aveva fatto parte dell'Impero Austro-Ungarico, il periodo storico in cui la rivoluzione industriale a cavallo del 1800-900 aveva iniziato in quel paese, e come questa fu benefica ai Tullio nello sviluppo dei loro affari. Rovistando nel periodo storico di alcuni decenni precedenti, notiamo come il Friuli fu` costantemente soggetto ai cambiamenti della sovranità di quel territorio. Infatti notiamo come quelle terre Friulane furono sotto la bandiera Austriache per oltre un secolo, ma poi passarono ai Francesi con le conquiste da parte di Napoleone, e che poi vide, dopo la sua disfatta a Waterloo al principio del 1800, il ritorno di quelle terre sotto la sovranita` dell'Impero Austriaco.

Alla fine, nel 1866, al tempo della Terza Guerra di Indipendenza Italiana, che vide l'Italia, come alleata con la Prussia contro l’Impero Asburgico, alla fine di tale guerra venne ricompensata con la cessione del territorio Friulano, dopo la sconfitta Austriaca, per l’aiuto dato agli alleati Prussiani.

 Nimis, la città dei Tullio, quando vennero tracciati i nuovi confini, si trovava a meno di 15 Km dal bordo che la divideva dal nuovo Impero Austro-Ungarico. Ne risentiva pienamente dell’influenza politica e commerciale dell’Impero poiché era facilitata dal libero passaggio della gente locale entro il territorio Imperiale senza bisogno di un passaporto poiché per loro continuò il libero accesso in quel territorio che era nel passato faceva parte della loro vecchia patria.

Inoltre per i Tullio esisteva pure un altro interessante privilegio che spiega come i loro legami con quella terra limitrofa fossero ancora più solidi. Francesco, suo padre ed il padre del padre, prima di lui, erano nati quando il Friuli era una provincia Asburgica ed avevano ricevuto la loro educazione in scuole Austriache. Il Tedesco era la lingua che parlavano per educazione ed il Friulano era quanto parlavano nelle loro case, parlavano pure l’Ungherese la terra dei loro affari, mentre la lingua Italiana era a loro pressoché sconosciuta. Quindi ci fa pensare che Francesco, per educazione, stile di vita, e per eredità` avitica si sentisse in cuor suo più legato a quel popolo e a quelle terre che da generazioni era stata la loro patria.

A quel principio del XX secolo, Frencesco apparteneva alla terza generazione dei Tullio che per la tramandata tradizione dei padri era impegnato nei lavori di costruzione civile nel regno Ungherese. Possiamo ben pensare che ne era facilitato dalla sua perfetta conoscenza della lingua e per l’educazione che aveva ricevuta. Francesco era nato sotto la bandiera Asburgica, quindi in cuor suo sempre rimase un fedele suddito dell'Impero Austro-Ungarico. Come possiamo negare questa evidenza?

Poi come è possibile pensare che i Tullio, dopo lunghi anni di lavoro ed dopo aver consolidato i loro affari in quel più salubre mercato di affari, fossero proni a dar via il benessere accumulato, solamente perché` ora la loro proprietà di Nimis si trovava sotto la bandiera Italiana?

Inoltre durante quei decenni passati si erano pure creati per loro legami di sangue che avevano ancor piu` consolidato la loro affiliazione in quella terra, attraverso il matrimonio di uno zio paterno con una Dama che apparteneva all’aristocrazia Ungherese.

Esistono pure i fatti storici del tempo che chiaramente parlano di come sin dal primo giorno dell'annessione Italiana nel 1866, nulla fu fatto da parte dei governanti Italiani per stimolare l’amor patrio in quelle terre annesse o cercare di migliorare lo standard di vita della popolazione del Friuli con l’aprire nuovi posti di lavoro.

Non stupiamoci quindi di quale fosse veramente la reazione del popolo Friulano verso la nuova patria. Trovarono null’altro che l’apatia dei nuovi governanti Italiani e la vita di quella popolazione divenne ancor più misera. Mai furono creati lavori capaci a stimolare la nascita di nuove industrie sicche` per quella popolazione pur di sopravvivere non rimase null’altro che l’alternativa di trovare un lavoro all'estero pur di sostenere le loro famiglie. Certamente a loro non poteva bastare quelle misere risorse che ricavavano da quei pochi campicelli per poterli sfamarli. L’Italia in quei giorni penso` non valesse la pena di sviluppare quella regione, poiché era considerata troppo periferica.

Tutte queste considerazioni ci fanno giungere alla conclusione che per i Tullio era ovvio volessero conservare i privilegi che avevano accumulato in anni di duro lavoro in quel paese limitrofo. Quella era null’altro che una cosa istintiva e naturale che ci è impossibile negare.

                                                            *       *        *

Da decenni i Tullio in quei lavori lontani usavano impiegare la mano d'opera che veniva reclutata in paesi limitrofi a Nimis. Da quanto mi risulta da ricerche fatte, appare che al principio di quel secolo, vi fossero diverse decine, e molto probabilmente erano vicini ad un centinaio il numero di operai che annualmente seguivano i Tullio nei loro lavori Ungheresi, e che in quegli anni erano maggiormente concentrati in Transylsvania. Molti di quei operai erano impiegati dai Tullio da diversi anni, quindi conoscevano bene il loro datore di lavoro ed era nato un mutuo legame che garantiva la continuita`e la sicurezza di ricevere una buona retribuzione. Ciò era quanto più importava a quei lavoratori. Il fatto poi che il lavoro si trovasse così lontano dalle loro case era irrilevante, sebbene in quei giorni non esistesse un regolare servizio di trasporti a congiungere le due località. Ma poi, come era costume per quei giorni, ben pochi di quei lavoratori avrebbe considerato di viaggiare comodamente con le ferrovia poiché per loro sarebbe stato uno sperpero inutile di danaro. Sicché era abituale per loro percorrere quella distanza camminando. Erano oltre mille kilometri di cammino, vale a dire da tre a quattro buone settimane di marcia dipendente dal clima e dal percorso scelto per giungere dal Friuli alla Transylsvania.

 Camminavano attraverso boschi, terreni montani, lungo scorciatoie a loro divenute familiari nei lunghi anni, e spesso attraverso luoghi impervi e pericolosi. Percorrevano quel cammino due volte all'anno, ed usavano unirsi in gruppi affiatati nelle lunghe marce, e pure capaci di difendersi e proteggesi a vicenda da mille insidie che si trovavano lungo il loro lungo cammino attraverso terre inospitali e genti non sempre amiche. Ma mai si lamentarono se i lavori dei Tullio erano lontani. In quei giorni la gente era prona a sacrifici. Sapevano che le loro famiglie dipendevano da loro. I loro sudore era rinumerato da quel gruzzoletto che portavano al loro ritorno nelle loro case in Friuli. Senza quel denaro moglie e figli avrebbero sofferto la fame. Quella era la vita di molti in quei giorni lontani quando nacque il nuovo 1900.

Oggi, rispolverando quel passato, sembra quasi una favola di un tempo molto remoto, ed e` difficile per molti dei lettori attuali poter comprendere quali fossero i sacrifici che era soggetta la gente di allora. E` passato solamente un secolo, ma esiste un immenso baratro che separa quei giorni al nostro oggi in cui si vive e si pensa differentemente, poiché viviamo nell’era spaziale. Dovete comprendere che in quei giorni la gente era avvezza ad una vita semplice ed era duttile alle fatiche, inoltre erano coscienti dell’obbligo che avevano verso le loro famiglie.

 Sapevano che al loro rientro, il guadagno di quella stagione avrebbe procurato una vita piu facile per la loro famiglia. Sapevano pure che il gruzzoletto che portavano a casa con loro avrebbe potuto pagare per quel nuovo campicello, la mucca che abbisognavano, o a quella piccola vigna che da tempo sognavano. Quello, da quanto io ne sono a conoscenza, e' pur sempre stato lo spirito dei Friulani, lavoratori tenaci e capaci di guardare ai loro interessi.

                                                                *   *   *. 

 

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