Scritto da © Andrea Occhi - Ven, 12/08/2011 - 07:21
A volte, mi capita, che, stanco di attendere che il lavoro delle Moire giunga a compimento, mi ritrovi, seduto allo scrittoio, a pensare ai modi ed ai mezzi per recidere il filo di lana che mi lega a questa dimensione. Un foglio di carta bollata ed una penna nera, prima di tutto. La morte è una cosa seria, roba da Notai. In elegante e comprensibile grafia, sul margine sinistro elenco le tipologie di suicidio e, nelle colonne a fianco, eventuali pregi e difetti del metodo. Come se ce ne fossero di pregi! Terminata la scrittura, leggo e valuto quale sia il migliore, il più consono alle mie capacità, scorrendo con il dito ogni opzione. Beh! Volete sapere cosa ho scoperto? Che sono un gran codardo, sprovveduto e pusillanime. Sentite e ne converrete. Uno sparo: non ho un’arma e non saprei dove procurarmela. E poi sono obiettore di coscienza...Una corda? Riesco a malapena ad allacciarmi le stringhe delle scarpe, figuriamoci un nodo scorsoio! Una lama affilata! Il sangue mi impressiona. Un tetto oppure un ponte…l’altezza…un salto e via…accidenti, soffro di vertigini. In mare? Sono abile nuotatore. Veleno? Per carità! La mia ulcera…Il treno: un colpo secco e ciaaao. Eh, ma dovrei andar in Isvizzera. Lì i treni sono puntuali. Qui rimarrei sulla massicciata ore ad attendere, esposto alle intemperie e morirei di polmonite. Mah! Son proprio un maledetto vigliacco. Resto e aspetto il taglio, inevitabile, di Atropo. Forse e spero con gioia di chi mi legge.
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