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Considerazioni della tristezza felice

E ora che vuoi fare? Me lo chiedo da me, da solo, senza interlocutori. Me ne sto qui, all’aria, davanti alla distesa verde-intenso e un po’ cupa del monte, a rimuginare sul niente di ogni cosa, sugli spiriti, sulle essenze intangibili, quasi nulle delle nostre incarnazioni… mentre come un qualcosa di cantato mi s’insinua fatalmente in cuore e canta amaro sulla fatica di stare al mondo e, all’unisono, sulla sua inutilità.
  E’ inutile soffrirci sopra o dentro – quella fatica è un colpetto di tosse, o tanti colpetti in sequenza, da dimenticare subito: usami e gettami, grida la vita da dentro le tue disperate viscere. Lascia perdere, smettila di ricamarci. Non ne viene fuori alcunché, non guadagnerai un fico marcio a infondervi ori sublimi e muse eccelse. Vivi felice, se concesso, e sia pure la triste felicità di chi è triste, o quella profana di chi non capisce un acca. E’ triste essere felici. Sennò è la disperazione – il marchio d’inferno che bolla i nostri giorni uggiosi, riciclati ognidì nell’infinita ripetizione.  
Già, vivi felice se mai felice visse nato mortal… stamane appena sveglio, giù l’attizzatoio della memoria a rivomitare bassezze ripescate dal suo ischeletrito repertorio, come ossa immemori, ridondanti rimorso e disonore, messe lì a mai più dissimulare sotto coltri di oblio l’onta d’aver vissuto e di esser stati proprio quelli suffragati dal vortice, dal rogo, dal martirio della rimembranza. Io ero io, e non v’è rimedio. Solo questo resta: cullarsi nella malinconia, essere felici di essere tristi…
 
La vita deludente, la vita amara, la vita invissuta, la vita sottratta, la vita offesa e nascosta, la vita notturna, vampirica, satanica, la vita fumigata, la vita dissolta, imprendibile, inafferrabile, la vita evanescente, la vita che non è quello che è, la vita d’aria dis-ossigenata, la vita inquinata, ossidata, distorta, la vita accartocciata e gettata, spenta in un posacenere, la vita senza gli aggettivi, la vita che si qualifica da sé, la vita squalificata, la vita urlata a squarciagola e poi taciuta, la vita eremita, la vita barbara, la vita che non carbura, non parte, la vita che non si riesce a respirare, mangiare, amare… e la vita dissipata, la vita refrattaria, la vita incompiuta,  inintelleggibile, dislessica, la vita che non si può coltivare, arida, deserta, la vita sulla luna…
vivere è impossibile, perché dunque io sono?
 
 
NB: buon sano vecchio pessimismo di qualche anno fa.

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