Da "StraneStorie" - D'Allevi e Sogni si può anche morire | Prosa e racconti | giuseppe pittà | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Da "StraneStorie" - D'Allevi e Sogni si può anche morire

 
Le storie sono spesso imprevedibili. Si presentano alla tua porta, bussano e, quando apri, ti sorridono, oppure ti guardano minacciose. Sono fatte così, spesso sono semplici, quasi lineari, abbastanza noiose, ma a volte sono piene zeppe di variazioni, colpi di scena, giochi ai limiti dalla stessa comprensione. Si intrecciano, si imprigionano ed all'improvviso conquistano la libertà. Sono storie, qualche volta strane storie, molto spesso ordinarie, ma ce ne sono di pazze, terribili, brutali e perfino miracolose. Quella che voglio raccontarvi è soltanto singolare, perché una storia così capita solo una volta ogni morte di Papa o forse sempre. Non so. Dunque, il racconto ha inizio in una semplice e bella giornata di sole. 
Siamo all'incirca in quell'ora della mattina, quando ti sei già bello che svegliato e te ne stai in giardino con in mano la seconda lattina di birra ghiacciata della giornata. Il periodo richiede la birra ghiacciata, siamo in piena estate.È domenica, perciò sono qui, nella mia piccola dimora, ad annoiarmi di brutto. Sto pensando di fare un salto dalla signora Effe, che ha appena accolto in casa, dicono in giro, una splendida nipote dalla Svizzera francese. A me piacciono le ragazze giovani e carine, anche un po' bionde, che parlano con un accento alla franzé. Le adoro e ci farei cose da stralunato, ci farei. Però dura poco, il pensiero perverso, perché il rumore che proviene dalla strada è davvero assordante. Mi giro a vedere cosa succede. C'è una nuvola scura e colpi che sembrano pistolettate, ma, subito capisco, provengono da una marmitta molto rovinata di una Golf diesel almeno dell'86-87. Colore di vomito, un verdaccio da farti venire l'orticaria. Tossendo si ferma vicino al mio viale e dopo un ultimo colpo definitivo, espelle un paio di gambe da paura. Prima spuntano le scarpe. Rosse, tacco almeno 12, lungo, affilato, sembra uno stiletto. Poi le gambe vere e proprie. Nude, senza una calza a ricoprirle, niente di niente, solo pelle, divina pelle di giovane donna che suscita pensieri malsani, molto malsani. Dimentico la birra e mi avvicino, proprio mentre dopo le gambe arrivi tu, con un petto novanta, due capezzoli che bucano una camicetta bianca, una mini scura che più mini non ce n'è. Credo di aver intravisto un rigo bianco tra le gambe, ma ancora non ne sono pienamente certo. Il seno calamita il mio sguardo golosissimo, ma sono le labbra che immediatamente mi catturano. Grosse, carnose, dipinte d'un rosso carminio da riempirmi di coccole sfolgoranti. Sono cotto e stracotto. Queste è potenza pura, roba da superpoteri. Immensa e strabordante e fica da togliere il fiato. ma è l'insieme che mi strega e mi imprigiona. Una massa di capelli biondo oro, lunghi, piegosi, che svolazzano sempre, pure in mancanza di vento. Gli occhi, poi, stratosferici e tanto blu da elettrificarmi il cervello, rendendomi schiavo, all'improvviso. Scendi e mi sorridi. Sostieni il mio sguardo per un paio di minuti, poi muovi le ciglia, punti diritta ai miei occhi schiantati, apri lentamente le labbra e chiedi: "Sei tu Giù?" . Giuro che resto fermo come un coglione. Per almeno trenta secondi faccio scena muta, poi balbetto un "si" stentatissimo. "Ho un lavoretto da proporti" - mi fai, fatale e determinata. Mi riprendo leggermente: "Che tipo di lavoro?". "Niente che non sia alla tua portata" - soffiandomi alito rovente in viso - "voglio che ammazzi un tizio". Me lo dici con semplicità, diretta ed esclusiva, una stilettata senza eguali. Mi stupisco, moltissimo, perché so solo annuire, mentre ascolto la mia voce che ti chiede: "chi?". Tu resti ferma a guardarmi, una piega ironica spunta sulle labbra, mentre raccogli le ultime parole e le spandi nell'aria, verso di me. "Voglio che mi fai fuori Giovanni, sai, il musicista, quello con i capelli arruffati, che si muove come Topolino, ma somiglia a Pippo". "Lo conosco ... neanche mi piace ... che ti fece?". "Niente di che" - mi rispondi, stavolta quasi commossa - "mi ha dedicato un pezzo, una specie di canzone, ma solo di musica, senza parole ... ma io, sai, ho bisogno delle parole, di tante parole, più ne sono, meglio è". Naturalmente accetto di risolvere il caso (avevate qualche dubbio?). Neanche parliamo di compenso, non c'è prezzo per una come te, mai ce n'è, specialmente se uno si innammora ed io ero innamorato fino al midollo, fino a tutto di me. In fondo il prezzo lo si paga con l'innamoramento, ché quello porta sempre guai e problemi. Comunque mi preparo, studio itinerari, orari, abitudini e finisco per avere un quadro d'insieme che mi permetterà di portare a termine la cosa e di salvarmi il culo, farla franca. Arriva il giorno giusto. Ho già scelto l'arma, il momento preciso, riuscirò a spedirlo all'altro mondo. Neanche mi piace, ma non ammazzo qualcuno solo perché non mi piace. Lo faccio per te, solo per te. Così mi piazzo al punto preciso. Tra un po' arriva e lo colpirò. Beh, è evidente che vi aspettate il colpo di scena. Non vorrei deludervi, ma non c'è. Eh si, semplicemente questa è una storia senza un vero colpo di scena. Una storia idiota, quasi inutile. E' banale e flaccida. Ma devo pur finirla, una storia non è tale se non contiene un finale, qualunque esso sia. Va bene, è giusto così, dunque il mio finale è questo. Il tizio, Giovanni, arriva, sono ben nascosto, così salto fuori per la sorpresa mortale. Sto per colpire. Nessun timore, nessuna esitazione. Beh, mi bloccano subito, resto con la mano alzata, non riesco a calarla su quell'omuncolo orrendo. Loro sono troppi, almeno cinque, e tutti grandi e grossi, cinque armadi d'uomo. Mi stringono,  sono ormai disarmato, mi strapazzano parecchio. Intanto, nel caos della cattura, arrivi tu e mi sorridi. Sei ancora più bella, costretta benignamente nel completo di pelle nera, pantaloni e gillè e maglietta. Naturalmente mi sorridi, dolce più di un millefiori. Nonostante il silenzio, comprendi il mio perchè. "Ha messo le parole, tante, tutte belle, tutte per me ... mi dispiace". Questo solo mi dici, muovendoti come una dea o forse una strega. E mi consegni, senza pentimento alcuno, ad una storia sublime, all'oblio e alla fine dei sogni. Eh si ...
 
 

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