Scritto da © ferdinandocelinio - Gio, 18/04/2019 - 12:15
È la vita che non si vede
Quella,
che scendendo dagli apostrofi del nulla,
dalle lingue dell’onnipresente,
si stacca, per un po’,
e per un po’ viene a visitare gli artisti
come nelle chiese i dipinti, nelle stanze buie i versi.
Così, in questa festa peregrina di spiagge,
io vorrei sempre disegnare,
su carta velina
o miracoli
quella vita che è invisibile agli occhi
che alla mattina vedi un abbaglio di soli,
l’intera atmosfera dell’universo sul tuo foglio
e per un po’
credi di essere tu l’eletto
e che Dio sia riverso in te
e cominci con la matita.
*
Di questo mare, io, conosco solo
La varice azzurra
Di onde e pesci in superfice
Che come per la genuflessione dell’iride
che si specchia
nell’iride amata
essa è il cielo,
o Dio, nascosto dietro le nuvole.
Ho visto il sole farsi mare
Accanto alla calabria
Come una guancia innamorata,
divenire rosso e sudare,
e io così povero di mare,
così esitante d’estate,
scrivendo,
cerco il Dio-Mare-Estate,
la pioggia lucida che cade sulle cose.
*
È una vita che ascolto la pioggia, mamma,
sopra la barella che mi conduce all’ospedale.
Se in questa ferita io mi prostro a raccogliere margherite,
cosa ne sarà del futuro. E di me?
Invece tu hai zigomi perfetti e una gobba innominabile
Che hai donato a papà per salvarlo, quando già sapevi
Non c’era più nulla da salvare. Cosa ne sarà di te,
se il noi come neve scioglie?
*
Questo tempo a primavera
reinventa le gradazioni del mondo,
così le miti figure della spiaggia
ora grandi, ora minute, in lontananza
appaiono come lucidate a nuovo
in questo salubre sfarfallio dei colori
e ogni cosa vivente si apre alla festa.
Quando chiama il mare, la natura ubbidisce.
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