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La spiaggia di Eva

I grandi occhi  di Eva si aprirono a fissare il soffitto della stanza. I pensieri presero in quell’istante ad affollare la sua mente. Sbatté le palpebre e volse lo sguardo verso la finestra spalancata. I raggi del sole entravano dolcemente, sfiorando i suoi capelli sciolti sul cuscino. Con i fasci luminosi faceva il suo ingresso anche la voce del mare. Giungeva come un’ antica e commovente cantilena a rammentarle l’imperfezione del suo cuore. Solo una candida striscia di sabbia  separava il mare dalla sua casa, per quella ragione l’aveva scelta: “apro la finestra e sono sul mare!” si era detta appena  l’aveva vista. Eva richiuse gli occhi per un istante, e quando li riaprì discostò dal suo corpo le coltri. Si sedette sul letto e, sollevatasi diresse i suoi passi verso la porta. Senza prestare attenzione allo spettacolo che si svolgeva alle sue spalle, …come se il suo animo fosse stato in grado di apprezzarlo. Varcò quindi la soglia della sua camera e percorse  il buio corridoio, per giungere poi nella cucina. Il vaso di vetro e il piccolo pesce rosso attirarono la sua attenzione, due passi e vi si trovò innanzi. Aprì l’anta della credenza per estrarne il piccolo contenitore del mangime e versarne una presa. Appena il cibo raggiunse la superficie dell’acqua il piccolo inquilino si proiettò su di esso e iniziò a banchettare. Un lieve sorriso comparve sul volto della donna, che subito si allontanò e aprì il cassetto dei medicinali. Flaconi su flaconi riposti ordinatamente in fila come bravi soldatini, uno di fianco all’altro.  Afferrò quindi tre contenitori ripieni di piccole perle, piccoli perfetti gioiellini. Prima di varcare ancora la porta si voltò un’ultima volta verso il pesce e la
sua dimora. Sorrise ancora, scorgendo il riflesso della luce del sole che ferendo l’acqua, generava un piccolo arcobaleno. Il sorriso persistette sul suo volto, mentre si avviava verso la sua stanza. Chiuse la porta alle sue spalle e appoggiò i flaconi sul comodino di fianco al letto. Immobile, li fissò per alcuni istanti, poi discostò lo sguardo. Fissò i suoi occhi sulla luce del sole che ora,   pareva quasi impertinente, a invadere il suo piccolo rifugio. Con pochi passi Eva si portò davanti alla finestra. Una mano sulla maniglia, una sull’anta, pronta a chiudere l’unico spiraglio che ancora la metteva in contatto con il mondo. Unì le due ante, quando, d’un tratto arrestò la sua impresa. Si era creato un varco, …un piccolo varco,  a implorare la sua attenzione, a mostrarle quanto ancora di bello poteva trovare in quel lembo di terra. Gli occhi della donna, indugiarono sull’orizzonte: le nuvole appena dorate e il sole che avvolgeva quell’immensa distesa d’acqua, in un timido abbraccio, fecero affiorare alcune lacrime. Lacrime amare a sferzare e violentare ancora una volta quel volto. Lacrime a far sanguinare l’anima, che tardava a sanare dalle ferite che le erano state inflitte. Portò quindi a termine quanto aveva iniziato. La finestra fu chiusa. La donna si allontanò e un singulto scosse il suo petto. I suoi passi la condussero ancora una volta davanti al suo comodino
per sedersi poi sul letto. Prese la caraffa dell’acqua e la adagiò sul suo grembo. Levò i tappi ai flaconi e, portandosene uno in prossimità della bocca, con il naso ne aspirò l’odore. Nulla. Soltanto un forte aroma di plastica penetrò il suo grande dolore. Lo discostò subito dopo averne osservato distrattamente il contenuto. In ogni pillola, vide il volto dell’uomo che l’aveva lasciata quel giorno ...sulla battigia. La vista le si annebbiò ancora.
- Tu sei troppo per me…-  le aveva detto -...troverai qualcuno che ti ami come meriti! -.
Aveva mentito spudoratamente. La donna scrollò le spalle e ancora il suo corpo fu scosso. Una trafittura che la percorse senza barriere per raggiungere il cuore…E lei....già e lei? Ora stava lì con il flacone tra le mani e la caraffa dell’acqua sul suo grembo. Ancora una volta portò il flacone alle labbra… Lo discostò e decisa ne versò il contenuto dentro la caraffa. Stesso destino per le altre bianche perle. Sorrise, mentre le lacrime scivolavano sulle sue gote infiammate, ma all’improvviso, quasi fosse in preda ad un attacco isterico, scaraventando il contenitore contenente il velen micidiale sbraitò senza riguardo - Per quanto ti possa amare, ...non meriti la mia disperazione! E neppure la mia vita bastardo…-. S’alzò di scatto e, infilandosi una maglietta, corse verso la spiaggia e asciugandosi le lacrime si lasciò abbracciare dal sole caldo di quella mattina estiva…
 

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