Scritto da © Piero Lo Iacono - Mar, 14/09/2010 - 18:39
Sputavamo i nòccioli delle ciliegie
sulle parrucche delle signore
con una cerbottana col telescopio
dal settimo piano di un hotel a cinque stelle.
E ne indovinavamo l’orma sulla chioma di paglia.
Una barca colma d’uva
il ghibli sviniva
nella baia a mezzaluna.
E i vestiti zuppi di vino
si appesantivano ad ogni passo.
Odoravamo di nespole e di mandorle,
e le nuvole di cera
e l’acqua di pesce marcio.
La gioia non dovevamo soffocare
di contumelie estorte.
O di anatemi irrisolti.
Fatuità per te. Grettezze al tuo diadema.
Ma tu una rosa portami da dove verrai!
Il più effimero e frivolo dei desideri esaudiscimi!
Come potevamo non affondarci nei prati nevicati
disovattando il grido dalla gola di pesca?
Come non tuffarci nel carsico fiume
dell’Impermanenza Universale
fino a farne spontaneamente parte?
L’inferno è non poter partecipare!
Così in disparte i colori assorbo e li divento.
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