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Mestizia.

quando metto la bocca nel bicchiere
e mi aggiro come mosca cocchiera
per le stanze di casa cercando peli
sbatto gli occhi sulla credenza
dove tengo le foto della sofferenza
mi rido addosso perché pensai fosse
delle stelle quella luce a catinelle
sulla vita appena spalmata sulla pelle.
la troppa luce abbaglia oppure scotta
presi a ritagliarla e ne feci celle
per utilizzarla a morsi a listarelle
serbando quella grande al centro ma
mala tempora currunt s'è spenta
ed io sono restato dentro.

Fiamma

Vorrei esser fiamma
per bruciarmi d'un colpo
e donare al mondo quel barlume di luce
che per sempre lo arda.
 

Alexis
23.02.2010

Quello che non dissi.

non la vedo più / ormai da tanto
quanto non vedo più i tempi verdi
restano ricordi blandi nebulosi
di pensieri diventati tutti belli
e non mi vengono vere quelle pene
momenti bagnati tra le ciglia
battiti frenetici nel petto
difficile diventava respirare
ho perso quasi tutto per la via
di questo vivere meramente
mi resta il rimpianto
ti tenere pervicace a mente
le parole che non ebbero bocca.

La semirima

E se adesso scrivo qui
non è protestar invano
ma il cor mio
sovrano
 
E se al sentir
un tuo si
io mi sentivo dio
or di nuovo io
 
Chiudo tutto dietro me
per colpa
d'un fu niente
castigo il mio presente
 
Ma se mai
capissi me
d'atteggiamento
strano
e forse amor vano
 
Se tu dassi
atto a me
che il torto mio più
grave
è non veder
con gli occhi tuoi
 
Ma chissà
quale uomo
oscurato
dall'odio per se stesso
avrebbe mai
amato tutto il resto
 
Lacrima
or mi scende giù
ma sterile essa è già
annega
e non fa crescer
 
E parole
poste a casa
sul foglio
in un leggio
è la condanna
all'esser io
 
 
[Questa poesia potrebbe sembrare d'amore, tale è, ma dedicata ad una amica carissima, non a un ragazzo che amo in senso che tutti noi intendiamo quando usiamo questa parola]

Un giorno della vita

Popcorn e patatine

 ...
 
Non ti ho mai vista 
come stasera 
con quella luce diagonale 
proiettata 
da una macchina da presa 
spenta. 
Mi hai mostrato 
la pellicola di un film 
già visto 
e io ho comprato 
popcorn e patatine. 
La vecchia cassiera 
ha sempre avuto 
due figli a carico 
e il marito 
ha sempre continuato 
a giocare a tressette. 
Ricordi 
come si abbracciavano 
le coppiette fresche, 
mentre l'acqua pioveva 
sulle vite boccaccesche, 
come si chiudevano 
di botto i portoni 
all'accendersi d'una luce 
alla finestra. 
Ricordo 
come s'alzava la terra 
quando l'asfalto non esisteva 
e mi chiudevi gli occhi 
per nacondermi 
al passaggio 
del vento. 
Ma la vecchia cassiera 
ha sempre avuto 
due figli a carico 
e il marito 
ha sempre continuato 
a giocare a tressette. 
Dal balcone 
ti ho aspettata per anni, 
con la stessa camicia, 
con lo stesso maglione. 
Sono cresciuto 
tra vasi di geranio 
e magliette di cotone. 
E quando mi chiudesti gli occhi 
per nascondermi al vento 
ero già morto 
da non so quanto tempo. 
Spegniamo le luci 
di questo cinema d'essai. 
Sento ancora 
qualcuno che ci applaude 
mentre la cassiera 
chiude il botteghino. 
Tra non molto suo marito 
scenderà da un urbano, 
insieme se ne andranno 

La domenica del lago

C’è già qualcosa che nasce a pelle del monte.
Furono altre zolle, e saranno di coscienza.
 
La confraternita delle piante si ravviva:
nessuna aveva ombre, e vanno folla al sole per la loro striminzita aurora;
ma il rumore del rotolamento era quello;
come quando rovescia il petto ampio una roccia
e coglie meraviglia di tenerezza ai lombrichi nuovi.
 
Erano il ventre della sassaia. La sua tenia angusta.
Non ce l’avrebbero fatta a sollevarla da sola,
la vita che si fa all’oscuro della chiara sorte trovata: animale e curva.
E nemmeno avremmo voluto fosse così.
 
C’è fretta ovunque e sottoterra i semi smagliano
la loro coperta. Sembra non manchi niente.
 
La neve scioglie il suo pensiero d’acqua e corre, inventa pozze di riposo:
non vedo muscoli perché qui non servono. I liquidi si liberano dalle trappole solide: lo fanno senza sforzo: perché non noi? Succederà una volta, una soltanto!, e non sapremo. Potesse essere qui, tra me e il mandorlo: il mandorlo gemma ancora. Avverrà così: 
il rombo delle braccia lungo gli argini del corpo,
la loro frattura in miriadi di puntute scaglie
infisse dal pensiero stesso alla schiera delle costole
senza doverci essere a principio un fondo di dolore.
 
I suoi rostri balordi, del ghiaccio - dico - ma non solo: scivoli, ma di che ti lamenti? Non sente l’erba con la gola umida.
Va alterna, va per gaudio agli alpeggi.
 
C’è un’unica via: un uomo muove un’ombra, e sono io
che introito vita
da spendere in città.

Non ci sei più

Incespico sul pensiero
al ricordarti persa
allo svanire del tuo sguardo
nei miei occhi
al dissolversi del tuo sangue
nelle mie vene.
Riporto l’anello del tuo cuore
alla luce del giorno
ed attendo la notte d’essere sveglio
a sognarti ad occhi aperti
e sino all’altra luce
se riuscirò a svegliarmi ancora!

Credere di amare


*dalla rete*
Fino a quando
io crederò di amare
e non saprò
se amare è come credo
continuerò ad amare
come credo io di amare
 
Se poi un giorno
imparerò ad amare
e scoprirò
che amare è come credo
allora crederò
di amare
e di sapere amare
 
Ma mai
saprò davvero amare
senza credere di amare

Filastrocca

La freccia scocca e il cielo
trema di soddisfazione a
vedersi così amato.
Il sapore fa un buffetto al palato,
il cucchiaino
(questa cartina di tornasole della
cultura, della buona educazione)
porta la pallina di gelato
alla bocca e ogni nervo ne è deliziato.
Me lo dicevo io che il corpo
è sacro e chi lo sciupa o lo
massacra un indiziato nel mio
processo digestivo personale
degli avanzi, dei nudi.
Meno male che ho fatto studi
scientifici e però ho letto romanzi:
sono giuria e sono imputato,
ma mai pubblico, il pubblico è un
piede in fallo, un fallo in area, un vicolo
cieco. Uno spreco. Ci sono due tipi di persone
che non amo, quelli che offendono
il mondo e quelli che ne sono offesi.
Li condannerei entrambi a portare dei pesi
fino a che non invecchino e siano
stanchi, allora darò loro un secondo
appello, un fardello più adeguato
all'età, al contrappasso concordato.
Tra un anno. Che chiasso eh, d'altronde
io anche la musica in cuffia, i sandaletti
infradito in città e le cravatte corte
sono alcuni dei miei piccoli odi domestici, allora
riteniamoci fortunati del secolo,
della sistemazione urbana e di tutte le amicizie
vere, da leggenda eppure storiche, diciamo
dimostrate ormai, aggiornate e fidate.
Le perizie le facciano gli altri, noi rimaniamo
abbracciati alla nostra madre terra,
affratellati dalla guerra che non combattiamo
ma che dico! non ricordiamo, non immaginiamo
nemmeno. Il mondo è pieno di meraviglie.
Se potessi vorrei delle figlie, una ventina.
Sarebbe una gioia immensa, a partire dal dar loro
dei nomi. Buoni, d'oro. Un coro, un'aria zecchina.
 
[15012010]

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