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Paesaggi in piani multipli di ripresa.

 
 
Il tronco era sul pendio
una freccia spezzata nel costato del monte.
Lo ricordo per le ferite secche del formicaio
che fiorirono la morte nera del ceppo
per la vita delle fiamme che si poterono fare.
 
Si sarebbe detto di una rabbia, un grido di dolore dalle radici
al ramo inesistente
un quasi di chiome che fanno ai merli
la loro terra alta e le loro case senza tetti
le loro torri raggianti.
 
Si può ora da un occhio all’altro senza posa
trascorrere finestre appesi sguardi
affrescare una parete di cielo col delta dei trasporti d’acqua
bianche sospensioni di genio
in allarme
 
ora i ponti temono.
 
Alto il vento col cuore di roccia precipita dalle volte
vago ai temerari uccelli di quota
legittimo ai plananti, ostico di contro al passo.
 
Batte un tempo mai esistito: nei ricorsi
dell’anima c’è la prova che i rami furono prima del fuoco
e ancora brucia
chi ha avuto quei fiori.

Confusa

Vederti leggerti sfiorarti
come scoprire un mondo nuovo
fatto di colori e sfumature
calde e leggere
che  indossano le ali
e sfuggono in alto
come aquiloni danzanti
fatti di ombre e figure
a colorare il cielo.
Scoprirti spogliarti sentirti
come petali di un fiore sbocciato
nato quasi per benedizione della terra
... qui un canto leggero e inesistente
a bandire la tempesta.
Mi adagio nuda
sulla coltre della tua pelle
e come nastri scendono i baci
riempiono i miei piedi scalzi
che affondano quasi a soffocare
un corpo libero strappato dalle catene
La  sola anima è lasciata a respirare
l' odore della brezza trasparente
che muove dai tuoi pensieri

5/8/06 Mocambique

Ascoltare la Vita,
dopo averla vissuta
senza accorgersene
per molto tempo.
La riflessione non è
quanto si può fare in un
secondo, ma quanto si
può vivere in esso.
Non comprendere in
che misura può scaldare
un raggio, ma quanto
non cogliamo la sua presenza.
Lasciarsi rapire,
cavalcare il vento,
per poi essere poiettati
verso la prima nuvola di
passaggio; abbattere le
frontiere della percezione,
spingersi oltre per aprire
un'altra porta e poi
un'altra ancora per arrivare
infine a quella oltre la quale
la Comprensione si estingue
e il Verbo si completa

Di mestiere macchinista poeta di sciagura

 

Di mestiere faccio il macchinista
guido l'Orientexpress
con la mia divisa sacrosanta
e gli alamari a lucido tirati.

Scrivo poesie tra Brindisi e Canosa
raccolgo rifugiati
a Spoleto solo la domenica
e porto dolci ad Ancona
perchè ho una donna tunisina.

Sono un po' anarchico e ascolto Guccini,
ma non mi schianto contro un treno di signori,
non è questo che conta per davvero
e forse sono anche menzognero.

Ho dei figli persi in ogni stazione,
amanti esigenti a fine mese,
ma non pago come il pensionato di Faber;
per amore non ho mai pagato una donna.

Faccio parole crociate
e chatto su facebook con l'esercito spagnolo
ricordando Picasso e l'Internazionale
ma forse non era un canto
ma la squadra di Facchetti e di Mazzola.

Però ci tengo alla pensione
e forse in segreto voto per il padrone,
ma alla fine faccio anche il poeta
delle tragedie della vita menagramo.

Eppure mia madre mi ha fatto studiare
a Trento alla cattolica stagione
e ho conosciuto pure gli imbrogloni
con la stella rossa sui giornali.

E ora guido questo treno
prossima fermata San Benedetto
prenderò un'aranciata poco amara
per salutare mia figlia che va in marina.

Perchè scrivo

Ecco una delle risposte alla domanda fatta ai partecipanti del mio corso:

E' come prendersi una rivincita sulla quotidianità.
Siamo quasi sempre costretti, condizionati, limitati, questa vita con le sue regole ci tarpa le ali.
Spesso non possiamo amare come vogliamo, chi vogliamo, non possiamo dire ciò che vogliamo a chi vogliamo, non possiamo volare, avere, dare, vedere.... 
Quante cose non possiamo.
Scrivendo invece, tutto possiamo.
La bacchetta magica è nelle mani della nostra fantasia, la razionalità è solo ospite.
E così ci muoviamo nell'infinito, possediamo l'impossibile, e con un minimo di coraggio, peccando un po' di presunzione, possiamo anche sostituirci a Dio.
                        Stefano Franco Sardi

La migliore amante (solitudine)

è certo lei la miglior amante
beve con te il vino preferito
senza trovare ch'è grossolano
oppure ha retrogusti legnosi
siede sul tuo grembo disposta
a ognuno dei tuoi capricci
ti segue come un'ombra
silenziosa lieve amichevole
se l'accetti come compagna
non dice mai devi o non devi
fare questo quello e brava indica
il posto dove puoi sedere solo
poggiare il capo su una nuvola
che passa e saltare sulla seguente
senza sforzo e alcunché di urgente
Ma una scomoda coinquilina
ti preme ti assilla
a gran voce urla il tuo nome
quasi fosse una targa conosciuta
e prescindendo dalla felicità preme
perché tu sia gradevole per tutti
normalmente semplice e comune
ma chi vuole essere molestato
per restare essere o diventare
quello che altri vogliono tu sia?

Lo sfruttatore e lo schiavo (realtà di tutti i giorni)

Ci sarà un giorno ci sarà un momento
che io possa vendicare il mio lamento
ciò che è stato tolto dai manager assassini
deprivati del senno
lasciano morire il tuo cuore di stento
per poi escluderti in un momento.
Ma poi a guardar bene non guadagnerai
ti cercano per farti mangiare
e tormentato lavorerai
ma già lo sai
nelle loro fabbriche ci morirai
cerco vendetta e voglio ottenerla
odio questa società malata in erba
odio quel lavoro che mi ha coatto
odio la vita a sciorinar disfatto
tra le vie del vino a perdere la rotta
travisando aspetti che galvanizzano la lotta
mi sento morire ma prima voglio cercare
di bere il sangue del padrone animale.

Quel sottile piacere

quel sottile piacere
di non volersi bene
quel sensuale desiderio
di andare altrove
solitariamente di nascosto
ma immaginare quanto
sei stato visto e pianto
e straziarsi l'anima
nel timore che qualcuno
quello speciale qualcuno
passi oltre senza uno sguardo
ma certo è questo il senso
di lasciare dello scordarsi
deluso eppure esigente
anche se non hai danzato
nessuna estate in questa
festa dove la musica
non era per le tue orecchie.

Sala d'attesa a Noicattaro o dovunque.

Sala d’aspetto passeggeri alla stazione. Un signore legge un libro comodamente rilassato; accanto a sé ha poggiato il soprabito e sulla sedia, dall’altro lato, una borsa da viaggio. Entra un giovane con le cuffiette nelle orecchie e il filo delle stesse che sbuca dalla tasca dei pantaloni a vita bassa. Dà uno sguardo distratto in giro e poi si dirige verso l’uomo che nemmeno se ne è accorto.
Giuntogli davanti, con un tono di voce più alto del normale, lo apostrofa:
- Posso? – dice indicando il cappotto all’uomo seduto.
- Eh? Cosa? – risponde questi trasalendo.
- Può spostare il soprabito?
- Certo, perché? – dice l’uomo senza ancora rendersi conto.
- Vorrei sedermi…
- Ah!, capisco, – alza lo sguardo nella sala completamente vuota e ironicamente risponde: - Già, qui è tutto pieno…
            Il giovane si siede, ma la musica di quelle tambureggianti che aiutano a rimbecillire prima dell’Alzhaimer, benchè in cuffia, è tanto alta che il signore spazientito si rivolge a lui alzando il tono della voce: - Non è che Von Karajan se ne ha a male se quelli lì fuori non lo ascoltano per un po’, eh?
- Che?

Nobiltà

La notte si sfalda
in giochi d'ore stinte
dove il sogno interrompe
ogni pianto ancora prima
che giochi in allusione
voluta di pensiero.
Immorale e maestosa,
pallida di solo amore
sono, sarò... antitesi
sussurro d’estasi ed oblio
brezza tiepida elitaria d'ali
attorcigliate al desiderio
per sorriderti leggera.

Manuela

 

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