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Sicché

Sicché non ci sono campi non arati e fiori
del principe sulle spiagge di rosmarino
ma il mare è tutto d’oro
come un tramonto piovuto

Pura di sera

E’ questo averti in bocca pura di sera
giorni     e giorni
la doccia nei capelli
 
è il contraddirti 

Parlavamo

Parlavamo, e d’improvviso s’accese
a dirci, che albe in un’aria ferma
C’eravamo nati, passati in attraverso boccheggiato
respira

A'mantide invece può guardare

Tu hai un musetto caruccio
come E.T.Vieni da un altro pianeta?
Tu guardi
preghi
Io insetto stecco
fisso le tue fragili braccia

Fodera calda

Non cellofanarmi nella pastoia d'una fodera calda, lascia che i venti implodano e divarichino tu, le pareti, che
le stelle cadano, a dicembre

Lì poggiato

Lì poggiato
in quel bambù
laccato
chiuso
la vidi, trasparire
 
folleggiare senza, nel momento

Gradimento [quarantennale 1970-2010]

Oggi, ho fatto visita ad un uomo (fuori porta)
Senza calzini, scarpe prendisole, cappello sotto la canicola
Febbrai da squarciare suole.
 

Piante nate per partenogenesi, anfigonia

Ora non rimane
che stare
 
nebbia, rughe, colle da vicino
sali, e neve
 
chiedersi, come ogni anello

Simone Cattaneo

Perché proprio in agosto
 
 
Era il capocannoniere acclamato dei tornei di calcio dell’intero isolato
anche se riceveva la pensione di invalidità per totale cecità,
riusciva a spaccare il parabrezza di una macchina a mani nude senza tagliarsi,
aveva la pelle delle braccia flaccida come asfalto fuso
tutti i ragazzi non più alti di così
lo chiamavano Aladino perché risolveva ogni problema di vita con un buon consiglio.
E’ morto straziato dal monossido di carbonio di una stufa a metano,
ha lasciato alla ex moglie una roulotte verde sbiadita e
dei cumuli di spazzatura grandi come piscine comunali.
Quando ero bambino mi ha biascicato che per innamorarsi
bisogna procedere alla molatura per ottenere una superficie liscia oppure
percorrere un’autostrada contromano in agosto.
Perché proprio in agosto non l’ho mai capito.
Simone Cattaneo
 
 
 

 
Cattaneo è un Poeta contemporaneo, nato nel 1974 e morto suicida nel 2009.
Cerco qui di decifrare brevissimamente, seguendo le impronte già tracciate nella pubblicazione della poesia di Hopkins, qual è il suo mondo, intendendo per tale la sua interiorità.
Personalmente vi ho sentito un grande amore per l’umanità, specie quella su cui aveva puntato gli occhi, quella che, più sofferente più tentava di risorgere, di ribellarsi all’accettazione di una condizione che altrimenti l’avrebbe portata alla morte individuale e sociale.
Ascolto ed apprezzo altresì il farsi il vuoto dentro da parte del Poeta, questo sacrificio di sé stesso, l’abbandono da parte del medesimo delle problematiche insite in una propria individualità per farsi portatore invece di una universalità: una diversa da sé e più generale sofferenza umana.
Acquisita, fatta propria tale coscienza, lo stile del compositore allora può diventare diretto, senza intermediazioni né necessità di astrazioni. Anche le antinomie ed i controparadossi utilizzati dal Poeta nel testo diventano più accettabili e più trasmissibili, non più paradossali, costituendo un’univocità, una rotta esattamente tracciata da quella sua visione.
 

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