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Davvero strano quell’odore...

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Davvero strano quell’odore
stamattina
- appena fuori. Presto
slargato a onde, o forse era molto che.
Comunque m’ha avvolto. È sceso in gola.
Non so. Come di medicina.
 
La cortina ruvida del palazzone, arrossata
guance di febbre e l’alloro, nobile, poetico
ma guarda come.
 
Sembra proprio piangere d’una nenia sommessa.
(tutta quest’acqua, giorni e giorni. Notti)
E le siepi potate,
tagli di figli, di sogni, esposte.
S’era gelata la yucca
nel vaso rosso. Stava molle e assente
 
E le pietre bianche
lucenti
di passi bagnati, davanti al portico.
Un trascinarsi di malcontento senza ombre
tutto, tutto che vaporava un umore termale
come uscisse dal centro d’ogni cosa. Esalando.
 
Ecco cosa. Penicillina.
La città fa i fumenti, ho pensato.
Curarsi del grande freddo passato.
Ci vuole adesso. Guarire.
Il solstizio d’inverno è la porta.
La luce, la luce vedrai, torna a dilatarsi.
 
E io che leggevo, stamattina leggevo e rileggevo
camminavo e leggevo quel messaggio.
E m’asciugavo delle piogge del Diluvio
sul carro del Sole.
E pensavo sì. Sì.
Non servivano cembali e suoni di flauto.
(by poetella)
 

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