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Scritto da © Piero Lo Iacono - Gio, 30/12/2010 - 14:09
Dunque cadi, candida neve,
umiliandoti.
Per dono.
Perdendoti.
E nella secca ristagni.
Per scoli di scorie.
Cadi e non duri.
Sciamano stendardo.
Ostia di pace
nella piana candita.
E la luce in riposo tramuti.
Il nitido stellicidio,
l’allucciolìo del buiore,
nel pispigliante pulsìo.
Ô les neiges, les neiges! Quel sortilège!
Ciò che diteggia il raggio lunare non dirà.
Lunatica neve da tante Selene provieni.
Letargia di lune!
Cipria delle lunazioni!
Ostensorio degli interluni.
Allucinogena neve
infiammata dal plasma
delle pecore insoccorse sbranate dai lupi.
Anche noi discendiamo da una stirpe di lupi
e scanniamo gli agnelli per la moda a Natale.
La brughiera implora coi suoi spiriti
di entrare nel castello per il freddo.
La serafica neve ha sepolto le strade,
la nostra baita in montagna,
ogni ricovero ed ogni ritorno.
Solo nevai dintorni. Senza passi.
Lacrimogeni nevai
dal piumaggio catarifrangente.
Angelica neve, pietà!
Tu che le frontiere non leggi,
e le sposti e le cagli
in ghiacciai di latte e di verglas.
Sgocciola la candela
sul punto di spegnersi.
Cerco i fiammiferi nella tasca.
Piccoli luciferi
d’un solo fiat lux per volta.
Ma si sono tutti bagnati
durante la traversata.
Così persi aspettiamo che spiova.
Poi ci faremo sale da buttare affinché snevichi.
“Ma come ci soffolce, quanta è l’ubertà nivale” (A.Zanzotto, “La perfezione della neve”)
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