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Aspettando il Salvatore

È una storia complicata
la vita quaggiù,
assopiti nei fasti del passato
ascoltavamo la neve scendere la notte,
arresa alla campagna, il silenzio l’ovattava.
Gemiti di vecchi stracci stridono sfilando sul corpo
di ricchi assopiti tra i nuovi poveri,
accantonati all’imbrunire tra i mille nati morti,
i dimenticati, i trapassati dai visi smunti di noiosa vita,
senza compassione e tra le dita,
stalattiti rotte, lasciate penzolare
in una grotta a Betlemme.
Accantonati gli animali
un asino, un bue,
un bambino dimenticato  
tra genitori ignoti volti al sommo bene,
perduti nella notte di plastilina.
Tradivano i cuori gli uomini soli,
folli ottimismi incuranti del sacro potere,
sfidano l’assoluto, nei loro riti pagani, l’opportunismo
i denari, i porci, i ladroni del tempio,
i sorridenti e accomodanti presagi di morte,
lasciati ai desideri come gelatinosi orpelli
deprivati d’umanità dell’orrenda vita
che uomini falsi incitano trangugiando
l’opaca visione di un futuro grattato per caso,
senza presagio di vittoria.
Il nero assale le candide piume
strappate ad una ad una senza peccato,
l’incolore è scuro se il cromatico iride brucia
affannoso ed il tempo apre a nude piaghe.
Incessante il ruminare prodotto dal filoso pasto
stordite le scarne orecchie umane, friggeva le menti.
Testamenti d’eroi letti attorno al fuoco
pregavano un destino evocato tra i spenti sorrisi
di chi, al vento nuovo che avanza
si perde nella scia della nuova via
lasciata defluire al torpore di un sogno,
di un millenario presagio.

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