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L'incontro

 Quella ragazza che Giorgio incontrava ogni giorno mentre ritornava da scuola le era entrata dentro nei suoi più reconditi meandri della testa. Ma era molto timido ed a stento riusciva a guardarla mentre la incrociava. Con un caschetto nero,  non molto alta,  un viso dolce incorniciato da labbra rosse, esile come una canna, camminava dondolandosi lentamente, aiutata da un paio di tacchi molto alti. Portava sempre la gonna. Il dondolio e il vento facevano muovere questo indumento. Un movimento che lo lasciava sempre a bocca aperta. Aspettava con ansia il momento dell’incontro il giorno successivo, fantasticando e giurando a se stesso che sarebbe riuscito se non altro a dirle un ciao.
Ma il tempo passava veloce e, quando la vedeva dalla sua bocca non usciva niente. E malediceva la sua timidezza. Lei aveva capito e quasi quasi per sfidarlo gli inviava un sorrisino. Se era in compagnia di un’amica alzava il tono della voce per farsi sentire da Giorgio mentre diceva: “ma quando si decide quel ragazzo a farsi vivo?".
Il tempo scorreva veloce e, un giorno Giorgio non la vide più. Restò male, ma pensò che fosse malata. Ma passarono giorni, tanti giorni e di lei più nessuna traccia. Giorgio ci restò molto male. Scoprì che voleva bene a quella ragazza anche se non le aveva mai parlato. Ma perché sono così timido con le ragazze diceva tra sé e sé e invidiava molto quel suo amico Giovanni che invece era sfacciato con tutte e, faceva incetta di cuori, senza distinzione tra belle o bruttine.
Lentamente Giorgio si mise l’animo in pace. Treviso non è grandissima. Si può incontrare una persona ogni giorno e poi non vederla più per mesi. D’altronde che poteva fare. Non faceva sicuramente parte della cerchia dei suoi amici. Cominciò a pensare come avrebbe potuto cercare di ritrovarla. Fece mente locale.  La incontrava di solito all’altezza degli Uffici finanziari di Via Canova. Lei tirava diritto e Giorgio girava verso Via Dotti per raggiungere la sua abitazione. Dall’aria snob che aveva, vestita sempre alla moda,  lui pensò che non poteva che frequentare il liceo Classico. Istituto molto quotato dove studiavano tutti i figli della Treviso bene intelligenti e no, ma dove un posto lo trovavano anche chi proveniva dal ceto medio basso, se dotato di intelligenza e da genitori orgogliosi.
L’Istituto Canova, a differenza del Riccati, per i motivi sopracitati, non aveva moltissimi studenti.
Le scuole praticamente erano finite. I ragazzi erano in attesa degli scrutini finali. Informatosi sui tempi di uscita, Giorgio si recò speranzoso al liceo classico. C’era una certa frenesia. Le tabelle erano appena uscite e tutti erano con gli occhi puntati al tabellone. In quel marasma ed eccitazione generale lui la vide subito. Inconfondibili capelli, inconfondibile figura. Il cuore cominciò a battergli forte. Doveva assolutamente trovare il coraggio di avvicinarsi e parlarle. Si piazzò dietro di lei e commentò ad alta voce: “ma quanti respinti in queste classi?” Lei si girò di scatto. I loro occhi si incrociarono e gli disse: “e tu chi sei per giudicare persone che non conosci?” Giorgio si sentì morire. Ma lei cambiò immediatamente umore. Si mise a ridere e gli disse: “finalmente hai trovato il coraggio di aprire bocca”, e continuò: ciao mi chiamo Rosanna. Giorgio riprese il suo colorito normale anche se il cuore batteva forte e incominciò a parlarle. Parlarono e parlarono per circa due ore camminando lentamente per le vie di Città Giardino. Si raccontarono molte cose in modo naturale come se si conoscessero da anni. C’era un feeling, una empatia grandissima. Quando si salutarono Giorgio trovò la forza di chiederle di rivederla ancora. 
Cominciarono a frequentarsi regolarmente e lui aveva anche conosciuto la madre di lei, una signora piccolina, molto ciarliera. Entrarono subito in simpatia. Non c’erano tante attrattive in quegli anni: passeggiate, cinema e festini. Le sale cinematografiche servivano soprattutto per scambiare dei baci, come pure nelle camminate sulle Mura cittadine.
Ma un giorno Rosanna telefonò a Giorgio e gli disse: vieni subito che devo parlarti. Con il cuore in subbuglio Giorgio si recò sotto casa sua, mugugnando e, essendo un pessimista di natura, con tristi pensieri. Infatti Rosanna, un po’ timorosa, ma senza tanti preamboli gli rivelò che aveva un fidanzato e che “l’amicizia particolare” che si era instaurata tra di loro doveva finire subito o tramutarsi in una cosa semplice. Giorgio allargò le braccia. Un poco era anche preparato perche la mamma di lei, più o meno velatamente, gli aveva accennato di questo ragazzo, figlio di avvocati e prossimo avvocato anche lui, ma sperava che la figlia cambiasse idea.
Si salutarono con un “ciao” sapendo benissimo che non si sarebbero più rivisti, se non per caso.
Giorgio ci pensò per un certo tempo. Non che fosse innamorato ma una bella cotta se l’era presa e comunque si era abituato a questo tipo di vita. Per fortuna incombeva il servizio militare e la “cosa” lentamente svanì, ma non scomparve totalmente.
Una decina di anni dopo incontrò la madre di Rosanna che gli parlò della figlia. Si era sposata con l’avvocato ed era andata ad abitare a Milano dove il marito esercitava. La  signora non era particolarmente entusiasta. Evidentemente il matrimonio non funzionava bene e lo salutò dicendogli: se mi avesse ascoltato. Avrebbe scelto te.
Dopo molti anni mentre faceva jogging nell’anello esterno delle Mura Giorgio si ritrovò davanti improvvisamente Rosanna. Non aveva più la camminata del tempo passato. Il bel caschetto nero di un tempo, non c’era più, il viso spento ma ravvivato dal solito rossetto rosso. La figura appesantita Il camminare lento. Gli anni l’avevano decisamente segnata..
Dopo un attimo di indecisione si fermarono e si salutarono. Prima in modo formale, poi in un modo più affettuoso. E un fiume di parole uscì dalle loro bocche. In circa due ore si raccontarono 35 anni di vita. 
Rosanna si era separata e poi aveva ottenuto il divorzio. Adesso aveva un compagno. Una persona che conosceva da molto tempo. Giorgio era sposato felicemente anche se la vita lo aveva colpito duramente negli affetti. Si salutarono promettendosi che si sarebbe rivisti o sentiti sapendo bene che non sarebbe stato così.  Giorgio si rimise a correre lentamente. Scosse la testa. L’incontro non l’aveva turbato più di tanto.  Il treno si era fermato per loro tanti anni fa,  ma nessun dei due cercò veramente di prenderlo. La corsa di Giorgio si fece più veloce come per allontanare definitivamente i fantasmi del passato.
 
Treviso, lì 30 Gennaio 2011
 

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