Una dimora piccina a sua misura aveva costruito da qualche parte,
...dove non lo aspettava qualcuno...mai...sempre all'infinito.
Da quanto stava camminando nessuno lo sapeva
e tanto meno lui non se lo immaginava, che il tempo potesse scorrere così veloce.
Poteva solo fare minuti passi in avanti, osservando le lune che gli passavano accanto
e sulla punta delle dita, contava le maree degli oceani come i suoi padri,
che gli accarezzavano la pelle, così sottile, così delicata e simile al petalo d'un qualsiasi fiore.
Le ore i minuti gli anni i secoli e cosi via dicendo, erano sempre uguali,
passavano come lucidi amanti sotto ponti costruiti su lastre di ghiaccio sottili,
a solleticare le ascelle che ridevano nel vedere la neve posarsi sul fiume.
Quel di, di maggio, aveva percorso cinquanta metri circa
quasi tutti in salita, senza sapere che giorno fosse e poteva anche essere il suo compleanno.
Continuava a ripetersi, “da troppo tempo manco da casa e sono stanco, ho fame molta fame”
“datemi del pane se lo avete”Ho sete “datemi da bere se potete, perché io ve lo darei”.
I giorni passavano lentamente e Pollicino ad ogni sassolino bianco incontrato sulla via,
pensava di essere ad un passo dalla meta.
Li contava a dieci a dieci, ed ogni volta si fermava ad urinarie sopra l'ultimo sassetto contato,
lui centellinava anche i sorrisi delle stelle, che dal profondo universo gli regalavano ogni notte
una luce di rugiada gocciolante. Amava addormentarsi sotto foglie di malva o di borragine fiorite
e al mattino masticava enormi granelli di polline d'ape, regalatogli da mono farfalle
che planavano abbracciate insieme su foglie di menta.
I calabroni lo accompagnavano sempre sulla giusta via.
Cavalieri, saltimbanchi ha visto con occhi cangianti e ha udito parole assurde d'uomini,
“al cedete lo passo” No “cedete lo passo voi”.Ma quel giorno di giugno quando si svegliò,
capì che era diverso da tutti quelli che aveva vissuto. Vide una pecora dal vello scuro,
per non dire nero o per non essere troppo sincero, giocò a nascondino con l'aria che gli premeva in petto.
Contò fino a mille e il fiato gli si spezzò dietro un filo d'erba,
Brema era lì oltre il campo di papaveri rossi e il gallo beccava sulla terra umida in cerca di vermi,
il contadino affilava la falce con la pietra bagnata dentro il corno del bue
e un occhio buttava al mulo, anzi al basto scarico, che del fieno ancora non aveva caricato.
Il vicino per il villano era lontano per Pollicino e il pericolo stava sempre in agguato,
su di lui sventolava una strana proboscide bianca, quella era la coda di una vacca al pascolo.
Si arrampicò su una spiga selvatica e quando si trovò faccia a faccia con i due quadrupedi disse:
“Vacca e Mulo, quanto vi puzza il culo!!!” e le due bestie gli risposero domandandogli in coro;
“perché Pollicino, tu come la fai la cacca?”
Pollicino non si senti sorpreso e senza esitare,
rispose immediatamente a perder il minuscolo(SUO) fiato,
“a toppe la faccio e profuma come una torta di mele appena sfornata”
DAI ANDIAMO A BREMA , CANTIAMO BEVIAMO E SI CI RIESCE BALLIAMO PURE
SI DAI CHE BALLIAMO PER TUTTA LA NOTTE...
MA VERAMENTE UNA VACCA UN MULO UN GALLO DECREPITO E TU POLLICINO
POSSONO DANZARE INSIEME??? NON LO SO, FORSE E' MEGLIO SPEDIRE "UN MESSAGE IN A BOTTLE”
Ahahahahah chissà se gli arriva.
Ora che son sempre ubriaco non chiedetemi la morale,
non fatemi impegnare nel cercar la metafora,
perché nessuna delle due troverò IN QUESTA CONDIZIONE PERMANENTE.
Una sola cosa posso dirvi con certezza,
Pollicino è arrivato a casa, fidatevi se potete di me che son MULO
E LO PRENDO SEMPRE IN...
Apoz<& il buon amico Megùn
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