L’ultimo abbraccio

Sergio era un uomo d’altri tempi, non amava la volgarità né come espressioni che come modi, soprattutto se riguardava le donne e non amava alcuni addetti all’igiene che si avvicinavano a lui senza salutarlo, svolgevano il lavoro rivoltandolo nel letto come un involtino, e chiacchieravano fra loro senza degnarlo di uno sguardo. A vederlo s’intuiva la sua eleganza e i suoi modi gentili, occhi chiari illuminavano il magro viso, chiedeva sempre con un “per favore” e non dimenticava mai di ringraziare. Amava raccontare barzellette come quella della mamma che dice al suo bambino: cosa vuoi come regalo, un fratellino o una sorellina? E il bambino risponde: se non ti fa troppo male, vorrei un triciclo.
Più volte con Biby ci siamo occupati di lui, abbiamo ascoltato e raccontato svolgendo il lavoro con calma a prolungare quel momento. Abbiamo visto e vissuto con tristezza il suo lento lasciarci e quando le parole sono diventate mute a sostituirle bastava un girare lo sguardo o un accenno di occhiolino. Biby era una delle poche persone che Sergio amava, quando arrivava in camera, il suo buongiorno risuonava tra le pareti, con calma gli chiedeva se poteva lavarlo e delicatamente lo girava. Parlava con lui, si raccontava, ascoltava. Quella mattina lei non era da sola, con la collega avevano finito l’igiene non rimaneva che il letto da sistemare.
Biby fa sedere Sergio sul bordo del letto poi delicatamente lo aiuta ad alzarsi sostenendolo, lui le tocca le spalle, quasi una carezza..... e un pensiero  arriva improvviso.
Mi scusi signorina, vorrei tanto abbracciarla, sussurra  sfiorandole l'orecchio.
Lo sa Sergio che ho avuto lo stesso pensiero, risponde Biby.
Le braccia si stringono intorno a quel corpo,  lui reclina il capo sulla spalla di lei e.....dolcemente si lascia andare... 
A  Sergio Z.